Huffingtion Post

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17/02/2016

 

Hillary e il bagno di sangue siriano

di Jeffrey Sachs

direttore dell'Earth Institute alla Columbia University

 

La Clinton è un pericolo per la pace globale. Ha molto da rispondere relativamente al disastro siriano

 

E' sempre stata in prima fila a sostenere e promuovere le più criminali aggressioni statunitensi verso gli altri paesi

 

Nel dibattito di Milwaukee, Hillary Clinton si è vantata del proprio ruolo in una recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che riguardava la tregua in Siria. Ha detto così:

Vorrei aggiungere questo. Sapete, il Consiglio di Sicurezza finalmente si è deciso ad una risoluzione. Al centro di questa risoluzione c’è un accordo che io avevo negoziato nel giugno 2012 a Ginevra, che ha stabilito una tregua e avvicinato a una soluzione politica, una soluzione che cercasse di rimettere assieme le varie parti della disputa siriana.

 

Questo è il genere di rappresentazione compulsivamente fuorviante della realtà che rende la Clinton inadatta a essere Presidente. Il ruolo della Clinton in Siria è sempre stato quello di istigare ulteriormente e prolungare il bagno di sangue, non quello di farlo cessare.

 

Nel 2012 la Clinton fu un ostacolo, non la soluzione, per un cessate il fuoco chiesto dall’inviato speciale dell’ONU, Kofi Annan. È stata l’intransigenza USA – e specialmente l’intransigenza della Clinton – a portare al fallimento degli sforzi di pace di Annan nella primavera del 2012, cosa che i diplomatici sanno bene. Nonostante le insinuazioni che la Clinton ha fatto durante il dibattito a Minwaukee, nel 2012 non ci fu (ovviamente) alcun cessate il fuoco, ma solo un’escalation di massacri. La Clinton ha una responsabilità molto pesante per questi spargimenti di sangue, che hanno portato allo sfollamento di 10 milioni di Siriani e causato oltre 250.000 morti.

 

Come sa qualsiasi osservatore esperto, la guerra in Siria non è una guerra che riguarda soprattutto Bashar al-Assad, e nemmeno una guerra che riguarda principalmente la Siria. È una guerra per procura. Riguarda l’Iran. Il bagno di sangue è doppiamente tragico e sbagliato per questo motivo.

 

L’Arabia Saudita e la Turchia, le principali potenze sunnite in Medio Oriente, vedono l’Iran, potenza sciita, come un rivale regionale per la conquista del potere e dell’influenza. La destra israeliana vede l’Iran come un nemico implacabile che controlla Hezbollah, il gruppo militare sciita che opera in Libano, paese confinante con Israele. Per questo motivo Arabia Saudita, Turchia e Israele hanno tutti chiesto a gran voce di eliminare l’influenza iraniana in Siria.

 

Questa idea è incredibilmente ingenua. L’Iran è lì, come potenza regionale, da molto tempo – di fatto da ben 2.700 anni. L’Islam sciita non se ne andrà così. Non c’è modo e non c’è ragione per “sconfiggere” l’Iran. Le potenze regionali devono stabilire un equilibrio geopolitico che tenga conto dei reciproci ruoli dell’Arabia, della Turchia e dell’Iran. E la destra israeliana è solo ingenua e profondamente ignorante della storia, nella propria visione dell’Iran come nemico implacabile, specialmente nel momento in cui questa visione sbagliata porta Israele al fianco degli jihadisti sunniti.

 

Ma la Clinton questo non l’ha capito. Al contrario, si è unita ad Arabia Saudita, Turchia e destra israeliana nel chiedere di isolare e perfino abbattere l’Iran. Nel 2010 la Clinton ha sostenuto le trattative segrete tra Israele e Siria per cercare di strappare la Siria stessa all’influenza iraniana. Le trattative fallirono. E allora la CIA e la Clinton passarono, con successo, al loro piano B: cercare di rovesciare Assad.

 

Quando all’inizio del 2011 scoppiarono le rivolte della primavera araba, la CIA e il fronte anti-iraniano composto da Israele, Arabia Saudita e Turchia, hanno visto quel momento come opportunità per abbattere velocemente Assad e ottenere una vittoria geopolitica. La Clinton divenne la principale sostenitrice di uno sforzo guidato dalla CIA per cambiare regime in Siria.

 

All’inizio del 2011 la Turchia e l’Arabia Saudita fecero leva sulle proteste locali anti-Assad per cercare di fomentare la sua cacciata. Nella primavera del 2011 la CIA e gli alleati degli Stati Uniti stavano organizzando un’insurrezione armata contro il regime. Il Governo USA assunse ufficialmente posizione solo il 18 agosto del 2011, dicendo “Assad deve andarsene“.

 

Da allora, e fino al recente, fragile accordo col Consiglio di Sicurezza ONU, gli USA hanno rifiutato di concordare un qualsiasi cessate il fuoco a meno che Assad non fosse, come prima cosa, deposto. La politica statunitense – sotto Clinton e fino ad oggi – è stata la seguente: prima si cambia il regime, poi ci sarà la tregua. Dopotutto, quelli che stanno morendo sono soltanto dei siriani. Gli sforzi di pace di Annan furono affondati dall’implacabile insistenza degli Stati Uniti di guidare un cambio di regime come prima cosa, o quantomeno di gestire direttamente la tregua. Come scrisse un editorialista di The Nation nell’agosto del 2012:

 

La richiesta degli Stati Uniti che Assad fosse deposto e che fossero imposte delle sanzioni, prima di poter cominciare una qualsiasi trattativa, assieme al rifiuto di coinvolgere l’Iran in questo processo, ha vanificato il tentativo di Annan.

