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10 mar 2016

 

Ma Renzi è una spia del Mossad? La tela del Conte Max

di Aldo Giannuli

 

Avevo accennato in un post precedente alla manovra sotterranea per farla finita con  il “fiorentino spirito buzzurro” e sul ruolo che in essa possiamo dubitare che abbia il “conte Max”.

 

Sarà un caso ma è qualche tempo che il summentovato conte va in giro, fa battute (“Vedo più spettatori che votanti a queste primarie”, “C’era anche Renzi al funerale? Non l’ho visto” ecc…) si mostra di insolita giovialità e direi quasi spensierato. E così, fra una battuta e l’altra, qualche sera fa, in una cena in cui c’era una giornalista, il leader Maximo si è lasciato sfuggire una battuta lieve come un’incudine sui piedi “”Renzi è un agente del Mossad, bisogna farlo cadere”.

Certo una battura conviviale sicuramente è sfuggita; tutti sappiamo che Max è un distrattone che fa queste cose senza pensarci e senza badare che è presente un giornalista e si sa come fanno questi infami della carta stampata: ti carpiscono un pensiero, una battuta confidenziale e poi te la sparano sui giornali. Poi, pare che la giornalista si fosse introdotta clandestinamente ed assistesse alla cena travestita da ficus.

Certo che non è una cosa da poco dire che il Presidente in carica è un agente di influenza di un servizio segreto straniero (e che servizio!). E poi lo pensereste mai di uno come Renzi? Va bene, si è sempre mostrato assai comprensivo verso le ragioni di Israele, ma questo che vuol dire? Spesso è parso in sintonia con l’asse Telaviv-Mosca, ma è solo un impressione. Ha come suo consigliere economico Yoram Gutgeld, ma proprio questa è la conferma che Renzi non può essere in rapporto con il Mossad, perché Gutgeld ha prestato servizio nella Israel Defense Foirces, per poi passare ai reparti regolari dove è stato tenente colonnello, addetto al settore analisi, quel che fa pensare non al Mossad ma, semmai, all’Unit 8200, una branca del sovra nominato Israel Defence Forces. Insomma non mischiamo scorze con fave… sono cose diverse.

Ma forse, quella del Conte Max, era solo una battuta di spirito detta senza intenzioni cattive, forse addirittura a fin di bene… Il punto è che si avverte molto nervosismo nel Pd (si pensi alle primarie che stanno diventando un formidabile veicolo di contro-propaganda, per convincere la gente a non votare quel partito, vedi Napoli e Roma). E la ragione si intende: è iniziato il conto alla rovescia di fine legislatura. D’accordo manca no un po’ più di due anni… forse. A ottobre c’è il referendum sulle riforme costituzionali: se passa il no, Renzi ha detto che si dimette (ma forse no) nel qual caso potrebbero esserci nuove elezioni (in fondo, almeno formalmente, il motivo per cui questo incredibile Parlamento è restato in vita nonostante la sua palese illegittimità, è stata la necessità di attuare riforme costituzionali, venute meno le quali, non si capisce perché mai dovrebbe restare in carica) e quindi voteremmo fra un anno o forse meno. Se invece dovesse vincere il si, allora è proprio sicuro che voteremmo dopo pochi mesi perché un Renzi incoronato da un referendum passerebbe subito all’incasso. In ogni caso, la squadra renziana (se non lui personalmente) procederebbe alla decimazione dei bersaniani nei gruppi parlamentari e grasso che cola se ne confermerebbe sette o otto. D’altro canto anche gli altri nemici del fiorentino, in caso di sua vittoria referendaria, avrebbero vita difficile: anche per la Bce, la Merkel, le grandi banche d’affari eccetera eccetera, avrebbero seri ostacoli da superare per abbattere un premier fresco di unzione popolare

Quindi, gli anti renziani di ogni ditta e livello hanno pochi mesi per tentare il colpo, dopo corrono il rischio di dover mollare l’osso. Ed allora vediamo cosa può succedere che mandi Renzi al tappeto di qui a luglio (dopo, con la pausa estiva si arriverebbe a ridosso del referendum):

a. un voto contrario in Parlamento: cosa facile da farsi in Senato ma di dubbia efficacia, perché sino a quando resta segretario del partito non si potrebbe fare alcun altro governo e si andrebbe alle elezioni anticipate che probabilmente potrebbero essere vinte da Renzi

b. un congresso straordinario che lo metta in minoranza: visto che a deliberare dovrebbe essere la Direzione e l’assemblea nazionale bisognerebbe prendere prima la maggioranza in questi organi dove la maggioranza ha ora il 70%. Cosa possibile solo se c’è una spallata fortissima, tale da mandare in frantimi il blocco dominante

c. un capitombolo sulla questione libica che produca una tale ondata di protesta popolare da spingere una bella fetta del gruppo dirigente ad offrire la testa di Renzi per salvarsi davanti all’elettorato. Ma Renzi si sta dimostrando tutt’altro che propenso ad imbarcarsi in quella avventura

d. una tempesta dello spread con lettere e richiami della Bce eccetera: numero di varietà già visto che avrebbe efficacia ridotta rispetto al passato (anche perché Renzi non ha le aziende di Berlusconi che, in quei giorni, persero il 26% del valore in Borsa in soli due di quei giorni). Si può provare ma la riuscita non è garantita. Poi in un momento di grande instabilità finanziaria non sarebbe prudente introdurre un altro elemento di fibrillazione (in fondo, l’Italia rappresenta pur sempre il terzo debito mondiale)

e. un grosso scandalo magari aiutato dall’intervento di qualche Procura e qui fra l’Etruria, la Popolare di Vicenza, ed altro ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta sulla casella su cui fare la puntata. Però occorre che lo scandalo possa investire personalmente il Presidente del Consiglio (non basterebbero uno o tre ministri) e dovrebbero esserci prove di qualche consistenza, quel che non sappiamo se davvero ci sia materia bastevole ad inguaiare Renzi (in fondo siamo garantisti anche con lui)

In fondo la pietra di inciampo meno aleatoria che si para dinnanzi al fiorentino sono le amministrative di giugno. L’aria non è buona per il Pd: Napoli e Roma sono piazze difficilissime, qualche problema potrebbe esserci a Torino o Bologna, e a decidere potrebbe essere Milano.

Renzi, che è furbo, ha fiutato il vento e ha già detto che non è su quel test che si misurerà, ma sul referendum, uno schema di gioco che può reggere se il risultato è dignitoso anche se sfavorevole. Oggi tutte le cinque maggiori città, eccetto Napoli, sono governate dal Pd, per cui anche perdere in una sola delle altre quattro sarebbe una sconfitta, ma, alla fine accettabile (soprattutto se si trattasse di Roma che è una partita già compromessa). Ma se a Napoli ed a Roma si aggiungesse un’altra città ed in primo luogo se la terza sconfitta fosse a Milano, le cose andrebbero diversamente e si accenderebbe uno scontro interno al partito in cui potrebbe anche accadere che un pezzo della maggioranza si stacchi per dar vita ad una corrente di centro e questo inizierebbe a rendere difficile la vita al fiorentino. E chissà che non sia proprio questo quello cui sta lavorando il Conte Max…

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