Originale: The Nation

http://znetitaly.altervista.org/

19 aprile 2016

 

Una guida per l’elettore alle politiche di Hillary Clinton in America Latina

di Greg Grandin

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Si è discusso troppo poco di America Latina durante le primarie Democratiche, compreso  un dibattito di ieri sera che non ha accennato all’argomento. Un candidato, Bernie Sanders, non ha un grosso curriculum  da esaminare, sebbene il suo ampio rifiuto del neoliberalismo e dell’interventismo sia un buon presagio  per voltare  pagina sulla politica degli Stati Uniti nella regione. L’altra, Hillary Clinton, ha accumulato una storia approfondita, sia prima durante la  il suo incarico di Segretario di Stato, che vale la pena esaminare a fondo. Quindi per aiutare i newyorchesi a decidere quando  andranno  a votare martedì, ecco una breve guida:

 

Honduras:

Oramai il coinvolgimento della Clinton nel contribuire a istituzionalizzare il colpo di stato del 2009 contro un presidente (Manuel Zelaya) che voleva riformare la costituzione e che aveva l’appoggio delle persone più coraggiose e più valorose del paese – esperti di riforme fondiarie, attivisti gay, sindacalisti, femministe, ambientalisti, e così via – è ben noto. “I diritti delle donne sono diritti umani,” è  noto che dichiarò la Clinton. In Honduras, però, ha operato per legittimare il rovesciamento di un governo che stava cercando di rendere accessibile la pillola del giorno dopo, e di far avanzare i diritti  della comunità LGBT. Così facendo, ha aiutato a installare un regime che aveva ucciso donne e uomini  a velocità impressionante. Gli squadroni della morte sono ritornati nel paese.

Proprio la settimana scorsa, in un’intervista al quotidiano New York Daily News, la Clinton ha aggiornato,  ancora una volta, la sua storia riguardo alle sue azioni in Honduras (dopo aver tagliato i paragrafi più incriminanti dal suo libro Hard Choices

(Scelte difficili). Poi ha detto: “Dobbiamo fare di più di un Piano Colombiano per l’America Centrale.”

 

Colombia:

L’idea che Hillary Clinton voglia fare all’America Centrale quello che suo marito ha fatto alla Colombia, è preoccupante.

Ecco che cosa ha fatto il Piano Colombia a quella nazione: nel 2000, proprio prima di lasciare la Casa Bianca, Bill Clinton, aumentò gli aiuti militari. Il Piano Colombia, come veniva chiamato questo programma di assistenza, forniva milioni di dollari  quello che era il governo più repressivo dell’emisfero. L’effetto fu di  accelerare la paramilitarizzazione della società: il governo e gli squadroni della morte alleati con i militari penetravano nei servizi segreti, nella magistratura, nel governo municipale, nell’assemblea legislativa e nel ramo esecutivo. Il denaro di Washington sovvenzionava efficacemente l’enorme “accaparramento della terra” fatto a opera dei narcotrafficanti. Secondo le cifre del governo degli Stati Uniti, “nelle zone rurali, meno dell’1% della popolazione possiede più della metà delle migliori terre della Colombia.” “Torture, massacri, ‘sparizioni’ e uccisioni di non-combattenti” divennero una routine, e le vittime principali erano gli afro-colombiani. Il World Factbook  della CIA  (una pubblicazione annuale che raccoglie dati e statistiche), dice

che la sconcertante cifra di 6,3 milioni di colombiani sono stati spostati all’interno dello stesso paese (si chiamano IDP –Internally Displaced People) fin dal 1985 e ogni anno dal 2000, circa 300.000 nuovi IDP si sono aggiunti”, cioè nell’anno che Clinton ha reso esecutivo il Plan Colombia. Il totale  è di 2,4 milioni di persone durante gli 8 anni di presidenza di Clinton.

Dopo il Piano Colombia, arrivò il Trattato colombiano di libero commercio. Hillary Clinton si oppose a questo quando concorreva  contro Barack Obama nel 2008, ma poi, come segretario di stato, lo sostenne. Tuttavia, anche se lei faceva la campagna contro il Trattato, Bill Clinton veniva pagato 800.000 dollari dalla Gold Service International di base in Colombia, per fare quattro discorsi in America Latina, nei quali propugnava l’accordo. Anche Mark Penn, il principale consigliere di Hillary nella campagna elettorale del 2008,  si incontrava con funzionari colombiani per dir loro di non preoccuparsi perché se la Clinton dovesse diventare presidente, invertirebbe la sua opposizione. Quando le fecero delle domande su questi “conflitti”   la Clinton si mise a ridere. “Oh, mamma mia,” disse, prima di chiedere al giornalista: “Quanti angeli danzano sulla capocchia di uno spillo?” E quindi le preoccupazioni per la corruzione sono  bizzarre  come la scolastica  cattolica nel Medio Evo. Se quegli angeli fossero i sindacalisti colombiani giustiziati tra l’anno in cui il trattato commerciale divenne effettivo,  e l’inizio del 2015, la risposta sarebbe: 105, oltre a molte altre centinaia di afro-colombiani, di contadini e di attivisti ambientalisti.

