Fonte: The Independent

http://znetitaly.altervista.org

30 marzo  2016

 

Truppe di terra statunitensi tornano in Iraq dato che una divisione irachena si nasconde sulle montagne

di Patrick Cockburn

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La settimana scorsa è stato annunciato improvvisamente che l’esercito iracheno stava riprendendo del territorio alle forze dello stato islamico in ciò che era presentato come un primo passo nell’offensiva per riconquistare la città di Mosul. Sembrava che  il Califfato auto-dichiaratosi,  stesse frantumando ed era una notizia particolarmente gradita dato che coincideva con le bombe dell’attentato suicida dell’Isis a Bruxelles. Il messaggio era che l’Isis poteva essere in grado di massacrare dei civili in Europa, ma che veniva sconfitta in Iraq e in Siria nel loro proprio territorio.

Ero particolarmente interessato all’attacco perché due mesi fa ero stato con i Peshmerga curdi dell’Iraq a Makhmour, la città sulla linea del fronte tra Mosul e la capitale curda, Erbil, dove si diceva che avesse avuto luogo l’offensiva condotta dalla 15a Divisione dell’Esercito iracheno. All’epoca, i locali comandanti curdi dicevano che c’erano pochi combattimenti e che non si aspettavano che un’offensiva per riprendere Mosul che l’Isis aveva preso nel giugno 2014, sarebbe avvenuta in tempi brevi. Varie settimane dopo, in febbraio, stavo viaggiando sulla strada principale tra Baghdad e Kirkuk, quando fui trattenuto da un grande convoglio di veicoli militari che procedevano verso nord. Chiesi che cosa succedeva e mi risposero che era la 15° divisione diretta a Makhmour con l’intenzione a lungo termine di partecipare a un assalto a Mosul condotto da un esercito iracheno e dai Pesmerga curdi. Non sembrava che fosse imminente dato che non vedevo alcun carro armato e che la maggior parte dei veicoli erano Humvee non blindati (“Veicolo multifunzione su ruote ad alta mobilità”)  o blindati in modo leggero.

Di ritorno a Baghdad, chiesi a vari importanti ufficiali circa la riconquista di Mosul e tutti sminuivano l’idea che questo sarebbe accaduto prima della fine del 2016. Può darsi che ne sapessero di più di quello che dicevano circa quello che era successo alla 15a divisione  (si dice fosse di 4.500 soldati e che fosse una delle migliori unità dell’esercito iracheno), nei giorni immediatamente successivi a quello in cui l’avevo vista sulla strada.

Quello che accadde davvero a Makhmour è significativo perché dimostra la prolungata debolezza delle forze armate irachene e anche la misura in cui le truppe militari statunitensi stanno tornando sul campo di battaglia in Iraq in numeri sempre maggiori di quelli che l’amministrazione Obama sia stati disponibile ad ammettere.

La 15a divisione ha di fatto stabilito una base vicino a Makhmour dove il suo arrivo è stato salutato dal Ministro della Difesa Khalid al-Obaidi. Nancy Youssef, però, scrivendo su The Daily Beast (un sito americano di notizie e opinioni, n.d.t.)  cita tre ufficiali della difesa statunitense che dicono che i soldati iracheni avevano poi subito un attacco prolungato da parte dei combattenti dell’IS ed erano poi fuggiti sulle montagne, abbandonando in gran parte la loro base. Si cita uno degli ufficiali che ha detto che “si dispersero sulle montagne per un eccesso di prudenza.” Soltanto poche unità del quartier generale rimasero trincerate nella base.

A questo punto, le forze armate statunitensi presero l’importante decisione di mandare le proprie truppe a sostenere le forze irachene dentro e intorno a Makhmour. Senza alcuna ammissione pubblica e senza neanche dirlo alle famiglie dei soldati americani coinvolti,  inviarono 200 Marine dell’Unità di Spedizione dei Marine con quattro unità di artiglieria nella loro base oramai in gran parte abbandonata. Il loro arrivo era completamente il contrario dell’impressione che il Pentagono aveva in precedenza dato, cioè che i soldati statunitensi in Iraq sono in numero limitato e non impegnati in compiti   di combattimento in prima linea. Sebbene i Marine fossero a    portata di missile dell’Isis, a 10 miglia di distanza, non erano stati aggiunti alla  lista ufficiale statunitense di 3.870 soldati in Iraq perché si  presumeva  che fossero lì in assegnazione temporanea.

