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05/01/2016

 

La narrazione in cui l'occidente è imprigionato rischia di scatenare la terza guerra mondiale

 

Alastair Crooke: "La solita narrazione statunitense di guerra fredda sta portando Mosca nell'unica alternativa di prepararsi alla guerra"

 

Su Zero Hedge, Alastair Crooke, diplomatico britannico, parla apertamente di nuova Guerra Fredda tra USA e Russia. Guerra Fredda voluta dagli USA, che non intendono riconoscere alla Russia alcun ruolo geopolitico diverso da quello di vassallo, e che è molto più pericolosa di quella terminata nel 1990, perchè da parte USA non ci sono più movimenti interni di opposizione a fare da contrappeso ai falchi e non c’è più il riconoscimento di invalicabili linee rosse e di regole di condotta condivise con l’avversario. Per la Russia – pressata direttamente ai suoi confini, sul Baltico, in Georgia, in Ucraina – la scelta è piegarsi o prepararsi alla guerra. Con il rischio che questa volta sia nucleare.

La Washington governativa ripete in continuazione dure parole sulla Russia e sulla necessità di punire il presidente Putin per il suo ruolo in Ucraina e in Siria. Ma questa spavalderia ignora i genuini interessi nazionali della Russia, le sue “linee rosse”, e il rischio che questo “machismo” possa portare ad una guerra nucleare, come spiega Alastair Crooke.

Tutti conosciamo la narrazione in cui noi (l’Occidente) siamo imprigionati. E’ il racconto della guerra fredda: l’America contro “l’Impero del Male”. E, come ha scritto il professor Ira Chernus, dal momento che noi siamo “umani” e in qualche modo loro (l’URSS o, adesso, l’ISIS) evidentemente non lo sono, dobbiamo essere il loro esatto contrario in ogni modo.

“Se loro sono il male assoluto, dobbiamo essere l’esatto opposto. E’ il vecchio racconto apocalittico: il popolo di Dio contro quello di Satana. Ciò assicura che possiamo permetterci di non confessare mai alcun legame significativo con il nemico“. Sono le fondamenta della pretesa di eccezionalità e del ruolo di guida da parte di Stati Uniti ed Europa.

E “sotto il presupposto che il nemico in nessun modo è umano come noi, c’è l’assoluzione per qualunque ruolo possiamo aver avuto nello scatenare o nel contribuire all’ascesa e al diffondersi del male. Come avremmo potuto fertilizzare il terreno per il male assoluto o avere qualche responsabilità nei suoi successi? Si tratta di un postulato basilare delle guerre contro il male: il popolo di Dio deve essere innocente“, (e con il male non ci si può accordare, come sarebbe possibile).

Gli occidentali in generale possono pensare di essere razionalisti e (soprattutto) laici, ma la politica estera contemporanea è ancora permeata dal modo cristiano di concettualizzare il mondo.

Questa narrativa della Guerra Fredda è quella dell’era Reagan, con i suoi correlati che l’America semplicemente intimidì con lo sguardo l’impero sovietico attraverso “pressioni” militari e – altrettanto importanti – finanziarie, nel contempo evitando di fare concessioni al nemico.

Ciò che viene a volte dimenticato, è come i neocons di Bush abbiano dato il loro “spin” a questo racconto nel Medio Oriente assegnando ai nazionalisti laici arabi e baathisti il ruolo di progenie di “Satana”: David Wurmser nel 1996 sosteneva che si doveva “accelerare il collasso caotico” del nazionalismo laico arabo in generale, e del baathismo in particolare. Egli concordò con il re Hussein di Giordania che “il fenomeno del baathismo” è stato, fin dall’inizio, “un agente della politica estera straniera, ovvero sovietica.”

Inoltre, oltre ad essere agenti del socialismo, questi stati si opponevano anche ad Israele. Così, secondo il principio che se questi erano il nemico, allora i nemici del mio nemico (i re, emiri e i sovrani del Medio Oriente) divennero gli amici dei neocons di Bush. E lo rimangono anche oggi – per quanto i loro interessi ora divergano da quelli degli Stati Uniti

Il problema, come lamenta il professor Steve Cohen, il più importante studioso della Russia negli Stati Uniti, è che è stata questa narrativa ad impedire da sempre all’America di finalizzare una reale capacità di trovare un modus vivendi reciprocamente accettabile con la Russia – di cui ha dolorosamente bisogno, se avrà mai seriamente intenzione di affrontare il fenomeno del jihadismo wahabita (o di risolvere il conflitto siriano).

Per di più, la “narrazione della Guerra Fredda” semplicemente non riflette la storia, ma piuttosto la cancella: perdiamo la capacità di comprendere davvero il demonizzato “tiranno spietato” – sia esso Vladimir Putin (russo) o il presidente Bashar al-Assad (baathista) – perché semplicemente ignoriamo la vera  storia di come questo stato è diventato quello che è, e la nostra parte in questo.