Nel dibattito a Brooklyn, Bernie Sanders non diede una risposta specifica quando gli chiesero di fare un esempio di quando la Clinton aveva cambiato linea politica come conseguenza di contributi finanziari. Vediamo allora che cosa hanno scritto David Sirota, Andrew Perez e  Matthew Cunningham Cook a proposito degli interessi per il combustibili fossili che sono dietro il libero commercio della Clinton e il trattato colombiano:

Nello stesso tempo in cui il Dipartimento di Stato della Clinton lodava la situazione dei diritti umani [anche se aveva prove del contrario], la sua famiglia stava creando un rapporto finanziario con la Pacific Rubiales, la compagnia petrolifera canadese che si stava estendendo e che era al centro di agitazioni sindacali in Colombia. I Clinton stavano anche sviluppando legami commerciali con il fondatore del gigante petrolifero il finanziere canadese Frak Giustra, che ora occupa un posto nell’amministrazione della Fondazione Clinton, l’impero filantropico globale della famiglia.

I dettagli di questi accordi finanziari restano nebulosi, ma questo è molto chiaro: dopo che milioni di dollari erano stati promessi dalla compagnia petrolifera alla Fondazione Clinton –  integrata  da altri milioni dello stesso Giustra –il  Segretario Hillary Clinton cambiò improvvisamente la sua posizione riguardo al controverso patto commerciale tra Stati Uniti e Colombia.

Guardate anche il servizio di Ken Silverstein sulla Colombia e sui Clinton. In realtà, chi potrebbe rimproverare Wolf Blitzer (famoso giornalista americano, n.d.t.) per non aver fatto nessuna domanda circa questi conflitti di interesse? Da dove avrebbe cominciato?

 

Haiti:

Haiti è forse la nazione più vulnerabile alle psicopatologie dell’economia e della filantropia politica clintoniana. C’è troppo da dire sulla “morsa” dei Clinton su Haiti, e quindi indicherò ai lettori soltanto i migliori reportage. Ecco Ted Hamm: “Come Hillary ha contribuito a rovinare Haiti”; “La “fregatura”  dei Clinton a Haiti” di Jonathan Katz,  e “Il re e la regina di Haiti” e altri articoli apparsi sul New York Times riguardo all’argomento, e Isabel MacDonald e Isabel Doucet su The Nation, che parlano di quelle roulotte con “aggiunta”  di formaldeide cancerogena  che la Fondazione Clinton aveva inviato ad Haiti dopo il terremoto. Ed ecco Bill Clinton che si scusa per aver costretto Jean-Bertrand Aristide ad attuare politiche economiche che distrussero la capacità di Haiti di produrre il riso per sé. “Forse poteva andar bene per degli agricoltori in Arkansas, ma non ha funzionato. E’ stato un errore. E’ stato un errore in cui sono stato complice. Non punto il dito su nessuno, L’ho fatto io. Devo vivere ogni giorno con le conseguenze della perduta capacità di produrre un raccolto di riso ad Haiti per nutrire quelle persone, a causa di quello che ho fatto. Nessun altro.”

 

Panama:

Mentre stava per candidarsi alla presidenza nel 2008, la Clinton si oppose a un accordo di libero scambio con Panama – un accordo che, come ha fatto notare Sanders, renderebbe ancora più pervasivo il riciclaggio di denaro sporcodi cui abbiamo appreso dai Panama Papers. Non appena, però, divenne Segretario di Stato, la Clinton fece con successo pressione per il trattato, malgrado venisse avvertita che avrebbe reso più facile per i ricchi nascondere il loro denaro, come scrivono Clark Mindock e David Sirota.

