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Nov 10, 2016

 

Trump presidente: come cambia il mondo

di Matteo Carnieletto

 

E così milioni di elettori americani hanno deciso di dare le propria preferenza a Donald Trump, il magnate americano dai capelli arruffati e dalle pose plastiche. Hanno spiazzato commentatori, analisti e giornalisti che davano ormai la Clinton presidente. Una maggioranza silenziosa che, forse, non ha votato Trump in quanto migliore, ma in quanto meno peggio della candidata democratica. Si è turata il naso e ha portato il tycoon alla Casa Bianca. Forse quei milioni di elettori non se ne sono accorti, ma hanno cambiato (e non di poco) gli equilibri mondiali.

Il passato della Clinton come Segretario di Stato è noto. Ha sostenuto i ribelli in Libia, poi quelli in Siria (criticando anche pesantemente lo scarso interventismo di Barack Obama) e pure i manifestanti dell’Euromaidan, andando così verso uno scontro frontale con la Russia di Vladimir Putin. Cosa avrebbe fatto se fosse diventata presidente degli Stati Uniti? Non lo sappiamo. Gli osservatori americani più critici della politica di Obama e del suo Segretario di Stato paventavano il rischio di una guerra su scala globale. Uno scenario, questo, ipotizzato anche da Trump, forse per motivi propagandistici.

 

Esultano i “populisti”

Ma ieri ha vinto il tycoon. E con lui, almeno secondo certa stampa, i “populisti”. Una etichetta comoda per relegare in un angolo chi la pensa un po’ fuori dagli schemi. I complimenti al nuovo presidente americano sono arrivati innanzitutto da Marine Le Pen: “Congratulazioni al nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e al popolo americano, libero!”. Non sono mancate ovviamente le congratulazioni del nazionalista inglese Nigel Farage, dell’ungherese Viktor Orban e dell’austriaco Norbert Hofer.

È stata poi la volta del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e quello russo Vladimir Putin, che ha annunciato la propria volontà di riprendere i colloqui con l’America: “Non è una via facile, ma siamo pronti a far la nostra parte e far tutto il necessario perché le relazioni tra Russia e America tornino su un sentiero stabile di sviluppo”. Anche  Recep Tayyip Erdogan ha ricordato che Turchia e America sono alleati uniti da “reciproco rispetto, reciproco vantaggio e valori condivisi. Mi congratulo con Trump – ha scritto – per essere stato eletto quarantacinquesimo presidente degli Usa e spero di rafforzare ulteriormente le nostre relazioni”. Ieri Erdogan, parlando a Istanbul, ha affermato che i risultati delle presidenziali negli Usa segnano l’inizio di una “nuova era” e ha augurato “agli Usa un futuro di successo” dopo la vittoria di Trump. Ma le congratulazioni al tycoon sono arrivate anche dalla Cina di  Xi Jinping, il quale ha inviato un messaggio di congratulazioni al presidente eletto degli Stati Uniti in cui ha chiesto di “lavorare insieme per espandere la cooperazione tra Cina e Stati Uniti in ogni campo, a livello bilaterale, regionale e globale” e di “avanzare nelle relazioni da un nuovo punto di partenza” tra Pechino e Washington, che sia di beneficio a entrambe le parti e ad altri Paesi. “Ho in grande considerazione la relazione tra Cina e Stati Uniti e aspetto di lavorare con lei per espandere la cooperazione in ogni campo, bilaterale, regionale e globale”, ha scritto  Xi, che chiede a Trump di gestire le divergenze tra le due sponde del Pacifico “in maniera costruttiva” sulla base dei principi di “rispetto reciproco, non-conflittualità e di cooperazione win-win”. Rodrigo Duterte, scoppiettante (per usare un eufemismo) presidente delle Filippine che solo un mese fa aveva definito Obama “figlio di puttana”, ha porto le sue “calorose congratulazioni” a Trump e ha fatto sapere che non vede l’ora di lavorare con lui per potenziare i rapporti. Un capovolgimento degli equilibri mondiali nel giro di una notte. Un valzer incredibile.

 

L’Europa sotto choc e il Pentagono non ride

Secondo quanto scrive Lucio Caracciolo su La Repubblica di oggi, Trump affosserà “i grandi trattati geopolitici-commerciali voluti da Obama – il transatlantico (Ttip) pare già abortito, il transpacifico (Tpp) soffre di un parto forse prematuro”. Ma non solo: il tycoon spiegherà “agli alleati europei (Nato) e asiatici (Giappone e Corea del Sud su tutti) che non possono contare a occhi chiusi sull’ombrello a stelle e strisce”. Si tratta dell’ormai nota politica “isolazionista” di Trump. Risolvere prima i problemi in casa e poi proiettarsi all’estero. Angela Merkel, che ha sostenuto fino all’ultimo la Clinton, ha mandato un algido messaggio al neo presidente americano:  “Germania e America sono legati da valori: democrazia, libertà, rispetto dello stato di diritto, rispetto della dignità della persona a prescindere dall’origine, dal colore della pelle, di religione, genere, orientamento sessuale o visione politica. Sulla base di questi valori, offro di lavorare strettamente con il futuro presidente”. Ancora più drastico è l’intervento del ministro della Difesa tedesco, Ursula von Leyen, che ha detto di esser rimasta scioccata dal voto americano. Il presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, è stato invece tranchant: “Sarà difficile lavorare con Donald Trump“.

 

Le preoccupazioni dell’Iran

Paradossalmente, l’Iran non ride dell’arrivo di Trump alla Casa bianca. Hassan Rohani ha infatti subito messo le mani avanti: “Non vi è alcuna possibilità che l’accordo sul nucleare iraniano venga cancellato dal neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nonostante le sue minacce”. “L’accordo sul nucleare non è stato concluso con un Paese o con un governo – ha dichiarato Rohani – ma è stato approvato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non vi è alcuna possibilità che tale provvedimento possa essere modificato da un singolo governo”.

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