Forse il pubblico statunitense non ha saputo che i loro soldati erano tornati in Iraq per difendere una base di fuoco, ma certamente l’Isis aveva osservato l’arrivo dei Marine e dell’artiglieria. Cominciarono a sparare missili contro la base e uno di questi colpì un bunker il 19 marzo, uccidendo il  Sergente Maggiore Louis Cardin, un marine di californiano di 27 anni, e ferendo altri 8 Marine, tre di loro gravemente. Due giorni dopo fecero un attacco di terra in cui due combattenti dell’Isis furono uccisi.

A questo punto, il Pentagono fu costretto a diventare più aperto riguardo a dove si trovava il Sergente Cardin quando era morto e ad ammettere che i Marine non stavano operando soltanto in appoggio all’esercito iracheno e ai Peshmerga.

Lo scopo di inviare un’unità di Marine in un luogo così pericoloso era di sollevare il morale della 15a Divisione e in una certa misura la cosa è riuscita. Anche se gli ufficiali statunitensi della Difesa parlavano delle truppe irachene che fuggivano sulle montagne, forse intendevano  il crinale delle ripide colline situate dietro Makhmour e non le montagne più a nord. Giovedì scorso truppe irachene appoggiate dall’artiglieria dei Marine e dagli attacchi aerei fatti eseguiti dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, hanno catturato tre villaggi abbandonati sulla linea del fronte dopo un’avanzata di meno di un miglio.

L’episodio non è di buon auspicio per un attacco di successo per riprendere Mosul quest’anno. L’esercito iracheno non si è mai realmente riunito di nuovo fin dalla sua sconfitta del 2014 a opera dell’Isis nell’Iraq settentrionale e occidentale. Sebbene avesse riconquistato Ramadi, capitale della provincia di Anbar che aveva perduto lo scorso maggio, la città è in gran parte in rovina, con 5.700 edifici distrutti o danneggiati dagli attacchi aerei. Le forze di terra irachene coinvolte erano limitate di numero e in gran parte agivano come forza di rastrellamento. Questo è un segno infausto per qualsiasi futuro attacco a Mosul, dato che l’Isis è probabile che combatta per questo fino all’ultimo uomo e dato che potrebbe essere sconfitta soltanto se tutti gli edifici della città  fossero sistematicamente distrutti dalla potenza aerea statunitense come era accaduto un ano fa a Kobane.

La notizia dei 200 Marines di Makhmour e la fuga della 15a Divisione spiega di più che soltanto la fragilità delle forze armate irachene. Sottolinea il grado in cui gli Stati Uniti hanno già truppe da combattimento in Iraq, mentre per tutto il tempo sostenevano che non c’erano “truppe sul terreno”. Il Sergente Cardin non era ufficialmente neanche in Iraq quando è morto perché era uno dei 1.470 dipendenti in servizio che era soltanto temporaneamente in Iraq. Insieme ai 3.870 ufficialmente lì, e ai 1.100 contractor che lavorano per il Pentagono in Iraq e che sono cittadini statunitensi, il totale è di oltre 6.400.

Le forze armate statunitensi si sono vantate di come le loro forze speciali la settimana scorsa  avessero  ucciso il direttore finanziario dell’Isis, Haji Iman, e non c’è dubbio che l’Isis sia sotto estrema pressione in Iraq. In Siria, l’esercito siriano appoggiato dagli attacchi aerei russi sta per riprendere Palmira, mentre i curdi siriani si sono spinti verso la provincia di Hasakah nel nordest del paese. Tutto ciò fa più impressione su una mappa di scala ridotta quando si viaggia per ore  costeggiando  la linea del fronte dell’Isis in Iraq e in Siria che un generale dei Peshmerga ha calcolato sia lunga 3.700 km. Le affermazioni che l’Isis stia perdendo il controllo di importanti strade e di vie per i rifornimenti,  sono meno significative di quanto sembri perché i camionisti  in Medio Oriente sono esperti nell’uso di piste improvvisate  per evitare gli ostacoli.

La velocità con cui l’Isis ha reagito all’arrivo della 15a Divisione e dei Marines americani a Makhmour, dimostra che non sono affatto una forza sfinita, che i loro nemici sono più deboli di quanto sembri e che il Califfato è ancora lontano da una sconfitta finale.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://zcomm.org/znetarticle/us-ground-troops-are-back-in-iraq-as-iraqi-division-hides-in-the-mountains/

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