 

Messico: 

Quando era segretario di stato, la Clinton continuò ad amministrare  le politiche di  sicurezza punitiva e le politiche economiche introdotte  da suo marito e dal suo successore, George W. Bush, politiche che hanno trasformato il Messico in un paese di fosse comuni clandestine. Il contributo personale della Clinton all’infelicità del Messico, è stato di spingere verso la privatizzazione della sua industria nazionale del petrolio. Come ha scritto dettagliatamente Steve Horn sul blog DeSmog, non soltanto il Dipartimento di Stato della Clinton aiutò ad aprire il settore petrolifero del Messico al capitale straniero, ma molti stretti collaboratori  di Clinton si spostarono nel settore privato per trarre profitto da quella apertura. E stato Franklin Delano Roosevelt che costrinse gli interessi petroliferi statunitensi ad accettare la nazionalizzazione del Messico negli anni 30, e quindi qui abbiamo il caso di Hillary Clinton che ritorna  letteralmente al New Deal.

 

El Salvador:

Nel 2012, Il Dipartimento di Stato di Hillary Clinton, operando attraverso la sua ambasciatrice Mari Carmen Aponte, minacciò di ritirare aiuti fondamentali per lo sviluppo a meno che El Salvador non approvasse una importante legge per la privatizzazione. (Hilary Goodfriend fornisce qui i dettagli)*. *http://www.dollarsandsense.org/archives/2013/0313goodfriend.html

 

Non sarebbe la prima volta che l’Ambasciatrice Aponte, alleata politica dei Clinton minacci il governo di sinistra del Salvador FMLN. Di recente ha avvertito i salvadoregni della necessità di comprare semi OGM  prodotti dalle grosse aziende, insistendo che il programma dei semi dell’FMLN viola i termini del Trattato di libero commercio     centro-americano (CAFTA).

 

Al di là di qualsiasi paese o politica, queste politiche hanno tratto energia l’una dall’altra. Il programma di aiuti di molti miliardi di Bill Clinton a favore di uno dei peggiori violatori del mondo di diritti umani, il Plan Colombia che ora Hillary consiglia per l’America Centrale (anche se è difficile vedere in che modo gli Stati Uniti potrebbero militarizzare di più la regione) ha avuto l’effetto di diversificare la violenza e la corruzione endemiche nel commercio della cocaina, dove i cartelli centro-americani e messicani e le fazioni militari  che prendono il controllo  dell’esportazione della  droga negli Stati Uniti. Questo, insieme al crollo del settore agricolo del Messico e dell’America Centrale causato dal NAFTA e dal CAFTA, ha dato il via al ciclo di violenza criminale e delle bande che oggi  travolgono la regione.  A sua volta questa violenza è stata accelerata da un’ulteriore privatizzazione dell’economia (del tipo che l’ambasciatore della Clinton ha imposto a El Salvador e dalla rapida diffusione dell’attività minerari   e delle operazioni  campo idroelettrico, dei biocarburante e del petrolio (del tipo che è subentrato in  Honduras dopo il golpe del 2009 e che fa donazioni  alla Fondazione Clinton) le quali portano scompiglio negli ecosistemi locali, avvelenando la terra e l’acqua. La violenza è stata accelerata anche dall’apertura di mercati nazionali all’agroindustria statunitense, cosa  che distrugge le economie locali.

Il conseguente  trasferimento o crea varie minacce criminali che giustificano misure più violente di contro insorgenza oppure provoca proteste delle quali si occupano gli squadroni della morte di nuovo stile – come quelle che hanno ucciso Berta Cáceres e centinaia di altri in Honduras (e in Colombia, Guatemala ed El Salvador).

La militarizzazione del confine che era iniziata con Clinton, su consiglio di Rahm Emmanuel di incrementare il successo della sua legge del 1994 sui crimini – funzionò in modo simbiotico con il NAFTA di Clinton e in seguito con il CAFTA, per creare un mercato a tre ripiani: libero e comune   per il capitale, protetto per l’agricoltura statunitense e diviso e presidiato per la classe operaia. Il Messico può rimanere competitivo con gli Stati Uniti soltanto mantenendo brutalmente bassa la paga oraria. I salari sono peggiori in America Centrale. Negli Stati Uniti il sistema salariale è crollato; pensate a quella crescente   percentuale di suicidi nella classe operaia bianca che è stata sulle prime pagine pochi mesi fa come un rallentatore del NAFTA.

E la Clinton consiglia ancora la stessa cos  come soluzione a questi problemi. “Non c’è maggiore violenza causata dall’ultra militarizzazione che ulteriore militarizzazione non possa risolvere. Non c’è povertà causata dal “libero commercio” che altro “libero commercio” non possa risolvere.

La “storia”  della Clinton in America Latina rivela il fallimento non soltanto del Clintonismo come viene applicato a una specifica regione. Rivela piuttosto il fallimento del Clintonismo.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte https://zcomm.org/znetarticle/a-voters-guide-to-hillary-clintons-policies-in-latin-america

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