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9 maggio 2016

 

Destituito il principale accusatore di Dilma Rousseff, bloccato l’impeachment

 

Aggiornamento 17.50 –

Nuovo colpo di scena in Brasile, dove il presidente ad interim della Camera dei Deputati Waldir Maranhão, appena subentrato a Eduardo Cunha dopo che questi era stato sospeso dalla sua carica per ordine del Tribunale Supremo, ha deciso oggi di annullare la continuazione del processo di impeachment contro la presidente Dilma Rousseff, la cui procedura era stata approvata lo scorso 17 aprile al termine di un focoso dibattito parlamentare. Maranhão, che pure è un esponente del Partito Progressista, ex alleato del Pt e da qualche settimana all’opposizione, ha deciso di accettare il ricorso di sospensione e annullamento della delibera della Camera, presentato dall’Avvocato Generale dello Stato, per evidenti “vizi che hanno reso non valido il risultato della sessione parlamentare”. Si tratta di una decisione la cui portata è ancora tutta da valutare e che mette in forse il voto al Senato, previsto mercoledì, che a sua volta è fondamentale per il proseguimento del processo di destituzione della presidente.

 

Aggiornamento 15.30 –

Continua in Brasile il tentativo di spallata delle destre e dei settori più reazionari dell’oligarchia nazionale, sostenuti dagli Stati Uniti, contro il governo e in particolare contro la presidente della Repubblica. Sabato scorso Dilma Rousseff ha respinto la legittimità del processo di impeachment, che potrebbe portare alla sua destituzione, intentato grazie ad un’alleanza tra le destre e alcuni partiti di centro e centro-destra che fino a poche settimane fa sostenevano il Partito dei Lavoratori.

 

Se si vuole giudicare il governo, ha detto l’esponente del Pt, che si lasci votare il popolo. “Dal punta di vista politico il giudice supremo è il popolo brasiliano. Se vogliono fare un processo al mio governo che si rivolgano al popolo brasiliano e non ricorrano all’impeachment. Solo chi è legittimato dal voto può giudicare” ha detto Rousseff. È la prima volta che la presidente suggerisce la possibilità di un ricorso anticipato alle urne anche se questo non è previsto esplicitamente dalla Costituzione del paese in caso di destituzione o rinuncia del capo dello stato. Che è tornata ad accusare d’intenti golpisti le opposizioni di destra, perché il processo d’impeachment non ha alcuna base legale e perché la denuncia si basa esclusivamente su delle procedure contabili considerate irregolari ma realizzate da tutti i governi degli ultimi decenni.

 

Il vero obiettivo delle destre, ha chiarito la leader del PT, non è combattere la corruzione ma eliminare le riforme sociali approvate dal governo di centrosinistra. Se Michel Temer, l’attuale vicepresidente e candidato alla sostituzione di Dilma Rousseff in caso di destituzione di quest’ultima, dovesse arrivare al potere, ha avvertito la presidente, eliminerebbe la “Bolsa Familia”, il principale programma di sostegno ai poveri che assiste attualmente 46 milioni di persone. E questo anche se la spesa per i sussidi ai più poveri rappresenta solo l’1% del Pil del paese almeno il 75% degli assistiti verrebbe abbandonato a se stesso e alle regole di mercato.

 

Intanto la Procura Generale dello Stato ha denunciato al Tribunale Supremo due importanti ex ministri del gabinetto di Dilma Rousseff per la loro presunta implicazione nel caso di corruzione della Petrobras, la potente impresa energetica statale che le destre vorrebbero almeno in parte privatizzare. Oggetto della denuncia sono la senatrice Gleisi Hoffmann e suo marito, Paulo Bernardo Silva, entrambi esponenti del Partito dei Lavoratori.

 

Nei giorni scorsi è giunta comunque una buona notizia per la presidente, a dimostrazione di quanto il tema della corruzione venga cavalcato in maniera strumentale dalle destre. Eduardo Cunha, il principale accusatore di Dilma Rousseff e capofila del processo di impeachment, è stato sospeso dalla carica di deputato federale e quindi anche da quella di Presidente della Camera (la quarta carica dello stato e candidato alla successione alla Rousseff subito dopo Temer e il presidente del Senato Renan Calheiros).

 

Per gli 11 magistrati della Corte Suprema – che hanno adottato la decisione all’unanimità – il leader del PMDB (Partito del Movimento Democratico del Brasile, da anni alleato del PT e da poco all’opposizione), imputato in ben sei processi relativi all’inchiesta ribattezzata ‘Lava Jato’ con accuse di corruzione e riciclaggio di denaro sporco, avrebbe approfittato della sua carica per sviare e condizionare le indagini. “Alla base di questo impeachment c’è un ricatto del signor Eduardo Cunha, il quale aveva chiesto al governo un voto per impedire il suo processo davanti alla commissione etica della Camera e, non avendolo ottenuto, aveva fatto andare avanti il procedimento. Un abuso di potere – ha accusato la presidente – avendo sfruttato il suo incarico per vendicarsi”.

 

Alla guida della Camera Cunha è stato ora sostituito da Waldir Maranhão, leader del Partito Progressista che ha abbandonato la maggioranza di governo e che pure è sotto indagine, insieme ad altri 150 parlamentari circa, anch’egli per lo scandalo ‘Lava Jato’.

Dopo il colpo di scena, l’avvocato generale dello stato Josè Eduardo Cardozo ha chiesto l’annullamento del procedimento di impeachment contro Dilma Rousseff visto che è stato avviato proprio da Cunha la cui credibilità viene ora meno del tutto. Un tentativo in extremis dopo che lo scorso 5 maggio, con 11 voti a favore e 5 contrari, la commissione speciale del Senato ha detto sì alla continuazione del dibattito sull’impeachment, già approvato dalla Camera ad ampissima maggioranza. Se nei prossimi giorni la maggioranza degli 81 senatori dovesse approvare l’inizio del processo vero e proprio contro Dilma Rousseff, l’attuale capo dello stato dovrebbe farsi da parte fino alla fine del procedimento, per un massimo di 180 giorni.

 

Intanto la Direzione Nazionale del Partito dei Lavoratori ha deciso nei giorni scorsi di adottare una risoluzione che accoglie alcune delle richieste delle organizzazioni popolari e di sinistra che negli ultimi due mesi si sono mobilitate nelle piazze contro il tentativo di golpe ma non senza rinfacciare all’esecutivo di aver disatteso molte delle necessarie riforme sociali promesse e mai implementate. Nella risoluzione l’organo direttivo del Pt, “facendo autocritica”, dichiara di rivalutare “l’antica lezione che riporta alla fondazione del nostro partito: il principale strumento politico della sinistra è la mobilitazione sociale, con la quale la classe lavoratrice prende nelle proprie mani la direzione della società e dello Stato”.

 

Dichiara, quindi, “la continuazione immediata delle manifestazioni e delle proteste contro l’impeachment, sotto il coordinamento del Fronte Brasile Popolare e del Fronte Popolo senza Paura, con l’obiettivo di fare pressione sul Senato per bloccare il giudizio fraudolento autorizzato dalla Camera dei deputati”. Si vedrà nelle prossime settimane se l’apertura alle vertenze sociali, oltre che alle richieste di una svolta a sinistra delle politiche di governo da tempo avanzate dal Partito Comunista del Brasile, dal Partito del Socialismo e delle Libertà e dal Partito della Causa Operaia costituisce una reale rettifica delle posizioni del PT oppure un escamotage per allargare la base di consenso al governo in un momento di enorme difficoltà di fronte alle bordate delle destre continentali.

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