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19 novembre 2016

 

I nomi dei primi tre uomini chiave: Flynn (Sicurezza), Pompeo (Cia) e Sessions (Giustizia). E sono falchi

di Enrico Oliari

 

Ancora il presidente Usa eletto, Donald Trump, non ha fatto il nome del suo segretario agli Esteri, anche se i papabili in questo momento sono l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani e Mitt Romney, mentre sono ormai certe le figure che ricopriranno i tre ruoli chiave di consigliere per la Sicurezza Nazionale, di segretario alla Giustizia e di capo della Cia: si tratta di falchi, spesso criticati per le loro uscite dai toni forti.

Il generale Michael Flynn è ancora registrato all’ufficio elettorale fra i democratici, ed Obama lo aveva messo a capo della Dia, dopo che in Iraq e in Afghanistan si era distinto per aver distrutto le reti dei terroristi. Considerato uomo capace, era caduto in disgrazia nel 2014 per le sue uscite islamofobiche e di critica nei confronti della Casa Bianca. Personaggio di ferro e un po’ sopra le righe, ha sempre dimostrato temperamento, e questo è sempre piaciuto più ai repubblicani che ai democratici. Ora con Trump ha la sua rivincita, acquisendo l’importantissimo ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale, determinante sia per la politica estera che per la presenza degli Usa nelle varie crisi globali.

Il senatore Jeff Sessions ha da sempre un’avversione dichiarata verso gli immigrati, tanto che nel 1986 un giudice aveva provato ad incriminarlo per le sue dichiarazioni di sostegno al Ku Klux Klan. E’ considerato uno dei cinque senatori più conservatori degli Usa, ed è stato scelto da Trump per il ruolo di procuratore generale, cioè di capo del Dipartimento della Giustizia. Da vedere se alla fine ce la farà, visto la grande opposizione che si annuncia specie da parte dei democratici, che comunque al momento sono in minoranza sia alla Camera che al Senato.

Altro individuo “sui generis” è il 52enne Mike Pompeo, deputato del Kansas dalle elezioni di midd term di sei anni fa. Scelto per la guida della Cia, è noto per la sua contrarietà all’accordo sul nucleare iraniano, opinione portata con accese arringhe alla Camera e nella commissione Intelligence. Anche di recente ha twittato che “Non vedo l’ora di smantellare questo accordo disastroso con il più grande Stato sponsor del terrorismo del mondo”.

Per la Difesa – ma qui non è ancora certo – spicca la candidatura del generale David Petraeus, pluridecorato ma travolto nel 2012 da uno scandalo per la sua relazione extraconiugale con la sua biografa, Paula Broadwell.

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