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7 Luglio 2016

 

Fermo, la follia razzista nella provincia modello

di Francesco Cancellato

 

Prima della morte assurda di Emmanuel Chidi, quattro bombe sono esplose davanti ad altrettante chiese della città marchigiana. Bisogna partire da lì, per capire cosa ha insanguinato una delle realtà eccellenti nell’accoglienza dei profughi.

 

Bisogna partire da un po' più lontano, per cercare di cogliere il perché della morte di Emmanuel Chidi Namdi, nigeriano di trentasei anni, preso a sprangate nel centro di Fermo per aver osato risponde a un’offesa razzista - “sei una scimmia africana” - rivolta alla sua compagna, Chimiary. Più precisamente dalla notte del 29 febbraio di quest'anno, notte in cui scoppia la prima bomba contro le chiese della città marchigiana, di fronte al Duomo. A marzo la seconda davanti all'ingresso della chiesa di San Tommaso, nel quartiere di Lido Tre Archi. E nella notte tra il 12 e il 13 aprile, la terza davanti al'ingresso della chiesa di San Marco alle Paludi. La chiesa in cui Emmanuel e Chimiary si erano sposati. La parrocchia retta da Don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e fondatore, insieme a don Ciotti, del Coordinamento delle comunità di accoglienza.

«Si tratta dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese». Non ha dubbi Don Vinicio al riguardo: chi ha ammazzato Emmanuel fa parte dello stesso gruppo che sta provando, da mesi, a intimidire lui e la chiesa fermana, particolarmente attiva a fianco di poveri, immigrati, disagiati. E profughi. Ce ne sono un centinaio, a Fermo, apparentemente senza alcuna tensione sociale, né particolare malcontento. Li sanno gestire bene, qua nelle Marche. Hanno le strutture in cui accoglierli, alberghi fuori stagione, casali di campagna, seminari, e l’attitudine alla cura. Così non fosse, peraltro, difficilmente il giovane sindaco Paolo Calcinaro, eletto col 70% dei voti, sarebbe il quarto sindaco più amato d'Italia.

Non è la storia di una banlieue, di una Molenbeek di casa nostra, quindi. Né di una comunità chiusa e ostile che respinge lo straniero. No, questa è la storia della provincia italiana modello, operosa e solidale, di quelle che accolgono e mettono al lavoro. Terra di papi (Pio II) e di scarpari, sede di una diocesi arcivescovile molto influente. Questa è Fermo, trentasettemila anime tra Macerata e Ascoli Piceno, nel cuore delle Marche. L’ultimo posto in cui ci si aspetterebbe che succeda qualcosa di brutto.

 

«Si tratta dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese». Non ha dubbi Don Vinicio al riguardo: chi ha ammazzato Emmanuel fa parte dello stesso gruppo che sta provando, da mesi, a intimidire lui e la chiesa fermana, particolarmente attiva a fianco di poveri, immigrati, disagiati. E profughi.

 

Eppure, sotto la pelle di un potenziale “modello” di integrazione, scorre carsico un fiume di rancore e odio: «Un barattolo pieno di polvere da sparo è esploso la notte scorsa davanti alla Chiesa di San Marco alle Paludi a Fermo, di cui è parroco don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e direttore della Carita$ diocesana (scritto così, con la $ del dollaro, ndr), e molto attivo nel lucroso business dell’accoglienza», si legge sul sito web di estrema destra “Riscatto Nazionale”: «Dire che si combatte il degrado quando lo importi a 35 euro a capocchia, è piuttosto bizzarro», chiosa l'anonimo redattore. Abbastanza per fare di Don Vinicio un bersaglio. Lui e i suoi richiedenti asilo.

A Fermo c'è anche una squadra di calcio, la Fermana. I colori sono il giallo e il blu, i canarini, li chiamano. Nella curva, tra gli ultras, va molto di moda il nero, invece. Simboli fascisti, braccia tese, citazioni militari. Tutto secondo i canoni del tifo ultra, non da ieri covo di estremisti di destra: «Non prendetevela con noi tifosi. I razzisti sono una minoranza», è il mantra. Ma è uno di loro, l'assassino di Emmanuel Chidi Namdi. Chi lo conosce, non solo le forze dell'ordine, lo descrive come una specie di scemo del Paese, un energumeno disadattato, già protagonista, a suo tempo, di altre risse con persone di nazionalità straniera, con quattro anni di Daspo - il divieto di assistere alle manifestazioni sportive - in dote.

 

«Un barattolo pieno di polvere da sparo è esploso la notte scorsa davanti alla Chiesa di San Marco alle Paludi a Fermo, di cui è parroco don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e direttore della Carita$ diocesana (scritto così, con la $ del dollaro, ndr), e molto attivo nel lucroso business dell’accoglienza»

Dal sito internet “Riscatto Nazionale”

 

E non è un caso che mentre Emmanuel e Chimiary gli passano a fianco per dirigersi dal seminario in cui sono ospitati alla Piazza del Popolo, lui è lì con un amico - più giovane e più piccolo di lui, dicono - seduto su una panchina di via Veneto, infelicemente sfaccendato. La crisi ha morso pure qui, tra le fabbrichette del calzaturiero e la disoccupazione, pure qui, è arrivata a lambire il 10%. La sua mente fragile è la casa perfetta per stereotipi e luoghi comuni, ideologie condensate in un meme su Facebook: quella dei profughi che fanno la bella vita a spese dello Stato - «oggi in albergo, domani alle terme» -, per dirle una.

 

Poi c'è quel che viene dopo, che è terra ignota. Qualcuno dirà che è colpa del clima d'odio. Qualcun altro, chiamato in causa, dirà che è colpa dell'eccessivo buonismo e dell'accoglienza indiscriminata, che sta portando la gente all'esasperazione. Qualcuno parlerà di lupi solitari. Qualcun altro, come Don Vinicio, insisterà affinché le forze dell'ordine battano la pista più sgradevole e sgradita, quella che lega le bombe davanti alle chiese all’omicidio di Emmanuel. Qualcun altro - i profughi - potrebbe essere tentato di farsi giustizia da solo. Oggi parlano le fiaccole, le ferme condanne e gesti meravigliosi come quello di Chimiary, che ha deciso di donare gli organi del marito, ma domani potrebbro tornare a far capolino odio e rancore. L’innesco è lì, dietro l'angolo. O se preferite, a un centimetro dalla superficie. E se si ammala la provincia, la più sana tra le province, il modello d'accoglienza e integrazione, vuol dire che siamo davvero a un passo da guai molto più seri.

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