Originale: Huffington Post

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1° febbraio, 2016

 

La campagna di Bernie: la più grossa ribellione del partito Democratico da decenni

di Norman Solomon

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Quarantotto anni fa, una grave ribellione mise a repentaglio la struttura di potere del Partito Democratico nazionale per la prima volta a ricordo d’uomo. Spinta dal movimento contro la Guerra del Vietnam, l’insurrezione della gente comune gettò una grossa ombra elettorale dopo che il Senatore Eugene McCarthy osò sfidare colui che deteneva la nomina presidenziale democratica.

Quando iniziò il 1968, la stampa derise la campagna di McCarthy contro la guerra considerandola donchisciottesca e destinata al fallimento. Però nelle primarie iniziali nazionali nel New Hampshire, McCarthy ottenne il 42% dei voti, mentre il Presidente Lyndon B. Johnson non poté proprio arrivare al 50% – risultati che furono devastanti per LBJ. Improvvisamente imbaldanzito, il Senatore Robert Kennedy entrò rapidamente in gara. Due settimane dopo, Johnson annunciò che non avrebbe cercato di essere eletto di nuovo.

Anche se alla fine la candidatura andò al vice presidente di Johnson, Hubert Humphrey – un sostenitore della guerra che era stato la scelta dei mediatori del potere Democratico – lo smascheramento del processo non democratico del partito portò a riforme interne che aiutarono la seconda ribellione  moderna del Partito Democratico. Arrivò quattro anni dopo, quando il Senatore George McGovern ottenne la candidatura presidenziale, grazie ai movimenti di gente comune che coinvolsero i giovani e gli attivisti di colore. Qualsiasi senso di trionfo scomparve, però, subito dopo che Nixon fu rieletto con una maggioranza schiacciante nel novembre 1972.

La terza e più grande ribellione avvenne nel 1988, quando Jesse Jackson condusse una campagna presidenziale dinamica, multirazziale, “arcobaleno” che ebbe importanti impatti sulla scena  nazionale. (La sua precedente campagna nel 1984, era stata relativamente debole). Le primarie e i caucus (gli incontri per la scelta del candidato)  del 1988 furono duramente combattuti, stato per stato con attivisti di vari colori che lavoravano fianco a fianco, focalizzati su problemi di classe, razza o genere. (Allora Jackson era una voce grintosa che parlava a favore della giustizia sociale, dei diritti umani e contro la guerra – molto più disponibile a confrontarsi con l’establishment del Partito Democratico rispetto a quanto lo sia adesso. Alla controversa Convenzione Democratica Nazionale di quella estate ad Atlanta, dove i delegati di Jackson erano molto visibili, essendo il 30% del totale, la vecchia guardia fece  quadrato attorno al candidato Michael Dukakis.

Ora, mentre inizia febbraio, siamo nel bel mezzo della prima importante ribellione, da 28 anni, contro la struttura di potere del Partito Democratico. I milioni di noi che appoggiano la campagna di Bernie Sanders – indipendentemente dalle nostre critiche

importanti – dovrebbero mirare a comprendere pienamente le enormi opportunità e anche gli ostacoli che ci aspettano.

Delle tre precedenti ribellioni, soltanto una è servita a ottenere  la candidatura  e nessuna ha ottenuto la presidenza. Si può fare affidamento sul  capitalismo dominato dalle grosse aziende  che mostra la sua appendice robusta,  i mass media, per togliersi i guanti e prendere a pugni il candidato della ribellione nella misura in cui la campagna ha acquistato slancio. E’ accaduto a McCarthy, a McGovern e a Jackson. Sta ora accadendo a Sanders.

Gli ultimi giorni di gennaio ci hanno portato una serie di editoriali di un grosso quotidiano che attaccavano Bernie con veemenza e livore. Meno probabile diventa il suo raggiungimento della candidatura, e più si intensificheranno glia assalti dei grossi media che pubblicizzano assurdità.

Nel frattempo – almeno fino a quando la sua candidatura è minacciata da sinistra – Hillary Clinton trarrà beneficio dalle propensioni delle grosse aziende che tappezzano le camere a eco dei mass media. L’editoriale dell’edizione domenicale del New York Times che appoggia la Clinton, difficilmente sarebbe più fantasioso e agiografico se fosse stato scritto da chi cura la sua campagna elettorale.

Molti degli stessi organi di stampa e di forze aziendali in generale che denunciarono Eugene McCarthy nel 1968, George McGovern nel 1972 e Jesse Jackson nel 1988 stanno preparando un’azione per danneggiare Bernie Sanders nel 2016. Non dovremmo essere sorpresi, ma dovremmo essere pronti, disponibili e in grado di diffondere i nostri messaggi –  ampiamente e intensamente – nelle comunità di tutto il paese.

Allo stesso tempo, non dovremmo confondere le campagne elettorali con l’organizzazione politica a lungo termine. Le campagne per la presidenza sono faccende molto diverse dal compito più trasformativo di costruire strutture progressiste e vivaci coalizioni che possano durare e crescere, anno dopo anno.

I candidati genuinamente progressisti possono ispirare e galvanizzare e talvolta possono anche vincere. La campagne elettorali, però, specialmente quelle nazionali, sono quasi sempre in espansione/contrazione. Talvolta possono contribuire ad alimentare lo slancio del movimento, ma non sono il loro motore.

Le campagne elettorali sono diverse dai movimenti anche se per un poco convergono, indipendentemente da quanto dicono gli esperti e i consulenti delle campagne. I candidati spesso vogliono sfruttare  i movimenti sociali per le loro campagne, ma il  nostro approccio migliore è di considerare le campagne elettorali – nel migliore dei casi – come un sottoinsieme  dei movimenti e non il contrario.

La campagna di Bernie potrebbe essere uno spartiacque per  progressista per tutto il resto di questo secolo e oltre. Questo dipenderà in gran parte da quello che faranno gli attivisti nelle prossime settimane, mesi e anni,

 

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Bernie e gli altri

Norman Solomon è l’autore di “War Made Easy: How Presidents and Pundits Keep Spining Us to Death [La guerra spiegata al popolo: come i presidenti e i guru continuano a manipolarci a morte]. E’ direttore esecutivo dell’Institute for Public Accuracy e co-fondatore di RootsAction.org


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-bernie-campaign-the-democratic-partys-biggest-insurrection-in-decades/

 

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