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19 gennaio 2016

 

Rapporto Oxfam: continuano a crescere le diseguaglianze sociali

 

In questo mondo piagato dalle crisi generate dal capitalismo selvaggio e senza regole, le diseguaglianze continuano ad esplodere facendo più ricchi i ricchi e sprofondando i disagiati nella miseria.

A ricordarcelo è un rapporto di Oxfam, non a caso pubblicato alla vigilia del World Economic Forum di Davos, che ci dimostra come nel 2015 il patrimonio accumulato dall’1% dei più ricchi ha superato quello del 99% del resto della popolazione mondiale. Ma ciò che è più scandaloso è che i 62 più ricchi del pianeta possiedono una ricchezza equivalente alla metà più svantaggiata degli abitanti del globo: 3,6 miliardi di persone!

E che la concentrazione della ricchezza in sempre meno mani sia un fenomeno in continua accelerazione, lo dimostra il fatto che 6 anni fa la stessa percentuale era distribuita fra 388 super ricchi. Non solo: dal 2010, la parte più povera del pianeta ha visto ridurre la propria fetta di ricchezza di 1000 miliardi di $, il 41% di ciò che aveva, a fronte di un incremento di 500 miliardi da parte dei 62 più ricchi al mondo.

È il frutto indegno del liberismo più sfrenato, il modello di sviluppo causa di infiniti disastri e delle crisi in cui ancora il mondo si dibatte, ma ancora e sempre osannato dai santoni dell’economia.

L’Italia in tutto questo non è da meno; a far giustizia sulle scempiaggini sulla fine della crisi basta ricordare questi dati: l’1% della popolazione possiede 39 volte la ricchezza del 20% più povero. Ed anche da noi è un fenomeno in continua ed indecente crescita, se si considera che oltre la metà dell’incremento della ricchezza avvenuto fra il 2000 ed il 2015 è andato a beneficio del 10% della popolazione, al resto le briciole.

Ricordiamolo quando sentiamo i proclami trionfali quanto bugiardi sulla crescita del Pil: in questo sistema economico, se la ricchezza cresce, cresce per pochi, ed anche se rimane ferma o diminuisce continua a travasarsi nelle tasche dei più ricchi, impoverendo la massa della società, deprimendo i consumi e tagliando le gambe a qualsiasi possibile ripresa vera.

È la parabola di Trilussa aggiornata: adesso non c’è chi mangia un pollo e chi digiuna, ma chi di polli ne ha cento e li butta via e chi è condannato alla fame perenne.

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