Fonte: Il Faro sul Mondo

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Ago 24, 2016

 

La fine del potere Usa e la politica del caos

di Salvo Ardizzone

 

Gli Usa hanno perso la capacità di leadership globale. Molte debolezze ne bloccano l’azione. Incapaci d’imporre il proprio ordine ora puntano al caos.

Il dibattito che si svolge nel mondo su quali conseguenze porterà l’elezione del prossimo Presidente Usa è in buona parte inutile: chiunque sia, sarà in una posizione di debolezza perché deboli sono divenuti gli strumenti a sua disposizione.

Si confonde spesso il potere mostruoso dei centri nordamericani (ma sarebbe più corretto dire globali) che lo detengono, con quello di Washington, che essi usano per perseguire i loro scopi; e questo si è indebolito paurosamente negli ultimi anni per una serie di ragioni, fra cui, e non da ultima, la limitatezza del bilancio federale rispetto alle ambizioni globali del Sistema Usa nel suo insieme, e il fatto che esso sia usato in larghissima parte per venire incontro agli interessi che pilotano Congresso e Casa Bianca piuttosto che per ottimizzare i risultati.

 

Questo è più che mai reso evidente dalla crescente debolezza militare americana: malgrado il bilancio stratosferico del Pentagono, è un fatto che attualmente gli Stati Uniti non siano più in grado di mantenere un controllo globale, né di sostenere contemporaneamente due crisi regionali significative come un tempo.

La ragione sta in parte nel fatto che il mondo è radicalmente mutato, in parte nelle stesse disfunzioni del Sistema Usa che, con la massa di programmi irrazionali e costosi (e spesso inutili se non controproducenti), drena somme immense per la gioia dei costruttori di sistemi d’arma.

Ma è la struttura stessa dello Stato a perdere efficienza a causa dell’enorme debito pubblico; lo stesso che crea utili enormi al Sistema finanziario, ma costringe alla chiusura interi dipartimenti amministrativi federali. Una leadership globale richiede risorse economiche praticamente illimitate; risorse che i centri di potere che controllano lo Stato hanno a bizzeffe, ma non lo Stato che deve agire per essi.

Per far fronte ad una simile situazione di difficoltà, è necessaria una leadership forte e condivisa, invece mai come adesso la società Usa è spaccata, disorientata, scossa da scandali, con la fiducia nella politica ridotta al minimo. Le cause, sotto gli occhi di tutti, sono figlie di quelle distorsioni proprie del Sistema Usa, per cui pochi centri di potere lucrano immensamente sulla massa.

Clamoroso fallimento del “sogno americano”, impoverimento diffuso ed esplosione delle diseguaglianze, scandali a catena in una classe politica meno che mediocre, scelta così dai suoi finanziatori perché non crei problemi, hanno delegittimato la politica, rendendo debole qualunque esecutivo.

Una simile situazione complessiva, mina alla base il potere egemonico Usa e la sua passata capacità di condizionare e mobilitare per i propri scopi la scena internazionale. Lo si è visto più volte e da ultimo nei conflitti in Iraq e Siria. Ma oltre che nell’area mediorientale, dove gli Usa si sono dimostrati incapaci di gestire le crisi da essi stessi alimentate, è ormai in tutto il mondo che ciò avviene: la Cina domina vasta parte dell’Asia e la Russia, contro cui tanto ha fatto Washington, non solo si è nuovamente messa al centro della scena globale, ma sta mettendo in discussione la presa americana sull’Europa.

La conseguenza di questa manifesta impotenza, è un cambiamento radicale della politica Usa: se prima Washington pretendeva d’imporre un proprio ordine al mondo, adesso, incapace di farlo, distrugge l’ordine esistente per creare il caos e mantenerlo. La logica aberrante quanto cinica è che così alimenta una perenne instabilità, nella quale nessuno degli attori coinvolti debba prevalere acquisendo la leadership dell’area, e riservandosi d’intervenire solo per indirizzare gli avvenimenti a proprio tornaconto.

Nel Mar Cinese, in Medio Oriente, nel Golfo e nell’Europa Orientale gli Usa lo hanno fatto, esportando destabilizzazione per impedire che altri Paesi potessero trovare un proprio naturale equilibrio da cui Washington avrebbe corso il serio rischio d’essere esclusa. Le nefaste conseguenze sono evidenti a tutti, e i risultati per lo Zio Sam sono comunque fallimentari.

Quella di Washington è ormai una leadership largamente inadeguata agli interessi ed alle ambizioni che la muovono, azzoppata dall’avidità e dalle contraddizioni dello stesso Sistema di potere che la governa.

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