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25.06.2016

 

C'è un modo per evitare la Brexit?

di Giovanni De Mizio

 

Il Regno Unito ha votato per uscire dall’Unione Europea, ma la Brexit non è ancora avvenuta e per questo qualcuno, fra Gran Bretagna e Irlanda del Nord si sta muovendo per fare in modo che il risultato del referendum sia in qualche modo ribaltato, per svariate ragioni. A temere di più un ripensamento, forse, sono i leader politici dall’altro lato della Manica: i leader europei si sono affrettati nel chiedere al Regno Unito di sbrigarsi a compiere il passo necessario per avviare la separazione e dare il via ai negoziati di divorzio, proprio perché (se vogliamo pensare male) più passa il tempo e più è possibile che i sudditi di Elisabetta II ci ripensino e impediscano di dimostrare (col sacrificio del Regno Unito) alle forze anti-europeiste del Continente che lasciare l'UE è un suicidio. Senza il Regno Unito, infatti, l'integrazione europea potrebbe procedere più speditamente (ammesso che l'UE non imploda, però)

Ricordiamo brevemente la procedura prima di esaminare la possibilità di ribaltone: il referendum sulla Brexit non è legalmente vincolante, e per questo il governo può scegliere di ignorare il risultato. In pratica, però, andare contro la volontà popolare non sembra essere una cosa molto saggia, per questo ci si aspetta che il governo invochi il famoso articolo 50 del Trattato di Lisbona per avviare effettivamente la Brexit.

David Cameron, con le sue dimissioni, ha deciso di prendere tempo: sa benissimo che in Parlamento c’è una grande maggioranza che vuole rimanere nell’Unione, ma sa anche che all’interno del Partito Conservatore sono in tanti (una minoranza, comunque) a volere l’uscita.

Annunciando le dimissioni, e quindi avviando le pratiche di successione, Cameron farà in modo che il partito ci pensi bene, prima di scegliere per la Brexit, anche in virtù di ciò che sta già avvenendo a livello politico ed economico.

A livello politico, in Scozia e in Irlanda del Nord diverse formazioni politiche hanno già annunciato di voler abbandonare il Regno Unito, mentre sembra che qualcuno del campo Leave si stia già pentendo della scelta fatta (forse senza essere troppo informati sulle conseguenze). Intanto stanno emergendo alcune delle menzogne raccontate al popolo (e in particolare a quello anziano) dai sostenitori della Brexit: Nigel Farage, il leader indipendentista, ha già detto che è stato "un errore" dire che i 350 milioni di sterline a settimana che Londra versa a Bruxelles si potranno usare per il sistema sanitario nazionale. Si tratta dell'ennesimo "ops" del leader dell'UKIP, che è solito spararla grossa e poi ammetterlo candidamente.

Quei 350 milioni, infatti, in primo luogo non sono così 350 milioni (Londra, infatti, gode di sostanziosi sconti nei versamenti alla UE), mentre in secondo luogo molto di quel denaro torna indietro sotto forma di progetti europei: il contributo netto del Regno Unito alla UE, in sostanza, è di meno di 100 milioni a settimana. È una bugia propinata soprattutto da Boris Johnson, avversario di Cameron per la successione al 10 di Downing Street, e che non ha badato a giocare sporco pur di far affondare il suo avversario: è una cosa tipica del personaggio, se si considera che quando faceva il giornalista si inventava le notizie (il link richiede la registrazione, ma di seguito c'è un esempio).

Quanto al livello economico, beh, basta vedere la reazione dei mercati finanziari: fra le altre cose quei grafici in picchiata che abbiamo visto venerdì rappresentano le perdite dei fondi pensione degli inglesi, non certo le perdite dei banchieri oscuri (che si erano preparati al peggio per tempo, tranquilli).

