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Giovedì 28 Luglio 2016

 

Rouen, il caso del secondo killer schedato. I servizi avvertirono: «Sta per colpire»

di Francesca Pierantozzi

 

PARIGI La polizia francese conosceva il secondo terrorista di Rouen. Conosceva il suo volto e sapeva da cinque giorni che stava per compiere un attentato sul territorio nazionale, «da solo o con altri». Venerdì scorso l'antiterrorismo aveva ricevuto dai servizi d'informazione di un paese straniero la foto di questo ragazzo di nemmeno vent'anni con una nota: «È in Francia, sta per commettere un attentato». Nient'altro: né un nome, né un'impronta digitale. Niente. Nemmeno il luogo possibile dell'attacco, una data, un modus operandi. Lo hanno cercato per cinque giorni, ovunque: perquisizioni, foto segnaletiche diffuse in tutta la Francia. Alla fine quel volto la polizia lo ha trovato l'altro ieri: troppo tardi.

 

LA CARTA D'IDENTITÀ

Abdelmalik Petitjean era già morto e aveva già colpito, dentro la chiesa di Saint Etienne du Rouvray, con il suo complice, Adel Kermiche. È a casa di Kermiche, dove si sono recati immediatamente dopo la fine dell'attacco, che gli agenti hanno ritrovato il ricercato numero uno in Francia da cinque giorni: il suo volto era su una carta d'identità a nome di Abdelmalik Petitjean. Non è servito che fosse schedato, come Kermiche. Non è servito nemmeno che sapessero che era pronto a uccidere. Ieri sera l'identificazione ufficiale era ancora in corso.

 

Si aspettavano i risultati dell'analisi del Dna dopo le perquisizioni in casa della madre, a Aix les Bains, in Savoia. «Non può essere lui, non è stato lui, mio figlio è dolce, gentile, non è un mostro. È andato a trovare un cugino in Lorena» ha detto la donna ai cronisti, ammettendo di non avere avuto più sue notizie da martedì mattina, quando gli ha inviato un ultimo sms. Abdelmalik non aveva condanne, eppure era stato schedato S anche lui, ovvero era considerato un pericolo per la sûreté de l'Etat, la sicurezza di stato, in quanto radicalizzato o vicino ad ambienti radicali.

 

Secondo fonti non confermate, Abdelmalik era ospite di Adel Kermiche da qualche giorno e in passato aveva probabilmente tentato di raggiungere la Siria. I due avevano avuto il tempo di registrare un video diffuso ieri da Amaq, l'organo di comunicazione dell'Isis: parlano in arabo e giurano fedeltà al califfo al-Baghdadi. Kermiche compare con una mimetica, alla sua destra, quello che sembra essere Abdelmalik, tiene in mano una fotocopia della bandiera nera dell'Isis.

 

UN BAMBINO IPERATTIVO

Nuovi particolari sono emersi ieri anche su Adel Kermiche. Secondo le Monde, aveva mostrato problemi di comportamento fin dalla scuola elementare. Ultimo di cinque figli in una famiglia musulmana franco-algerina non praticante, era stato seguito fino a 13 anni in un centro psicologico. Era considerato un bambino iperattivo, con comportamenbti violenti ma con risultati scolastici superiori alla media. Aveva lasciato la scuola a 16 anni.

 

La radicalizzazione è stata folgorante, dopo la strage a Charlie Hebdo, probabilmente sotto l'influenza di Adel Bouaoun, di qualche anno più grande, anche lui di Saint Etienne du Rouvray, oggi in Siria. È il fratello sedicenne di quest'ultimo che è stato messo in stato di fermo dopo l'attacco alla chiesa, anche se secondo il ministro Cazeneuve non sarebbe legato all'attacco di martedì. Ai magistrati che l'hanno interrogato dopo i due tentativi falliti di raggiungere la Siria, Adel ha raccontato che voleva cambiare vita. In particolare, dopo i dieci mesi di carcere tra il maggio 2015 e il marzo di quest'anno, aveva giurato di «voler riprendere la sua vita, vedere gli amici, avere una ragazza».

 

Tutto falso, secondo l'ex giudice antiterrorista Marc Trevidic, che l'aveva messo in carcere: «Avevo capito che avevo davanti un ragazzo che era deciso a partire per la Siria». Anche la procura aveva cercato di opporsi al suo rilascio in libertà vigilata col braccialetto elettronico. «Esiste un rischio importante che ci riprovi se rimesso in realtà» aveva detto il procuratore alla giudice che aveva disposto il suo rilascio. Abdel in realtà non ha più riprovato a partire per la Siria, ma è passato direttamente in azione, nella chiesa vicino a casa sua. «Purtroppo anche tenerlo in carcere non sarebbe necessariamente servito ha detto ieri Trevidic Larossi Abballa (il terrorista che il 13 giugno ha ucciso una coppia di poliziotti) aveva scontato tutta la sua pena in carcere, poi, appena uscito, ha colpito».

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