 

La Clinton è sempre stata una figura centrale nella crisi siriana. Il suo ambasciatore Christopher Stevens fu ucciso a Bengasi mentre cercava di portare avanti un’operazione della CIA per inviare armamenti pesanti libici verso la Siria. La stessa Clinton ha assunto un ruolo centrale nell’organizzare i cosiddetti “Amici della Siria” per sostenere l’insurrezione guidata dalla CIA.

 

La politica USA in tutto questo è stato un gigantesco, orrendo disastro. Assad non se n’è andato e non è stato sconfitto. La Russia è intervenuta a sostenerlo, l’Iran anche. I mercenari mandati a rovesciarlo erano in realtà dei fondamentalisti jihadisti con un programma tutto loro. Il caos ha aperto le porte all’avvento dello Stato Islamico, che si è fatto forte dello scoraggiamento dei capi militari iracheni (deposti dagli USA nel 2003), degli armamenti statunitensi di cui sono venuti in possesso, e di un consistente sostegno finanziario da parte dell’Arabia Saudita. Se si sapesse tutta la verità, l’insieme degli scandali che sono coinvolti sarebbe certamente al livello di Watergate, e scuoterebbe le fondamenta dell’establishment statunitense.

 

La tracotanza degli Stati Uniti non sembra conoscere limiti. La tattica della CIA per guidare i cambi di regime è ormai diventata così “normale”, come strumento di politica estera degli USA, che l’opinione pubblica e i media non se ne accorgono neanche più. Rovesciare il governo di un altro paese è contrario alla Costituzione USA e alla legge internazionale. Ma cosa saranno mai queste raffinatezze, quando si è tra amici?

 

Questo strumento della politica estera USA non solo viola gravemente la legge internazionale, ma è stato anche un gigantesco e reiterato fallimento. Ogni singolo cambio di regime guidato dalla CIA, anziché essere un veloce, netto e decisivo colpo di stato, è sempre stato il preludio a un bagno di sangue. E come potrebbe essere altrimenti? Gli altri paesi non amano essere manipolati dalle operazioni segrete statunitensi.

 

Anche se si riesce ad eliminare “con successo” il capo di un certo regime, non si risolve alcun problema geopolitico, e tantomento si risolve alcun problema sociale, ecologico o economico. Un colpo di stato è solo l’invito alla guerra civile, a quel genere di guerra che sta devastando l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia e la Siria. È l’invito a una risposta internazionale ostile, come è stato l’appoggio che la Russia ha dato all’alleato siriano, alla faccia delle operazioni segrete della CIA. La lista dei disastri causati dalle operazioni della CIA potrebbe riempire volumi e volumi. Che sopresa, vero, che la Clinton riconosca Henry Kissinger come proprio mentore e guida?

 

E in tutto questo sfacelo dove sono i media dell’establishment? Il New York Times finalmente ne ha parlato un po’, lo scorso mese, quando ha descritto i legami tra CIA e Arabia Saudita, tramite i quali i soldi sauditi vengono usati nelle operazioni della CIA per aggirare i sospetti del Congresso e dell’opinione pubblica americana. Questa cosa ha funzionato una volta e poi è stata smessa. Eppure il finanziamento saudita alle operazioni della CIA è in fondo la stessa tattica usata da Ronald Reagan e da Oliver North nello scandalo Iran-Contra degli anni ’80 (con la vendita di armi iraniane usata per finanziare le operazioni segrete della CIA in America Latina senza il consenso né il controllo del popolo americano).

 

La Clinton stessa non si è mai fatta il minimo scrupolo ad usare questo strumento di politica estera statunitense. II suo famelico sostegno a ogni tentativo di cambio di regime guidato dagli USA include (ma non si limita a) il bombardamento di Belgrado nel 1999, l’invasione dell’Afghanistan nel 2001, la guerra in Iraq nel 2003, il colpo di stato in Honduras nel 2009, l’omicidio del leader libico Muammar Gheddafi nel 2011, e l’insurrezione coordinata dalla CIA contro Assad dal 2011 a oggi.

 

Ci vuole grande capacità di leadership presidenziale per opporsi alle disastrose iniziative della CIA. I presidenti fanno strada andando a braccetto con l’industria delle armi, i generali e i funzionari della CIA. In questo modo si porteggono anche dagli attacchi politici della destra più intransigente. Fanno carriera esaltando la potenza militare USA, non limitandola. Molti storici ritengono che John Kennedy sia stato assassinato come conseguenza della sua apertura di pace verso l’Unione Sovietica, apertura che egli fece nonostante le obiezioni della destra nella CIA e in altre parti del governo USA.

 

Hillary Clinton non ha mai dimostrato questo gran coraggio, e nemmeno una grande comprensione, nel presentarsi a muso basso dalla CIA. È sempre stata un’esaltata sostenitrice della CIA, una che esultava nel mostrare la propria durezza quando si trattava di sostenere una qualsiasi delle sue catastrofiche operazioni. I fallimenti, ovviamente, vengono nascosti alla vista. La Clinton è un pericolo per la pace globale. Ha molte cose di cui rispondere sul disastro in Siria.

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