Infatti lo Stato, o suoi dirigenti, spesso non sono ciò che noi pensiamo che siano – affatto. Spiega Cohen: “La possibilità di un partenariato strategico di lunga durata Washington-Mosca è andata perduta nel 1990 dopo la fine dell’Unione Sovietica. In realtà ha cominciato ad andare persa già in precedenza, perché furono [il presidente Ronald] Reagan e [il leader sovietico Mikhail] Gorbachev a darci l’opportunità di una partnership strategica nel 1985-1989.”

“E certamente è finita sotto l’amministrazione Clinton, e non è finita a Mosca. Si è conclusa a Washington – è stata sperperata ed è andata persa a Washington. Ed è andata persa così malamente che oggi, e almeno negli ultimi anni (direi dopo la guerra georgiana del 2008), abbiamo letteralmente vissuto una nuova guerra fredda con la Russia.”

“Molte persone in politica e nei media non vogliono chiamarla così, perché se lo ammettono, ‘Sì, siamo in una Guerra Fredda’, dovrebbero spiegare cosa stavano facendo nel corso degli ultimi 20 anni. Così invece dicono: ‘No, non è una Guerra Fredda’ “.

“Ecco il mio prossimo punto. Questa nuova Guerra Fredda ha tutte le potenzialità per essere ancora più pericolosa della precedente Guerra Fredda durata 40 anni, per diversi motivi. Prima di tutto, pensate a questo. L’epicentro della precedente Guerra Fredda era a Berlino, lontano dalla Russia. C’era una vasta zona cuscinetto tra la Russia e l’Occidente nell’Europa orientale.”

“Oggi, l’epicentro si trova in Ucraina, letteralmente ai confini della Russia. E’ stato il conflitto ucraino che l’ha iniziata, e politicamente l’Ucraina rimane una bomba a orologeria. Il confronto odierno non è solo sui confini della Russia, ma è nel cuore della ‘civiltà slava’ russo-ucraina. Questa è una guerra civile, in qualche modo tanto profonda quanto la guerra civile americana.”

Cohen ha continuato: “Il mio prossimo punto: è ancora peggio – si ricorderà che dopo la crisi missilistica cubana, Washington e Mosca hanno sviluppato alcune regole di reciproca condotta. Hanno visto quanto sono andati pericolosamente vicini ad una guerra nucleare, così hanno adottato dei “tabù”, che fossero codificati da trattati o in intese non ufficiali. Ognuna delle parti sapeva dove era la “linea rossa” dell’altra. Entrambe le parti ci sono inciampate sopra in alcune occasioni, ma si sono tirate subito indietro perché c’era la reciproca comprensione sull’esistenza di linee rosse.”

“Oggi non ci sono linee rosse. Una delle cose che Putin e il suo predecessore, il Presidente Medvedev, continuano a dire a Washington è: state attraversando la nostra linea rossa! E Washington ha detto e continua a dire, ‘Voi non avete linee rosse. Noi abbiamo linee rosse e possiamo avere tutte le basi che vogliamo lungo i vostri confini, ma voi non potete avere basi in Canada o in Messico. Le vostre linee rosse non esistono’. Questo dimostra chiaramente che oggi non ci sono regole comuni di condotta.”

“Un altro punto importante: oggi negli Stati Uniti non c’è assolutamente alcuna forza politica o movimento organizzato anti-Guerra Fredda o Pro-Distensione – non nei nostri partiti politici, non alla Casa Bianca, non nel Dipartimento di Stato, non nei media mainstream, non nelle università o nei think tank…non esiste niente di tutto questo oggi…”

“Il mio prossimo punto è una domanda: chi è responsabile di questa nuova guerra fredda? Non faccio questa domanda perché voglio puntare il dito contro qualcuno. La posizione dell’ establishment mediatico americano attuale è che questa nuova guerra fredda è tutta colpa di Putin – tutto, tutto. Noi in America non abbiamo fatto niente di male. In ogni fase, siamo stati virtuosi e saggi e Putin era aggressivo e cattivo. E quindi, che cosa c’è da ripensare? E’ Putin che deve ripensare tutto, non noi.”

Queste due narrazioni, la narrazione della Guerra Fredda, e il successivo “spin” dei neocon in proposito: ad esempio la formulazione di Bill Kristol (nel 2002), che proprio per la sua vittoria nella Guerra Fredda, l’America poteva, e doveva, diventare il “benevolo egemone globale“, “garantire e sostenere il nuovo ordine mondiale scritto dall’America” – una “frittata che non può essere fatta senza rompere le uova“- convergono e si fondono in Siria, nelle persone del presidente Assad e del Presidente Putin.

