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15 novembre 2016

 

Pardi: “Vi racconto l’Italia del NO” 

Giacomo Russo Spena intervista a Pancho Pardi

 

L’ex girotondino è alla cinquantesima assemblea pubblica in giro per l’Italia, dove di giorno in giorno crescono i Comitati per il NO: “E’ una battaglia sul filo di lana, fino all’ultimo momento bisogna andare costantemente nei mercati perché sono luogo fondamentale di riferimento e uno spaccato sociale del popolo”. E per i faccia a faccia televisivi propone nuove facce: “Siamo pieni di giovani, mandiamo loro sui media”.

 

“Esiste una cittadinanza attiva che ha voglia di partecipare e di dire la propria senza equilibrismi o linguaggi politichesi, una provincia combattiva che non si fa menare per il naso”. Pancho Pardi, storico volto girotondino ed ex parlamentare Idv, è alla sua cinquantesima assemblea. Dal mantovano a Palermo, dal Piemonte alla Lucania. E anche il suo mese di novembre è saturo di appuntamenti. I comitati locali per il NO al referendum aumentano, di giorno in giorno. Adesso sono 684 in Italia, 34 all’estero. Si moltiplicano i dibattiti, così come le iniziative pubbliche. “A Sabbioneta, cittadina di 4mila anime, c’erano 80 persone sedute e molte in piedi. Ad Ascoli più di cento persone. A Perignano (Pisa) un’assemblea con una forte presenza di cattolici progressisti ha visto la sala gremita”, racconta così Pardi il suo viaggio per l’Italia.

 

Sta girando come una trottola e ha sicuramente il polso della situazione di questa campagna referendaria. Dove sono state le assemblee più partecipate?

 

Gli incontri più riusciti si sono realizzati dove sono sorti comitati misti, che hanno al proprio interno componenti eterogenee: insegnanti, sindacalisti, studenti, militanti di partito, pezzi dell’associazionismo, attivisti della società civile. Dall'Anpi alla scuola, dalla Fiom all’Arci passando per i girotondi. Persone di vario orientamento politico, molte di queste - tra l’altro - le avevamo già intercettate durante la campagna per contrastare la riforma costituzionale di Berlusconi del 2006. La cosa ironica: quelli del Pd nel 2006 stavano con noi, adesso me li trovo dall’altra parte della barricata.

 

Trova assonanza tra le due riforme?

 

Quella di Berlusconi era federalista, questa toglie poteri alle regioni per ridarli tutti allo stato centrale. Ma hanno in comune il rafforzamento enorme del governo a danno del Parlamento. Nel Pd manca la coerenza. Nel programma del 2013 c’era scritto chiaramente come un pilastro del partito fosse la salvaguardia dell’attuale architettura della Carta: “Più rispetto delle regole, una netta separazione dei poteri, una vera democrazia paritaria e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo”. Di più: basta con le riforme votate a maggioranza! E adesso, nei vari dibattiti, mi trovo a scontrarmi con giuristi che prima la pensavano come me. Si sono rimangiati tutto.

 

Ma il fermento per il Paese è lo stesso che poi portò nel 2006 a bocciare la riforma costituzionale?

 

Questo referendum è uno spartiacque, divide il Paese e rompe persino amicizie. E’ difficilissimo il dialogo tra il Sì e il No, la posta in gioco è alta anche perché Renzi ha voluto personalizzare il referendum. Come dicevo, rispetto al 2006, abbiamo perso per strada molti militanti del Pd, però abbiamo incontrato pezzi di società civile, comitati di provincia e tanti giovani.

 

Ah, una notizia. A vedere le foto del comitato del NO sembra un revival di “parrucconi” per utilizzare un termine renziano. Invece ha incontrato molti giovani alle varie assemblee?

 

Gli incontri più significativi li ho svolti all’interno delle scuole. Nel Mugello un faccia a faccia con Carlo Fusaro, sulle ragioni del Sì e del No, dove c’erano  almeno 500 studenti i quali hanno fatto domande e partecipato. Un episodio simile a Parma. Altri numerosi dibattiti nelle scuole sono previsti nei prossimi giorni. All’interno del Comitato sono attivissimi i ragazzi della Rete della Conoscenza, un contributo prezioso.

