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28 luglio 2016

 

L'imam di Saint-Etienne: "Così i nuovi barbari vogliono dividerci"

di Anais Ginori

 

Mohammed Karabilia, guida spirituale della moschea, ricorda "l'amico Jacques" che "predicava la fratellanza". "I terroristi non sono musulmani e non devono essere confusi con noi"

 

"Padre Jacques era un sant'uomo". Mohammed Karabila conosceva bene il prete ucciso martedì nella chiesa di Saint-Etienne. "Lo consideravo un amico, e lo ammiravo perché era una persona che ha scelto di dedicare la sua vita alla fraternità religiosa", dice l'imam di Saint-Etienne-du-Rouvray. Karabila, di origine marocchina, è anche presidente del consiglio regionale per il culto musulmano. La moschea Yahya è stata costruita all'inizio degli anni Duemila grazie alla donazione di terreni della diocesi. Affianca l'altra chiesa della città. "Guardi - dice l'imam indicando Sainte-Thérèse - ci separa solo un muro di venti centimetri e c'è comunque una porta di cui ho la chiave. Prima che fosse inaugurata la moschea, ci ospitavano per le nostre preghiere nella loro sala parrocchiale".

 

Quale ricordo ha di padre Jacques?

"Lo conoscevo, come tanti nella nostra città. Era tornato a vivere qui dieci anni fa, quando era andato in pensione. Era un uomo gentile, semplice, molto umano, apprezzato anche nella nostra comunità perché si rendeva sempre disponibile all'ascolto e alla solidarietà nei confronti di tutti, anche di musulmani ed ebrei. A mio avviso, è proprio quello dovrebbe insegnarci la religione".

 

Vi eravate incontrati di recente?

"Partecipavamo entrambi al comitato per il dialogo religioso creato dopo l'attentato a Charlie Hebdo. Negli ultimi diciotto mesi c'erano degli incontri regolari con i diversi rappresentanti della città, e lui spesso veniva. È da tempo che nel nostro comune discutiamo di come evitare che venga strumentalizzata la religione e di come rispondere a chi fomenta l'odio. Certo non avremmo mai potuto immaginare un attacco a una chiesa, proprio qui. Ma questi fanatici possono anche uccidere un imam, assaltare una moschea. Non sanno quali sono i valori della fede".

 

Quale è stata la sua prima reazione dopo l'attacco di martedì?

"Le nostre parole sono state di immediata e totale condanna. Lo abbiamo sempre fatto, dopo ogni attentato. In questo caso l'attacco a un prete che sta dicendo messa, ucciso davanti all'altare, è purtroppo un simbolo ancora più forte. È un gesto barbaro. La nostra comunità musulmana non ha nulla a che spartire con queste persone".

 

L'esponente di centro, François Bayrou, ha definito la vostra moschea "salafista".

"Mi fa vomitare. Chi gli ha dato le informazioni? Dovrebbe almeno citare le sue fonti. Noi qui passiamo le giornate a fare sermoni per favorire la convivenza pacifica. Non abbiamo mai avuto sospetti, perquisizioni. Non permetteremo a nessuno di infangarci. Se ci fossero persone radicalizzate sarei il primo a segnalarle alle autorità. Siamo un argine contro il fanatismo. E tra l'altro la moschea è anche videosorvegliata, sono a disposizione i nastri. Qui abbiamo sempre combattuto la violenza. Abbiamo anche fatto la preghiera per uno dei militari, vittima di Mohammed Merah (attentatore islamico nel 2012, ndr), che era di questa regione".

 

Teme che aumenti la diffidenza, l'ostilità nei confronti della vostra comunità?

"L'obiettivo dei terroristi è dividerci. Metterci gli uni contro gli altri. Se vogliamo vincere contro il terrorismo, dobbiamo rispondere con più solidarietà, più fraternità. Spero che la Francia resterà unita. I francesi sono un popolo con una grande storia e devono dimostrare di saper superare questa prova difficile. Ma non temo la guerra di religione. Non ci credo".

 

Conosceva Adel Kermiche, uno dei terroristi?

"Non l'ho mai visto nella nostra moschea. Mai. Forse suo padre è venuto qualche volta. Ma non mi stupisce che il ragazzo non sia mai venuto. I terroristi non sono musulmani, e non devono essere confusi con noi".

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