Tratto da alainet.org

http://comune-info.net/

12 settembre 2016

 

Quella specie è dannosa, va estinta

di Silvia Ribeiro

Traduzione di Daniela Cavallo

 

Chi detiene il diritto e il potere di decidere che una certa specie è dannosa e dunque va estinta? Quali conseguenze si producono sulle catene alimentari e gli ecosistemi? Sembra fantascienza ma non lo è affatto. L’arma per estinguere le specie già esiste, è un prototipo ma il suo sviluppo procede a ritmi vertiginosi. È una costruzione transgenica che “inganna” la natura affinché le specie che si riproducono sessualmente (piante, insetti, animali, umani) trasmettano forzatamente un gene estraneo a tutte le generazioni successive. L’industria biotecnologica e i soliti colossi dell’agrobusiness sono fermamemente decisi a imporre un rapido sviluppo del prototipo e, fregandosene altamente dei principi di cautela e di ogni considerazione etica o ecologica, raccontano che sarà un mezzo per conservare la natura, cioè per eliminare le erbe infestanti o gli animali antipatici. Silvia Ribeiro, ricercatrice del gruppo Etc e collaboratrice di Comune-info, chiede di firmare una lettera perché sia imposta una immediata moratoria.

 

Se si potessero estinguere delle specie che un’impresa o un’istituzione considera dannose, sarebbe giustificato farlo? Chi lo decide? Che effetti avrebbe sulle catene alimentari e sugli ecosistemi? L’arma già esiste e, sebbene sia un prototipo, il suo sviluppo procede a un ritmo vertiginoso, lasciando molto indietro qualsiasi regolamentazione di biosicurezza e le considerazioni ecologiche, etiche, sociali o economiche della gran parte delle persone.

Al fine di portare avanti questo enorme rischio tecnologico, l’industria biotecnologica ha cambiato tattica. Qualche ONG internazionale promuove questa nuova biotecnologia come mezzo per la “conservazione della natura”, propongono di utilizzarla per estinguere le specie invasive: topi, insetti, erbe infestanti. Hanno anche presentato una mozione al Congresso mondiale dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che si riunisce dal primo al 10 settembre nelle Hawaii, per adottare la biologia sintetica come strumento di conservazione.

Di fronte a questo, 30 personalità del campo scientifico, ambientalisti avvocati, leader indigeni e altri, hanno pubblicato un appello per porre fine a queste proposte e alla tecnologia “gene drive”(1). Tra i firmatari – oltre a Jane Goodall, David Suzuki, Vandana Shiva, Víctor Toledo, Alejandro Nadal – ci sono Elena Álvarez-Buylla, messicana, presidente della Unión de Científicos Comprometidos con la Sociedad, e Angelika Hilbeck, tedesca, presidente dell’European Network of Scientists for Social and Environmental Responsibility (ENSSER).

La dottoressa Hilbeck, entomologa, ha fatto presente che “i gene drives sono una tecnologia che mira a sterminare le specie. Sebbene a qualche esperto ambientalista possa sembrare una “buona soluzione” per situazioni complesse, ci sono alti rischi di conseguenze non intenzionali, che potrebbero essere peggiori del problema che si propongono di risolvere”.

(www.synbiowatch.org/gene-drives-iucn-pr).

La “trasmissione genica” o, in inglese, “gene drives”, si basa su una tecnologia talmente nuova che ancora non esiste una traduzione concordata. È una costruzione transgenica che “inganna” la natura affinché le specie che si riproducono sessualmente (piante, insetti, animali, umani) trasmettano forzatamente un gene estraneo a tutte le generazioni successive.

È una procedura biotecnologica per distruggere il vantaggio sviluppato in milioni di anni di co-evoluzione delle specie con la riproduzione sessuale. Normalmente, la progenie eredita il 50 per cento dell’informazione genetica di ciascun progenitore, cosa che nelle generazioni successive facilita agli organismi l’eliminazione di geni che non sono utili o che gli sono estranei. Con i gene drives, il costrutto artificiale progettato con la tecnologia CRISPR-Cas9 taglia/inserisce nuove sequenze ed elimina il gene corrispondente apportato dall’altro progenitore, garantendo così che, alla fine, il gene introdotto sia presente in tutta la specie (maggiori informazioni su http://tinyurl.com/hp2gph5)

Nel caso in cui si tratti di una modificazione affinché la progenie sia di un solo sesso, la specie si estinguerebbe. Questo è proprio ciò che si propone il progetto GBIRd (Genetic Biocontrol on Invasive Rodents), guidato dal gruppo Island Conservation, che sviluppa roditori manipolati con gene drives affinché possano procreare solamente topi maschi. Vogliono liberarli sull’isola nel 2020 con il fine di eliminare i topi che recano danno agli uccelli. Un altro progetto (del gruppo Revive and Restore) vuole rilasciare nelle Hawaii, zanzare con gene drives per estinguerle attraverso la stessa procedura, sostenendo che trasmettono la malaria aviaria che colpisce gli uccelli nativi. Questo, nonostante gli uccelli abbiano iniziato a sviluppare una resistenza naturale a questa malattia.

L’approccio è ristretto ed erroneo, perché non tocca le cause, le condizioni e le interazioni in cui si sviluppano le presunte specie “dannose”, che pertanto continueranno a sorgere o saranno rimpiazzate da altre con la stessa funzione. Nel caso del GBIRd, si tratta di manipolare topi comuni, per cui la ricaduta di rischi sulla specie, sugli altri roditori affini e sul ruolo che svolgono nei diversi ecosistemi, è di un’ampiezza enorme e impossibile da controllare. Questo non è molto diverso nel caso delle zanzare; l’eliminazione di un tipo di zanzara -se fosse possibile- aprirà la strada ad altre che diventeranno vettori di malattia, forse molto più difficili da controllare.

Per questa e altre ragioni, 71 governi e 355 ONG che fanno parte della IUCN [Unione Mondiale per la Conservazione della Natura], invece di appoggiare l’uso della biologia di sintesi, hanno votato un emendamento a detta mozione, stabilendo all’interno della IUCN una moratoria de facto al sostegno o all’appoggio della ricerca, degli esperimenti sul campo e dell’uso di gene drives, fino a quando non vengono analizzati in profondità e valutati i loro impatti sulla biodiversità e su altri aspetti. (http://tinyurl.com/hht8byo).

Non si pensa all’uso dei gene drives solamente per la conservazione; le multinazionali dell’agrobusiness lo promuovono come un modo per eliminare le erbacce, far regredire la resistenza delle erbe invasive agli agrotossici delle coltivazioni transgeniche, al fine di aumentare il loro uso. Il fatto che venga data maggiore importanza mediatica quale strumento per la conservazione o per prevenire le malattie, è anch’essa una manipolazione per evitare che vengano associati con il diffuso rifiuto globale verso le coltivazioni transgeniche.

È urgente ampliare il dibattito sugli utilizzi, i rischi e gli impatti della biologia di sintesi e soprattutto dei gene drives, sui quali si deve stabilire una rigida moratoria internazionale che prevenga qualsiasi liberalizzazione. Per cominciare, qui si può aggiungere la propria firma alla lettera menzionata http://tinyurl.com/jm4t6bg

anche qui: http://www.synbiowatch.org/gene-drives-letter/

 

Note 

(1) I gene drives sono sistemi genetici che eludono le tradizionali regole della riproduzione sessuale e aumentano enormemente le possibilità che il drive venga trasmesso alla progenie. Questo porta alla trasmissione di specifiche alterazioni genetiche all’interno di particolari popolazioni d’insetti o altri organismi nell’arco di alcune generazioni

 

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