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04.07.2016

 

Milos Zeman apre i giochi europei del dopo Brexit

di Giulietto Chiesa

 

Il Brexit sta provocando sconquassi dovunque. In primo luogo in Europama, si presume, gli effetti si faranno sentire anche sulla stessa fisionomia della Gran Bretagna.

 

Il primo leader europeo — già fortemente critico verso l'attuale Unione — a prendere la "palla al balzo", in pieno torneo europeo di calcio,  è stato il presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman. E il suo calcio di punizione è stato potentissimo. Ancora non sappiamo se sarà un goal, ma certamente non sarà agevole pararlo.

Zeman, infatti, ha detto che, anche lui, ritiene necessario, ora, dopo il voto britannico, un referendum popolare che lasci esprimere i suoi concittadini sulla permanenza all'interno dell'Unione Europea, o meno. Il clamore (e la preoccupazione di diverse cancellerie europee) è stato moltiplicato dalla seconda proposta: che si faccia il referendum anche sulla questione della appartenenza alla Nato.

 

I due quesiti aprirebbero non uno ma due squarci nel muro delle idee correnti sull'Europa. Zeman ne è ben consapevole e si è affrettato a precisare che lui, personalmente, è per rimanere in Europa (significativo silenzio per quanto riguarda la Nato), ma che farà "ogni cosa per dare ai suoi concittadini la possibilità di potere esprimersi" su entrambe le questioni. 

 

Milos Zeman sa quel che dice. Un recente sondaggio dell'Istituto CVVM ha rivelato che solo il 25% dei cittadini della Repubblica Ceca sono soddisfatti dello stato delle cose (un anno fa lo erano il 32%). Solo che, per realizzare la proposta del Presidente in carica, bisognerebbe modificare la Costituzione del paese. E, per farlo, occorrerebbe il voto favorevole di almeno il 60% dei voti del Parlamento.  Una maggioranza che, se si formasse, equivarrebbe alla caduta dell'attuale governo di Bohuslav Sobotka. Il quale si è subito affrettato a dichiarare che non ha alcuna intenzione di indire un tale referendum. Non senza aggiungere che, anche lui, pensa che sia necessario inviare a Bruxelles "un chiaro segnale", prima dell'autunno,  della necessità di "cambiamenti positivi".

 

In ogni caso la mossa di Zeman esprime un sentimento che va ben oltre il palazzo presidenziale di Praga, e sicuramente oltre i confini della Repubblica Ceca. La critica a Bruxelles, sia per la gestione della tragedia dei profughi, sia per le sanzioni contro la Russia, sia per la politica monetaria, sia per i nuovi missili installati dagli Stati Uniti in Polonia e Romania, è largamente diffusa nei paesi dell'est Europa. Ciascuno per conto proprio e con diverse agende,  ma tutti guardano a Bruxelles con crescente insofferenza. Zeman in particolare è preoccupato per il completo oblio dei temi della sicurezza comune europea e non ha nascosto, a più riprese, il suo desiderio di riaprire la questione del dialogo positivo con la Russia.

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