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24 febbraio 2016

 

Il dito la luna e il professor Panebianco

di Franco Berardi Bifo

 

Tutti conoscono la storia del dito che indica la luna e dell’imbecille che guarda il dito. Sembra che in questi giorni a Bologna si sappia solo vedere il dito. Il dito è l’azione di un gruppo di studenti del Cua (Collettivo Universitario Autonomo) che hanno esposto un telo con su scritto “Fuori i baroni della guerra dall’università” durante la lezione del professor Panebianco. Si è trattato di una presa di parola le cui modalità non mi importa discutere, perché si tratta di minuscoli dettagli a confronto della luna. E la luna cos’è? La luna è quel che il professor Panebianco ha scritto in un editoriale pubblicato dal Corriere della sera. Egli scrive dapprima:

“L’ennesima sentenza della magistratura ha dato ragione a mamme preoccupate e ambientalisti vari che cercano di impedire che il Muos, il sistema militare americano di comunicazioni satellitari entri in funzione a Niscemi, in Sicilia. Il Muos potrebbe essere uno strumento prezioso per anticipare eventuali attacchi missilistici ma c’è chi ipotizza che il suo funzionamento danneggerebbe la salute”.

Fin qui niente di nuovo, si sa che i destini della patria sono più importanti delle preoccupazioni mammesche. Ma dopo aver ridicolizzato “mamme preoccupate e ambientalisti vari”, Panebianco dice qualcosa di enorme, che merita di essere preso in considerazione molto seriamente. Egli scrive:

“Ciò che accade intorno a noi, dovrebbe convincerci di quanto inconsistenti siano le giaculatorie sulla necessità di una «Europa politica», la quale, come è noto, viene sempre evocata solo quando si parla di euro e di banche. Si dimentica che le unificazioni politiche non si fanno col burro ma con i cannoni. Sono sempre state guerre e minacce geopolitiche a innescarle”.

Ecco la luna da guardare con attenzione, altro che il ditino: come insegna la storia, dice il professor Panebianco, le nazioni si forgiano nella guerra e non sul burro, dunque ci si prepari, e i disfattisti vadano in galera.

È legittimo quello che scrive Panebianco? Certo che lo è, Panebianco ha diritto di dire quello che pensa, e lo dice con assoluta chiarezza: la crisi europea non si risolverà, perché l’Unione ha fallito. La sola maniera di rifondare il processo europeo è qualche milione di morti. Negli ultimi venticinque anni alcuni milioni sono già stati massacrati in Iraq, Siria, Palestina, e nel paese curdo. Ma Panebianco annuncia che adesso è il nostro turno: mettetevi in fila, ragazzi.

Dobbiamo stupirci se si è messo a strillare qualcuno degli studenti che stanno pagando con la precarietà e la miseria le scelte dell’Europa finanziaria, e che domani pagheranno con la vita le scelte dell’Europa militare? Mi preoccupano molto di più tutti quegli altri studenti, cui la disperazione ha tolto perfino la voce e la dignità di ribellarsi.

Da quindici anni le potenze impotenti dell’Occidente fanno una guerra dopo l’altra e alcuni professori (non tutti) hanno applaudito i bombardieri che partivano per l’Afghanistan, per l’Iraq, per la Libia. Con quali risultati lo sappiamo: centinaia di migliaia di morti, milioni di fuggiaschi che l’Europa respinge, intere regioni devastate, una generazione di giovani musulmani spinti dalla violenza e dall’umiliazione a impugnare un coltello per tagliar gole.

Forse a Panebianco nessuno gliel’ha detto, ma la guerra in Libia cui ci chiama l’abbiamo già combattuta, nel 1911, nel 1940, e infine nel 2011. Combattiamola ancora, ordina Panebianco. E qualcuno chiami le guardie per mettere a tacere studenti disfattisti, mamme preoccupate e ambientalisti vari.

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