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Luglio 25, 2016

 

Da Charlie a Nizza: un anno di bugie

di Matteo Carnieletto e Andrea Indini

 

La strage di Nizza del 14 luglio scorso e tutto quello che ne è conseguito – polemiche tra governo e comune innanzitutto – ha riacceso i riflettori sugli errori compiuti da Mannuel Valls e dal suo entourage nella gestione dell’emergenza terrorismo dal massacro di  Charlie Hebdo ad oggi.

 

Il 18 giugno 2015, infatti, è calato il segreto di Stato sulla strage al settimanale satirico. Molti giudici hanno protestato apertamente chiedendo la possibilità di investigare sul passato dei fratelli Kouachi e, soprattutto, su quello di Amedy Coulibaly. Non possono più. Tutto è stato coperto dal segreto di Stato.

 

Ad agosto 2015,la Voix du Nord, quotidiano di Calais, scopre che Coulibaly, l’attentatore dell’Hyper Cacher, sarebbe riuscito ad ottenere le armi per compiere la strage al supermercato ebraico grazie a Claude Hermant, 52 anni, un passato da paracadutista e da mercenario in Africa. Hermant è stato anche un attivista del Front National. Ma non solo: dal 2013 è l’uomo che si occupa, per i servizi segreti francesi, di investigare sul traffico d’armi che entrano ed escono dalla Francia. Un infiltrato, insomma. Che però, non si sa se per interessi personali oppure per coprire chi lo dirige, fa un gioco che non è chiaro. Interrogato, Hermant dice di non voler fare la fine di Marc Fievet. Una allusione fin troppo chiara – scrive la Voix du Nord – “all’ex ispettore doganale francese arrestato dalle autorità canadesi e abbandonato dai suoi superiori”. Se questa pista dovesse rivelarsi vera, dovremmo supporre che, seppur indirettamente, il governo francese ha armato le mani di chi poi ha colpito Parigi. Ma sul traffico di armi che ha permesso la carneficina al settimanale satirico non si potrà più investigare. Segreto di Stato.

Nel luglio del 2016 si è registrato – quasi in concomitanza con la strage di Nizza – l’ennesimo scivolone del governo Valls. La polizia avrebbe taciuto – non si sa ancora su ordine di chi – sui crimini degli attentatori al teatro Bataclan (13 novembre 2015). La notizia viene data dal Daily Mail del 16 luglio 2016, quindi otto mesi dopo la strage in cui è morta la nostra connazionale Valeria Solesin. Il quotidiano inglese pubblica parte del rapporto della Commission Fenech-Pietrasanta, ovvero l’organo parlamentare competente in materia di terrorismo islamico e prevenzione di nuovi attacchi.

Sono pagine durissime in cui si parla apertamente di “torture abominevoli” compiute dai terroristi. Non solo: vengono anche mostrati gli errori compiuti dall’intelligence francese, completamente impreparata davanti ad un attacco simile.

Come riporta il Daily Mail, un poliziotto della brigade anti-criminalité (Bac), intervenuto sul luogo del massacro, ha raccontato: “Dopo la strage ero al passage Saint-Pierre-Amelot (nei pressi del teatro NdA) con i colleghi quando ho visto uno di loro piangere e vomitare, mi ha raccontato quello che aveva visto al secondo piano del Bataclan”.

E cosa aveva visto quel poliziotto? I segni di tortura avvenuti al secondo piano del teatro, dove i terroristi avrebbero decapitato e sventrato a proprio piacimento i malcapitati. Il padre di una delle vittime, chiamato a riconoscere il cadavere del figlio, ha affermato di aver fatto fatica a riconoscerlo perché “gli hanno perforato l’occhio destro e rimosso mezzo volto”. Di tutto questo non si è parlato per otto mesi. Tutto insabbiato, ancora una volta.

 

Ma è dopo la strage di Nizza del 14 luglio del 2016 che il governo francese inanella una serie di errori. Gravissimi non solo per i francesi, ma anche per tutta l’Europa. Il 20 luglio del 2016, Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. pubblica un’inchiesta accurata che dimostra le bugie sulla sicurezza raccontate dal governo in merito alla strage di Nizza.

Secondo il quotidiano francese, la sera del 14 luglio non ci sarebbero stati agenti di polizia a guardia degli ingressi della zona resa pedonale per la celebrazione della Presa della Bastiglia, ma solo pochi vigili urbani. Per l’attentatore sarebbe stato quindi un gioco da ragazzi aggirare le (poche) forze dell’ordine, salendo con il camion sul marciapiede ed aggirandole senza incontrare resistenza. Le prove raccolte dal giornale, testimonianze e fotografie, contraddicono quanto avevano affermato il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ed il primo ministro Manuel Valls, secondo i quali gli agenti della Polizia nazionale erano presenti in forze e bloccavano gli accessi alla Promenade con le loro vetture di servizio.

Persino i verbali delle tre riunioni tenute alla Prefettura in vista delle celebrazioni per la Festa nazionale francese, pubblicati da Libèration, dimostrano che non era nemmeno previsto che gli agenti di polizia presidiassero gli ingressi della zona pedonalizzata. Nonostante ciò, secondo il giornale, è difficile dire se un dispositivo di sicurezza rafforzato avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Ma tant’è. Il governo francese avrebbe mentito ancora una volta. Potrebbe cadere tutto nel dimenticatoio dopo l’inchiesta di Libèration, ma Le Figaro, il 21 luglio, dà una notizia preoccupante: la magistratura francese ha deciso che il comune di Nizza dovrà cancellare tutti i fotogrammi registrati dalle telecamere di video sorveglianza. Come mai? Per evitare di diffondere immagini che possano ledere la dignità delle vittime. Bene. Ma il problema è che quei fotogrammi sono anche prove. Perché distruggerle dato che questa faccenda ha contorni parecchio fumosi? Non dovrebbero – gli inquirenti – sedersi davanti a un pc per studiarle a fondo per capire perché i sistemi di sicurezza non hanno funzionato? Invece no. Arriva l’ordine: “Distruggete tutto”.

Il 24 luglio arriva un altro punto di svolta per quanto riguarda questa assurda – quanto tragica – strage. In un’intervista al Journal du dimanche, la responsabile del centro di supervisione urbana (Csu) di Nizza, Sandra Bertin, accusa Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno francese, di averle fatto pressioni perché indicasse in un rapporto sull’attentato del 14 luglio la presenza della polizia nazionale, nonostante non l’avesse rilevata nei video di sorveglianza. “Ho subito insistenze per un’ora, mi è stato ordinato di indicare le posizioni specifiche della polizia nazionale, che io negli schermi non ho visto”, ha detto la Bertin, alla quale, il giorno dopo la strage, è stato richiesto “un rapporto in cui segnalare i punti di presenza della polizia municipale, le barriere, e di precisare bene che si vedeva anche la polizia nazionale in due punti”.

Il problema è che tutti queste forze di sicurezza non c’erano, come ha affermato la responsabile: “Ho risposto che non avrei scritto ciò che non avevo visto. È possibile che la polizia nazionale fosse là, ma non compariva nei video. Allora questa persona mi ha chiesto di mandare per email una versione modificabile del rapporto, per ‘non dover riscrivere tutto”. Sfiancata dall’insistenza del governo, la Bertin afferma di aver “alla fine inviato via email una versione Pdf non modificabile e un’altra modificabile”.

 

Poche ore dopo l’intervista della Bertin è arrivata – sotto forma di querela – la risposta del diretto interessato, il ministro Cazeneuve.

 

Per approfondire:

La verità non detta su Nizza

 

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