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lunedì 18 luglio 2016

 

Terrorismo: guida pratica per il cittadino occidentale

di Bruno Nassi

 

Sono giorni strani i nostri. Giorni in cui accade di svegliarsi la mattina, sedersi sulla tavoletta del cesso e aprire facebook o un giornale sullo smartphone, e strabuzzare gli occhi. Cacare ricevendo al contempo informazioni stupefacenti su allarmanti fatti nel Mondo che, chi sa, in futuro potrebbero riguardare noi stessi. Potrebbero, chi sa, un domani, fare saltare in aria quello stesso cesso su cui sediamo la mattina leggendo lo smartphone, facendo coriandoli di noi e del nostro telefono.

 

Questa percezione spaventa.

 

Tuttavia fra il carpire l’informazione, l’agghiacciante dato di fatto, e capire come risolvere il problema c’è un oceano Pacifico di distanza.

 

Molti di noi, se non tutti, non capiranno mai il motivo di un attentato terroristico, perché, suona retorico ma è tanto vero: il mondo è complesso.

 

Nonostante questo ci sono dei buoni motivi per addentrarsi in questa complessità spaventosa, primo fra tutti il fatto che in questo mondo ci tocca vivere. Secondariamente: questo mondo lo possiamo migliorare.

 

Pertanto sarebbe pratica intellettualmente onesta quella di analizzare i dati di fatto della cronaca internazionale sul terrorismo esercitando la seguente griglia interpretativa nell’ordine stabilito:

 

1- Domandarsi il motivo

 

2- Informarsi

 

3- Studiare (i libri!) e discernere

 

4- Capire

 

Questo breviario dice tutto e niente, ma proprio nella sua astrazione risiede il suo potere di generalizzazione: solo chi compie questo processo nella sua interezza può ambire a trovare le risposte. Chiunque si astenga dal compiere questo faticoso e lungo processo non è in grado di dare risposte e non avvicina di un centimetro l’umanità alla risoluzione del problema.

 

Un ultimo avviso ai naviganti: emozioni e sfere di cristallo non sono previste.

Nessuno è obbligato a fare niente, ma che sia chiaro che ci sono solo due categorie e Gramsci ebbe qualcosa da dire al proposito:“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti".

 

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

 

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

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