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28 novembre 2016

Fidel Castro, ora sul fratello Raul pesa l'incertezza

La scomparsa del Líder Máximo dopo la riapertura con gli Usa apre una fase delicata per Cuba. E soprattutto per il fratello Raul che dovrà continuare sulla strada delle riforme con l'incognita di Donald Trump.

La morte di Fidel Castro apre una fase di profonda incertezza per Cuba. Ad affrontare questo nuovo capitolo della storia dell’isola sarà il fratello, almeno per i prossimi due anni. Raul Castro, 85 anni, che prese parte alla rivoluzione dei barbudos nel 1959, ha più volte affermato che terrà il potere solo fino al 2018. Quindi nel prossimo futuro potrebbe entrare nella stanza dei bottoni qualcuno che non sia della famiglia Castro. Anche se in questi anni è emersa la figura di Alejandro, figlio di Raul, che si è occupato delle relazioni estere del regime. E chi conosce l'Isola sa che niente si muove senza l'approvazione della 'dinastia' rivoluzionaria.

IL COMPROMESSO TRA OBAMA E RAUL.
Forse consci che la fine non era lontana, e di sicuro consapevoli della crisi del blocco bolivarista sudamericano, i fratelli Castro negli ultimi anni hanno avviato una politica di riapertura con gli Stati Uniti, passata soprattutto dalla mediazione del Vaticano. Lo storico disgelo è stato intessuto di compromessi e una buona dose di ipocrisia su entrambe le sponde. La ripresa del dialogo con il presidente statunitense Barack Obama ha portato nel novembre del 2015 all'allentamento dell'embargo e al primo scambio di prigionieri. E poi alla riapertura delle ambasciate, con la bandiera a stelle e strisce tornata a sventolare su L'Avana dopo più di 50 anni. Ma l'accordo tra Obama e Raul si è giocato su equilibri sottili: il numero uno del regime cubano ha ottenuto di accantonare de facto il dossier diritti umani. Dall'altra parte il presidente Usa non ha fatto luce sulle azioni Usa contro Cuba e ha però spinto su una nuova era di liberalizzazione delle comunicazioni sullo Stato caraibico, con la speranza che, assieme a una dose massiccia di dollari, capitali e merci americane, arrivino dove non è arrivata la politica.

TRUMP MINACCIA DI RIVEDERE L'APERTURA.
Oggi però su quella intesa incombe l’elezione del nuovo presidente Donald Trump. Il tycoon durante la campagna elettorale ha più volte detto che in caso di vittoria sarebbe stato molto più duro con l'isola cubana rispetto a Obama, arrivando a minacciare la cancellazione di ogni concessione. Uno spettro agitato anche il 28 novembre: «Se Cuba non vuole fare un accordo migliore per il popolo cubano, il popolo cubano/americano e gli Usa nel suo complesso, metterò fine all'accordo». E non è ancora chiaro se si tratti di un tra le tante prese di posizione propagandistiche che il miliardario potrebbe rimangiarsi una volta arrivato alla Casa Bianca.
La direzione delle nuove relazioni tra Washington e L'Avana è dunque più opaca di prima. Il regime castrista è sopravvissuto a 11 presidenti americani, al crollo dell'Unione Sovietica che per decenni ha aiutato economicamente l'isola e di recente anche alla morte del leader venezuelano Hugo Chavez, il nuovo 'condottiero' che chiamava 'padre' Fidel Castro e che per oltre un decennio è stato agli occhi dei latinoamericani il propulsore di una nuova illusione 'rivoluzionaria'. Ma soprattutto l'uomo che a suon di petrolio provvedeva ai due terzi del fabbisogno energetico di Cuba. Ma Chavez non c'è più e il Venezuela è oggi uno Stato quasi fallito tenuto in piedi dai presititi di Pechino.

RAPPORTI PIÙ FORTI CON LA CINA.
La Cina è il primo partner commerciale anche per Cuba e i rapporti tra l'ex Impero Celeste e l'Isola che ha sfidato l'altro impero, quello americano, stanno divenendo sempre più fitti. Il tutto in una fase in cui il Sud America è alla ricerca di una nuova stabilità con gli Stati bolivaristi - l'alleanza che comprende Bolivia, Ecuador, Venezuela e Nicaragua - e le due potenze regionali - Brasile e Argentina - percorsi da sussulti politici e crisi economiche, e gli alleati statunitensi - Cile, Perù, Colombia e soprattutto il Messico - che dopo gli anni di corteggiamento di Obama attendono di capire che presidente Trump sarà.

CHE NE SARÀ DELLE RIFORME.
A Cuba il disgelo con gli Usa, ma anche con l'Unione europea, è arrivato dopo un lunga serie di timide riforme. Niente che scuotesse le fondamenta della società socialista cubana, ma dei tentavi per ravvivare il sistema economico dell'isola.
Un processo di liberalizzazione, quasi una perestroika di marca centroamericana, che nell’ultimo periodo ha portato innovazioni certo inimmaginabili fino a pochi anni fa, ma che per ora non hanno scalfito la divisione tra i due sistemi economici che coesistono a L'Avana, quello legato alla presenza turistica e quelle ben più povero della comunità cubana. I Paesi occidentali stanno facendo a gara per spartirsi le nuove opportunità economiche della fase di distensione, fioccano gli accordi, le partnership, le promesse di investimento. Uno scenario che potrebbe fare gola a un miliardario del mattone come Trump. E poco importa se questa potrebbe essere la sola riforma a compiersi completamente.

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