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Apr 07, 2016

 

Viktor Orban difende in Europa le radici cristiane e viene indicato come “il pericolo del totalitarismo”

di Luciano Lago

 

L’Ungheria di Viktor Orban continua ad essere l’obiettivo delle critiche più forti da parte dei tecnocrati di Bruxelles e degli opinionisti dei grandi media. Lo stesso Orban viene accusato di aver impresso una “svolta autoritaria” al suo sistema di governo e di aver coalizzato sulle sue posizioni anche altri paesi dell’est Europa. La politica del premier ungherese viene tacciata di “populismo” e di “nazionalismo” e viene indicata come il pericolo di un “nuovo totalitarismo in Europa“.

«Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia ricordano il vecchio Asse. Non sono uniti da valori ma dall’identificare un nemico comune: il cuore della Ue, soprattutto la Germania, contro cui sono in guerra per imporre le loro ideologie illiberali e prendere la guida dell’Europa insieme a forze a loro affini. È una sfida”, così afferma Agnes Heller, una intellettuale ungherese in un articolo dal titolo: “l’Europa dei diritti in pericolo”.

 

In realtà pochi sanno che Viktor Orban, da quando è salito al potere della nazione magiara nel 2010, ha rivendicato una sua missione di difesa dei valori morali tradizionali scritti nella identità europea. L’Ungheria ha scelto di essere il modello da seguire per altri paesi in Europa ( dalla Polonia alla Slovacchia) , a suo giudizio, minacciati nella loro cultura identitaria e storica dall’impatto nell’Unione Europea dalla neocolonizzazione nordamericana, dal secolarismo nordico e dall’immigrazione di massa sostenuta dagli agenti mondialisti.

 

A tutti questi critici Orban ha risposto con il suo modello di costituzione emanato nel 2011, che nel famoso Preambolo manifestava l’ascendenza Cristiana (multiconfessionale) nella nascita della Nazione magiara e che, come lo stesso Orban segnalava:

“Il Cristianesimo non è solo una religione; il C. è anche una cultura sulla quale abbiamo costruito tutta una civiltà. Non c’è scelta possibile, si tratta di un fatto assodato”.

Questa dichiarazione è stata opposta da Orban al non riconoscimento delle radici e della tradizione cristiane da parte della UE (nella sua stessa Costituzione) e gli stessi esponenti di Bruxelles sono anzi prodigati nel sostenere i principi dell’ideologia laicista, relativista ed nella negazione dei principi cristiani della vita (difesa della vita, della famiglia, ecc.) .

Ci sono molte similitudini ed affintà tra la posizione dell’Ungheria di Orban e quella della Russia di Vladimir Putin.

Quella del Governo di Budapest risulta una impostazione molto vicina a quanto espresso da Putin e dal suo Governo in numerose occasioni ed atti pubblici, dall’appoggio alle attività della Chiesa Ortodossa russa ed alle eccellenti relazioni con il Patriarca di Mosca (così come con il resto delle confessioni tradizionali, dal buddismo all’Islam russo), fino all’approvazione di leggi di difesa della religione davanti alle offese pubbliche e dei testi sacri (dalla Bibbia al Corano) contro le diffamazioni o le accuse di estremismo. In un suo discorso pubblico, lo stesso Putin affermava nel 2007:

“Per prima cosa e davanti a tutto dobbiamo ispirarci al senso comune, Tuttavia il senso comune deve essere basato sui principi morali in primo luogo. Già non è possibile oggi giorno tenere separata la morale dai valori religiosi”.

In questo si può rivelare una profonda affinità fra le posizioni espresse da Orban con quelle manifestate da Vladimir Putin.

Se si analizza a fondo, questa affinità fra il governo ungherese e quello russo vediamo che questa si manifesta anche sulle posizioni relative alla protezione della famiglia tradizionale e della morale.

 

La sopracitata costituzione ungherese, così come anche la legge promulgata successivamente sulla famiglia, è una legge diretta a proteggere la concezione naturale del matrimonio (fra uomo e donna) e la famiglia, con la necessità di una parallela politica di sviluppo demografico, si enuncia in questa norma che ” ……la famiglia naturale viene vista come base per la sopravvivenza della Nazione . I legami familiari si basano nel matrimonio e nella relazione tra genitori e figli. L’Ungheria faciliterà l’impegno di generare figli”.

Una concezione questa legata alla necessità oggettiva di un rinascimento demografico di una Europa invecchiata, senza bambini, sostenuta soltanto momentaneamente dall’immigrazione esterna. Il futuro sociale dell’Europa, secondo Orban, si deve basare nell’identificarsi con “il senso cristiano della famiglia” come sta facendo l’Ungheria ed altri paesi, rispettando altre forme di convivenza ma affermando “che nell’Europa cristiana la famiglia è costituita dall’unione di un uomo e di una donna”.

 

Orban ha affermato in un suo discorso: “La grande maggioranza delle persone in Europa rispetta la famiglia e si nega a riconoscere – come io stessso faccio -, la relativizzazione e l’estensione del concetto di famiglia, a cui, in questo modo, si toglie significato ed incluso si ridicolizza. Questo è il motivo per cui abbiamo approvato in Ungheria una legge speciale per la protezione della famiglia”.