Quindi, posto che forse la volontà popolare si è resa conto di aver fatto un errore, c’è modo di tornare indietro? La risposta è sì, ma è una strada molto complessa e, a dirla tutta, molto improbabile.

Bisogna innanzitutto escludere un nuovo referendum con nuove regole, come stanno richiedendo oltre un milione di persone in una petizione al Parlamento: sarebbe semplicemente ridicolo, e comunque niente garantirebbe un risultato diverso.

 

L’unica strada è quella parlamentare, sì, ma non con un nuovo referendum.

Alla Camera dei Comuni la maggioranza è enorme per il remain: secondo la BBC ci sono 479 MP per l’UE contro 158 per la Brexit (più una manciata di “Undeclared”). Di conseguenza il Parlamento potrebbe semplicemente respingere il “consiglio” del referendum e tenere il Regno Unito in Europa. Ma come detto andare contro la volontà popolare rischia di essere pericolosa, e molti di quei MP ribelli potrebbero essere puniti dagli elettori (e magari dare spazio di crescita all’UKIP).

Il prossimo evento da seguire è la procedura di elezione del nuovo capo del Partito Conservatore e quindi del nuovo Primo Ministro, una procedura lunga, che farà guadagnare tempo fino a ottobre. Piaccia o meno a Bruxelles, spetta al governo del Regno Unito far partire le danze.

Entro quella data il Partito Conservatore proporrà una short list di due nomi che verranno sottoposti al voto degli iscritti al partito, e questa votazione sarà fondamentale. Se vincerà una personalità pro-Brexit (Boris Johnson, probabilmente), la procedura verrà probabilmente avviata. In caso contrario si aprirebbero diversi scenari per diverse ragioni interessanti (uno dei quali potrebbe avvenire anche nel caso in cui Johnson diventasse capo dei Tories, ma sarebbe più difficile).

Il primo, quello più triviale, è una specie di governo di unità nazionale che potrebbe più facilmente resistere alla volontà degli elettori. È uno scenario molto complicato e, per certi versi, ridicolo, perché si ignorerebbe del tutto la volontà popolare.

Lo scenario più interessante è lo scioglimento del Parlamento e un ritorno alle urne per una campagna elettorale incentrata sulla Brexit, come a dire "siete proprio sicuri-sicuri-sicuri?": sarebbe un evento drammatico, il Partito Conservatore probabilmente si spaccherebbe, ci sarebbero in vari collegi più candidati provenienti da questo partito (schierandosi ad esempio con l’UKIP), e in ogni caso molti di quei parlamentari pro-Remain in corsa in circoscrizioni pro-Leave potrebbero perdere il proprio seggio a favore di altri candidati. Sarebbe uno scenario drammatico, con toni tragici, probabilmente, ma con altrettanta probabilità lo sarà anche la Brexit. Tanto varrebbe provarle tutte pur di evitare il caos...

È possibile sciogliere anticipatamente il Parlamento? Ovviamente sì, in due modi: in un primo caso la Camera vota una mozione di sfiducia nei confronti del governo di Sua Maestà; in un secondo caso i due terzi della Camera può decidere “che debba esserci una elezione parlamentare generale anticipata”. I due terzi dei 650 membri della House of Commons sono 434, un numero inferiore ai 479 a favore del Remain. Ma, in entrambi i casi, quanti vorranno rischiare il proprio seggio dopo appena un anno a Westminster in questa legislatura? È un'ottima domanda a cui purtroppo non abbiamo risposta.

Insomma una strada per evitare la Brexit c’è, ma è molto, molto rischiosa, e potrebbe lasciarsi dietro un Regno ancor più spaccato. Chissà se ne vale la pena.

 

CORREZIONE: È stato specificato che Scozia e Irlanda del Nord sono casi un po' diversi.


Giovanni De Mizio, Economista laureato in Business Administration and Management presso la Bocconi di Milano. Editor di economia e finanza su International Business Times Italia, curo il blog Tooby l'Olandese volante

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