 

Quindi sta cambiano il profilo del comitato per il NO, la miglior risposta alla narrazione renziana del nuovo versus il vecchio o della “speranza contro la rabbia”?

 

Non dobbiamo farci individuare come un gruppo di anziani. È vero che abbiamo una certa età ma nel comitato abbiamo moltissimi giovani in gamba, la parte più attiva della società.

 

Il confronto con il democristiano De Mita, invece, non fa che avvalorare la tesi del nuovo contro la conservazione…

 

Mi sembra che De Mita abbia spiegato bene come Renzi sia stato a lungo un giovane democristiano. Comunque i nostri comitati non devono farsi irretire in questo inganno: Pera oltre a essere stato un pessimo presidente del Senato non è certo un ragazzo. È vero che, andando in televisione col contagocce, bisogna mandarci qualche volto giovane.

 

Qualche nome?

 

Sicuramente Anna Falcone, avvocato e vicepresidente del Comitato per il NO. Dovremmo insistere per un faccia a faccia tra lei e il ministro Boschi. Direi anche qualcuno della Rete della Conoscenza,siamo pieni di studenti agguerriti. Pensa, ad esempio, al giovane catanese che ha impattato Renzi durante una contestazione.

 

Spostano voti di più i faccia a faccia televisivi o il vecchio, ma assiduo, lavoro nella società?

 

I confronti tv hanno un enorme peso e dobbiamo fronteggiare quotidianamente la disparità sui media dove Renzi è ovunque con la sua propaganda. Ma non si riduce tutto alla televisione: dobbiamo essere bravi ad organizzare confronti pubblici nei quali si dibatte con gli esponenti del comitato per il Sì, l’unico modo per intercettare gli indecisi e guadagnare voti. Non ci si può limitare alle iniziative per lusingare le ragioni del NO, così ce la cantiamo e suoniamo. Purtroppo, però, quelli del Sì tendono a sottrarsi dai confronti…

 

Previsioni sul voto?

 

Siamo sul filo di lana e ogni voto sarà decisivo ecco perché bisogna fare un lavoro capillare per convincere ogni singolo a votare NO, anche all’ultimo momento. Non mi farei incantare dai sondaggi che ci danno in vantaggio e non dobbiamo rilassarci, non c’è motivo. Da qui al 4 dicembre dobbiamo correre e andare dappertutto.

 

I sondaggi ci dicono che gli incerti sono ancora tanti. E’ una caccia agli indecisi? Si deciderà lì la contesa referendaria?

 

Bisogna andare costantemente nei mercati perché sono luogo fondamentale di riferimento e uno spaccato sociale del popolo. Alcuni nostri gruppi sono andati a volantinare anche davanti agli stadi.

 

Cosa pensa del supporto dato finora dal M5S?

 

A livello pubblico hanno fatto troppo poco. Il M5S è occupato a pensare alle proprie beghe interne – pensiamo agli attriti per il caso Raggi a Roma – e sta sottovalutando la portata di questo referendum. Dovrebbe fare di più.

 

E invece qual è il supporto che stanno dando i partiti di sinistra all’interno del Comitato del No?

 

Si stanno impegnando al massimo – va dato loro merito - ma non credo venga da lì la spinta risolutiva. Nell’era della crisi della rappresentanza, il farsi etichettare come comitato di uno o più partiti non aiuta ed è inefficace in termine di comunicazione. Il referendum lo vinciamo se mandiamo avanti i giovani e riusciamo ad intercettare, ed informare, il mondo reale, quello che non vive di politica, e non ha ancora deciso cosa votare il 4 dicembre. La speranza di riuscire viene dalla sensazione che in questi mesi si sia formata una nuova comunità che prima non esisteva e che non era prevedibile. Senza mezzi mediatici, essa esprime una voce inconfondibile: contro una modifica costituzionale che vuole dare la sovranità al solo governo riafferma con forza che la sovranità appartiene al popolo.

 

 

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