 

Si può immaginare come questa visione sia nettamente agli antipodi rispetto alla nuova ideologia gender e della LGBT predicata oggi dalle centrali ideologiche di Buxelles, unitamente alle disposizione per il riconoscimento delle coppie gay, dell’utero in affitto, delle adozioni per i gay e della parificazione di queste forme di convivenza alla famiglia tradizionale.

 

Vedi: L’ideologia LGBT vuole diventare dittatura 

Vedi: L’ideologia del Gender arriverà nelle classi italiane

 

L’altra questione che ha opposto nettamente Orbam ed il Governo di Budapest alle direttive di Bruxelles e dei teconocrati della UE è stata quella relativa alla crisi migratoria determinata dalle aperture a comando delle cancelliera tedesca Angela Merkel.

Orban ha segnalato a questo proposito che “l’immigrazione di massa non è la soluzione al problema demografico in Europa”, ma al contrario “si deve puntare su un sistema sociale basato sulla famiglia naturale e sulla sua tutela giuridica”. La Storia ha dimostrato che le civiltà che non sono in grado biologicamente di perpetuarsi sono destinate a scomparire e scompariranno”. la nostra civiltà in Europa non è in grado di farlo. L’immigrazione di massa, che molti propongono come rimedio è destinata a provocare tensioni che portano a maggiori conflitti e sconvolgimenti politici, dovuti alle differenze culturali, religiose e di stili di vita”.

 

Questa posizione di Orban risulta essere una netta sconfessione del feticcio del multiculturalismo agitato come prospettiva futura da tutta la sinistra mondialista in blocco e dai suoi promotori e sotenitori nella UE.

Già a fine 2015, nel pieno della crisi migratoria, Orban di dimostrava irremovibile nella sua decisione di chiudere le frontiere ungheresi e di erigere un muro per proteggere il paese dall’ondata di migranti e rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia e sospinti dalla Turchia di Erdogan verso l’Europa.

 

Questa posizione di Orban non è rimasta isolata ma al contrario ha trovato le adesioni dei Governi della Slovacchia, della Repubblica Ceka e della Polonia tanto da costituire, con questi ultimi paesi, un blocco omogeneo (Visegrad Group) che contesta le politiche migratorie di Bruxelles ed a cui si è aggiunta, da ultimo, anche l’Austria. Un sonoro schiaffo alle velleità migrazioniste e multiculturali degli organismi mondialisti dell’Unione Europea, dell’ONU, del Vaticano, del FMI e degli altri organismi sovranazionali. Vedi: Il multiculturalismo, il nuovo feticcio della sinistra mondialista

 

La Sovranità economica

Come se non bastasse, Orban ha sfidato l’oligachia finanziaria europea con il prendere provvedimenti di accentramento economico statale, impostati nella ricostruzione di uno stato forte che garantisca l’indipendenza economica nazionale ed il benessere dei prori cittadini.

Davanti alle gravi conseguenze provocate in Europa dalle politiche di austerità germanocentreiche e dalla imposizione delle ricette neoliberiste di liberalizzazione e mercati aperti dettate dalla Troika, Orban ha preteso di ricostituire una sovranità economica dello Stato ungherese, mettendosi di traverso contro tutte le richieste di cessione di sovranità che gli venivano dagli organismi finanziari.

 

Orban ha fatto di più: ha fatto chiudere gli uffici del FMI a Budapest e si è affrancato dal debito, dopo aver saldato i conti, facendo inserire in costituzione una clausola che stabilisce un limite all’indebitamento pubblico e riducendo sistematicamente il debito nazionale. Nelle sue dichiarazioni Orban ha enunciato chiaramente la necessità di affrancarsi dal sistema del debito e dal sistema dell’usura finanziaria dominante, con la priorità di creare un regime di piena occupazione che garantisca lo sviluppo economico del paese e ne difenda la sovranità economica.

 

I fatti hanno dato ragione alla politica di Orban, almeno fino ad ora ed i dati economici dell’Ungheria sono lì a dimostrarlo.

Vedi: Il paese europeo che cresce più di tutti: l’impresentabile UIngheria di Orban

Questo non toglie che Viktor Orban sia divenuto in breve tempo la “bestia nera” dei mondialisti e dei sostenitori del radicalismo relativista. Non per caso gli sono state lanciate accuse di totalitarismo, non per coincidenza viene accostato a Putin, indicato come un “reale pericolo di nuovo fascismo in Europa”, con campagne di diffamazione orchestrate dai grandi media per mettere in cattiva luce il premier ungherese davanti ai suoi cittadini.

Le autorità di Bruxelles avevano iniziato a stendere un “cordone sanitario” attorno all’Ungheria per evitare di far propagare il contagio. Notevole il contributo fornito dalle varie ONG presenti nel paese che hanno impostato una campagna di sobillazione interna con l’abituale pretesto della difesa dei “diritti umani”.

 

Il tentativo fino ad ora è però fallito e le idee di Orban stanno velocemente prendendo piede anche in altri paesi europei, fra l’altro nella stessa Germania, con un grave smacco subito dagli oligarchi della tecnocrazia europea che iniziano ad avere seri problemi di impopolarità in tutta Europa e verso i quali crescono i segnali di insofferenza.

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