Il presidente Obama non è neocon, ma è costretto dal retaggio dell’egemonia globale, che egli deve sostenere, pena l’essere etichettato come l’arci-catalizzatore del declino americano. E il presidente è anche circondato dai predicatori della “responsabilità della sicurezza“, come Samantha Power, che sembrano aver convinto il presidente che la cacciata del “tiranno” Assad avrebbe forato e sgonfiato il palloncino del jihadismo wahabita, consentendo ai jihadisti “moderati” come Ahrar al-Sham di finir di distruggere il pallone bucato dell’ISIS.

In pratica, la cacciata imposta del presidente Assad rafforzerà l’ISIS, invece di farlo implodere, e le conseguenze si propagheranno in tutto il Medio Oriente – e non solo. Il presidente Obama privatamente può comprendere la natura e i pericoli della rivoluzione culturale wahabita, ma sembra aderire alla convinzione che tutto cambierà solo se il presidente Assad si dimette. Gli Stati del Golfo hanno detto la stessa cosa del Primo Ministro Nuri al-Maliki in Iraq. Se ne è andato (per ora), ma cosa è cambiato? L’ISIS diventato è più forte.

Naturalmente se pensiamo all’ISIS come il male, deciso alla strage insensata e bizzarra, “quale stupido compito ovviamente [sarebbe] pensare ai veri motivi dei nemici. Dopo tutto, farlo equivarrebbe a trattarli come esseri umani, con obiettivi umani che scaturiscono dalla storia. Sarebbe come provar compassione  per il diavolo. Naturalmente“, continua il Professore Chernus,”questo significa che, qualunque cosa si possa pensare delle loro azioni, in genere ignoriamo una quantità di prove che i combattenti dello Stato Islamico potrebbero essere più umani o avere motivazioni più comprensibili. “

Infatti, l’ISIS e le altre forze del Califfato hanno ben chiare motivazioni umane e degli obiettivi politici chiaramente articolati, e nessuno di questi è in alcun modo coerente con il tipo di Stato siriano che l’America dice di volere per la Siria. Ciò riflette precisamente il pericolo di diventare ostaggio di una certa narrativa, piuttosto che essere disposti a esaminare più criticamente il quadro concettuale prevalente.

L’America si trova lontano dalla Siria e dal Medio Oriente, e come fa notare il professor Stephen Cohen, “purtroppo, i resoconti odierni sembrano indicare che la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato stanno pensando in primo luogo a come contrastare le azioni della Russia in Siria. Sono preoccupati, è stato riferito, che la Russia stia indebolendo la leadership americana nel mondo. “

Si tratta di un meme di perpetua insicurezza nazionale, di continue paure sulla posizione dell’America e sulle minacce a questa posizione, suggerisce il professor Chernus.

Ma l’Europa non è “lontana”; si trova alle porte della Siria. E’ anche vicina alla Russia. E a questo proposito, vale la pena riflettere sull’ultimo punto del professor Cohen: la riluttanza di Washington a consentire alla Russia un qualsiasi rafforzamento alla sua posizione in Europa, o nel non-Occidente, attraverso la sua iniziativa strategica per sconfiggere il jihadismo wahabita in Siria, non è solo giocare con il fuoco in Medio Oriente. Si sta giocando con il fuoco di un pericolo ancora maggiore: fare entrambe le cose allo stesso tempo sembra straordinariamente avventato.

Cohen aggiunge:”[Ha preso piede] l’idea falsa che la minaccia nucleare si sia conclusa con l’Unione Sovietica: in realtà, la minaccia è diventata più varia e difficile. Questo è qualcosa che l’élite politica ha dimenticato. Dire che i pericoli nucleari del precedente periodo della Guerra Fredda non sono più esistiti dal 1991 è stato un altro cattivo servizio dell’amministrazione Clinton (e in una certa misura del primo presidente Bush nella sua campagna di rielezione). La realtà è che la minaccia è cresciuta, per disattenzione o per caso, e ora è più pericolosa che mai. ”

Mentre l’Europa diventa complice nell’aumentare le varie pressioni sulla Russia in Siria – economicamente attraverso sanzioni e altre misure finanziarie, in Ucraina e Crimea, e attirando il Montenegro, la Georgia e i Baltici verso la NATO – forse dovremmo contemplare il paradosso che la determinazione della Russia nel tentare di evitare la guerra sta portando alla guerra.

La chiamata della Russia alla cooperazione con gli Stati occidentali contro il flagello dell’ISIS, le sue risposte di basso profilo e le risposte attentamente calibrate a tali provocazioni, come l’agguato al bombardiere SU-24 in Siria, la calma retorica del Presidente Putin, tutto questo sta venendo usato da Washington e Londra per dipingere la Russia come una “tigre di carta”, di cui non c’è bisogno di aver paura.

In breve, alla Russia viene offerta solo una scelta binaria: accondiscendere all’egemone “benevolo”, o prepararsi alla guerra.

 

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