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6 maggio 2016

 

L’appello del Papa all’Europa suona come una sentenza di morte

di Adriano Scianca

 

Qualche settimana fa ci domandavamo se Papa Francesco non fosse il peggior nemico degli Europei. Più passano i giorni e più quell’interrogativo suona retorico e ridondante. Un’ulteriore prova di ciò è fornita dal discorso tenuto da Bergoglio in occasione del conferimento al Pontefice del Premio Internazionale Carlo Magno 2016 “in tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori”.

Cosa un Papa argentino, massima espressione di una religione globale, abbia a che fare con i valori specificatamente europei sarebbe un mistero anche se su Francesco si avesse un giudizio meno severo. A meno che con l’espressione “società europea di valori” non si intenda qualcosa che europeo lo è solo per accidente, quasi che “Europa” fosse il nome di un vago insieme di istanze morali universali. Un’idea confermata dal discorso del Papa. Senza la minima ironia, Francesco ha parlato di una “Europa nonna” di una “Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice”. Sarebbe difficile non convenire. Solo che, proseguendo, capiamo il senso di tutto il discorso: Francesco denuncia “un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va ‘trincerando’ invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società”, quindi “un’Europa che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi”. Assicurare, dominare, proteggere gli spazi: ecco l’azione blasfema per antonomasia agli occhi di Francesco. Dal che si capisce che quest’Europa, come dicevamo sopra, non ha una sua dimensione spaziale – in tal caso sarebbe giocoforza necessario difenderla – ma è appunto un insieme di generici valori morali.

 

“Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?”, tuona il Papa, sfidando il senso del ridicolo. Perché l’Europa “paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia” (lasciamo da parte la libertà e l’umanismo, che sono categorie più complesse) sta davvero in ottima salute. È l’unica Europa che sta bene. È l’Europa come comunità di destino, l’Europa che ha un contenuto, una forma, una storia, un’origine, un’identità che è moribonda. Del resto i “diritti dell’uomo” sono per definizione universali, come potrebbero costituire qualcosa di specificatamente europeo? E, di striscio, sarebbe anche il caso di far notare che l’Europa “dei diritti dell’uomo” è anche quella che si rifiutò di mettere in costituzione il riferimento alle “radici giudaico-cristiane” dell’Unione, cosa a cui chi scrive non tiene affatto, ma che nel capo della cristianità dovrebbe forse destare qualche preoccupazione.

Francesco rimpiange “l’Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati”, ma non si rende conto che arte e pensiero sono fioriti solo in culture radicate. Quando in Europa esistevano popoli vitali e consci di se stessi nascevano anche grandi personalità dello spirito, mentre è esattamente la moralina propagandata dal Papa a soffocare ogni istanza creativa. Per non parlare del fatto che pressoché tutta l’arte, la poesia, la filosofia, la musica, la letteratura europea, salvo rare eccezioni, esprime contenuti in totale disaccordo con la retorica tardo-illuminista del Pontefice. Ma vaglielo a spiegare a Bergoglio, convinto com’è che “le radici dei nostri popoli, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro. L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”. Come se il “dinamismo” di un’identità dovesse giungere fino al suicidio, come se la multiculturalità in un contesto di prossimità etnica fosse lo stesso che la Babele senza centro di oggi. Bergoglio sogna “un’Europa, in cui essere migrante non è delitto”. Ma lui è l’artefice di un’Europa in cui presto sarà delitto essere un europeo.

 

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