Fonte: El Salmón Contracorriente

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7 febbraio 2016

 

Cittadini sconnessi dalla realtà

di José Luis Vicente Vicente

Borsista presso il Dipartimento di Biologia ed Ecologia dell’Università di Jaén in Andalusia

 

Provate a chiedere a dei ragazzini da dove viene l’elettricità. E’ probabile che vi rispondano che viene dalla presa di corrente. Così l’acqua viene dal rubinetto e il cibo dal supermercato. In compenso, magari, avremo loro insegnato a risolvere le equazioni di secondo grado. D’altra parte, siamo abituati ad andare sempre nei negozi e comprare ciò che ci serve e a rivolgerci ad altri affinché riparino ciò che si è guastato. Il sistema capitalista-consumista si basa sulla creazione di cittadini che sappiano molto ma di pochissimi argomenti. Quanti di noi saprebbero invece essere autosufficienti? Quanti sanno coltivare un orto? Abbiamo lasciato la nostra alimentazione nelle mani di imprese che non pensano a nutrirci in maniera sana ma a farci consumare fino al nostro limite e a generare il loro massimo guadagno. Per fortuna, molte cose stanno cambiando e ci sono sempre più iniziative che cercano di invertire questa situazione.

 

Immaginiamo che all’improvviso succeda una catastrofe a livello planetario: all’improvviso tutto è distrutto. Non si può più andare in un negozio a comprare cibo né vestiario, non c’è più elettricità né combustibile. E allora viene in mente una domanda terrificante: “E come faccio per…?”. Saremmo in grado di sopravvivere a questa situazione? Quali cose sapremmo fare e quali no?

Nel mio caso, la maggior parte delle cose, non saprei farle. Siamo abituati ad andare in un negozio e comprare direttamente qualcosa e al fatto che altre persone si incaricano di riparare ciò che si è rotto. Inoltre, sempre di più, quello che acquistiamo o è piuttosto sofisticato, come la tecnologia, oppure viene sempre più spesso predisposto in modo tale che dobbiamo fare solo un minimo sforzo, come nel caso del cibo precotto. Questo ci disconnette progressivamente dal nostro ambiente.

Il caso dell’agricoltura è il più scottante. Per sopravvivere, l’unica cosa che serve all’essere umano è mangiare e bere. Quanti di noi saprebbero coltivare un orto per essere autosufficienti? In mano di chi abbiamo lasciato la nostra alimentazione? Abbiamo la capacità di decidere cosa vogliamo mangiare? Conosciamo il significato di tutti gli ingredienti del cibo che mangiamo ogni giorno?

Probabilmente la risposta è negativa per quasi tutte queste domande: è una cosa comune per l’immensa maggioranza della società. Mentre si è assorti nel lavoro, che ci porta via gran parte del nostro tempo, altri si dedicano a prepararci il pranzo e la cena, ad alimentarci con quello che loro decidono che dobbiamo mangiare. In tal modo, probabilmente non sappiamo che quei prodotti “light” che assumiamo per evitare di ingrassare, contengono aspartame, conosciuto anche come E 951, che può provocare disturbi neurologici e cancro. Probabilmente non sappiamo nemmeno che molti altri prodotti contengono esaltatori di sapidità, come il glutammato monosodico, conosciuto anche come E 621 (presente nei cibi fritti, snack, salse, condimenti, sottaceti, carni e derivati di pesce), neurotossico e i cui potenziali effetti vanno dal disturbo bipolare all’Alzheimer. Quest’ultimo additivo, oltre a potenziare il sapore, impedisce che nel nostro corpo si generi una sensazione di sazietà e quindi ci porta a continuare a mangiare. Questi sono solo due esempi di come abbiamo lasciato la nostra alimentazione completamente nelle mani di alcune imprese il cui obiettivo non è nutrirci in maniera sana, bensì quello di farci consumare fino al nostro limite e generare quindi il loro massimo guadagno.

Qualche anno fa, mentre in una scuola facevo il tirocinio per l’insegnamento di educazione ambientale, mi sono reso conto che la cosa peggiore non è che noi, che abbiamo visto come i nostri nonni e genitori coltivavano la terra o preparavano pasti “fatti in casa”, stiamo perdendo la connessione con l’ambiente: la cosa peggiore è che le generazioni future non hanno nemmeno mai avuto questa connessione. Questo è quanto è successo: abbiamo chiesto agli alunni del 6° anno della scuola primaria se sapevano da dove veniva l’elettricità. La risposta ci ha raggelati: “L’elettricità viene dalla presa di corrente“. Questa è l’unica conoscenza che avevano. E lo stesso si è verificato con l’acqua potabile o il cibo. Insegniamo ai nostri figli a risolvere equazioni di secondo grado mentre non sanno che un’oliva non si può mangiare direttamente dall’albero oppure che frutta e verdura si producono in ogni momento dell’anno. Per fortuna, ci sono sempre più iniziative che cercano di invertire questa situazione, come è il caso degli orti scolastici.

 

Un esempio di disconnessione quasi totale è la bolletta elettrica, impossibile da decifrare. Nessuno ci dirà che probabilmente abbiamo un contratto che prevede una fornitura elettrica, in casa, superiore a quella realmente necessaria e pertanto stiamo pagando di più rispetto a quanto corrisponderebbe il consumo. Non ci verrà nemmeno ricordato che l’energia si produce con risorse naturali che sono di tutti, che sono un bene comune. Utilizzano il vento e l’acqua dei nostri fiumi per produrre un’elettricità che poi paghiamo a caro prezzo, come se l’acqua e il vento fossero proprietà privata.

Il sistema capitalista-consumista si basa sulla creazione di cittadini che sappiano molto di pochissimo, e questo, nel migliore dei casi, affinché lavorino nel loro piccolo campo di conoscenza e non si chiedano nulla che non sia relazionato al loro lavoro. Creare pedine che si muovono al ritmo dettato dai loro capi. Non chiedersi nulla, perché “tutto è molto complicato” o perché “tu da solo non puoi fare nulla”, per citare due delle risposte più comuni. In pratica, l’obiettivo è quello di creare cittadini disconnessi dalla realtà e dall’ambiente, incapaci di vivere in forma autosufficiente, affinché loro (le multinazionali in connivenza con il potere politico) possano venire in aiuto quando abbiamo bisogno di qualcosa, vale a dire, costantemente. In questo modo, si crea un sistema perverso basato sulla disinformazione e sull’estrema competitività, nel quale vincono sempre quelli che si trovano già in una posizione di superiorità.

In questo modo, e incapaci di avere una visione globale e trasversale dei problemi che colpiscono la società, continueremo a vivere nella nostra piccola isola al sicuro da qualsiasi inconveniente che può verificarsi nei dintorni. Fino a che non arriva lo tsunami.

 

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