L'Osservatore Romano", anno CLVI, n. 216

21 settembre 2016

 

La vergogna della guerra

di Papa Francesco

 

Meditazione mattutina nella cappella della domus Sanctae Marthae di martedi' 20 settembre 2016

 

"Oggi, uomini e donne di tutte le religioni, ci recheremo ad Assisi non per fare uno spettacolo: semplicemente per pregare e pregare per la pace". Prima di partire per la citta' di san Francesco, il Papa ha voluto riaffermare il senso del pellegrinaggio, celebrando la messa martedi' mattina, 20 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta. "Ho scritto una lettera a tutti i vescovi del mondo - ha affermato - perche' nella loro diocesi si facciano oggi raduni di preghiera, invitando i cattolici, i cristiani, i credenti e tutti gli uomini e le donne di buona volonta', di qualsiasi religione, a pregare per la pace".

Cosi' "oggi il mondo avra' il suo centro ad Assisi, ma sara' tutto il mondo a pregare per la pace" ha detto il Pontefice, che non ha mancato di suggerire a tutti di dedicare "un po' di tempo, a casa vostra", prendendo "la Bibbia o il rosario", per pregare "per la pace, perche' il mondo e' in guerra, il mondo soffre". Questa guerra, ha spiegato Francesco, "noi non la vediamo: si avvicina a noi qualche atto di terrorismo, ci spaventiamo" ed "e' brutto, questo e' molto brutto". Ma "questo non ha niente a che fare con quello che succede in quei Paesi, in quelle terre dove giorno e notte le bombe cadono e cadono, cadono, e uccidono bambini, anziani, uomini, donne: tutto!".

"Dio, Padre di tutti, di cristiani e di non cristiani - Padre di tutti - vuole la pace" ha affermato il Papa, aggiungendo: "Siamo noi, gli uomini, sotto la tentazione del maligno, che facciamo le guerre per guadagnare soldi, per prendere piu' territorio". Oggi, ha proseguito, "nel mondo si soffre tanto per la guerra e tante volte possiamo dire: 'Grazie a Dio, a noi non tocca!'". Ed e' bene che "ringraziamo - ha aggiunto - ma pensiamo anche agli altri", a tutti coloro che invece sono colpiti dalla guerra.

Facendo riferimento alla prima lettura proposta dalla liturgia - tratta dal libro dei Proverbi (21, 1-6.10-13) - Francesco ne ha rilanciato in particolare l'espressione conclusiva: "Chi chiude l'orecchio al grido del povero, invochera' a sua volta e non otterra' risposta". E cosi', ha spiegato, "se noi oggi chiudiamo l'orecchio al grido di questa gente che soffre sotto le bombe, che soffre lo sfruttamento dei trafficanti di armi, puo' darsi che quando tocchera' a noi non otterremo risposte".

In questa prospettiva il Papa ha rilanciato il suo appello: "Non possiamo chiudere l'orecchio al grido di dolore di questi fratelli e sorelle nostri che soffrono per la guerra". E ha messo anche in guardia dall'idea che si tratti di discorsi che non ci riguardano: "La guerra e' lontana? No, e' vicinissima!" ha affermato. "Perche' la guerra - ha spiegato - tocca tutti, anche la guerra incomincia nel cuore: per questo dobbiamo pregare oggi per la pace", chiedendo "che il Signore ci dia pace nel cuore, ci tolga ogni voglia di avidita', di cupidigia, di lotta".

"Pace, pace!" e' il grido che il Papa ha voluto ripetere. Con l'auspicio "che il nostro cuore sia un cuore di uomo o di donna di pace", pronto ad andare "oltre le divisioni delle religioni - tutti, tutti, tutti! - perche' tutti siamo figli di Dio". E "Dio e' Dio di pace, non esiste un dio di guerra: quello che fa la guerra e' il maligno, e' il diavolo, che vuole uccidere tutti".

Il Pontefice ha invitato espressamente a pensare "oggi non solo alle bombe, ai morti, ai feriti, ma anche alla gente - bambini e anziani - alla quale non puo' arrivare l'aiuto umanitario per mangiare; non possono arrivare le medicine". E "sono affamati, ammalati perche' le bombe impediscono" loro di avere il cibo e le cure necessarie. E "mentre noi oggi preghiamo, sarebbe bello che ognuno di noi senta vergogna che gli umani, i nostri fratelli, siano capaci di fare questo".

Oggi dunque, ha rilanciato Francesco, deve essere veramente una "giornata di preghiera, di penitenza, di pianto per la pace; una giornata per sentire il grido del povero". Questo grido "che ci apre il cuore alla misericordia, all'amore e ci salva dall'egoismo". In conclusione il Papa ha voluto ringraziare coloro che risponderanno al suo invito "per tutto quello che farete per questo giorno di preghiera e di penitenza per la pace".

Dal sito del Vaticano riprendiamo il testo della meditazione svolta da papa Francesco ad Assisi martedì 20 settembre 2016

 

Una meditazione ad Assisi

di Papa Francesco

 

Di fronte a Gesu' crocifisso risuonano anche per noi le sue parole: "Ho sete" (Gv 19,28). La sete, ancor piu' della fame, e' il bisogno estremo dell'essere umano, ma ne rappresenta anche l'estrema miseria. Contempliamo cosi' il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini.

Di che cosa ha sete il Signore? Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto ha sete di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l'acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore. Il profeta Geremia ha espresso il compiacimento di Dio per il nostro amore: "Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza, dell'amore al tempo del tuo fidanzamento" (Ger 2,2). Ma ha dato anche voce alla sofferenza divina, quando l'uomo, ingrato, ha abbandonato l'amore, quando - sembra dire anche oggi il Signore - "ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si e' scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua" (Ger 2,13). E' il dramma del "cuore inaridito", dell'amore non ricambiato, un dramma che si rinnova nel Vangelo, quando alla sete di Gesu' l'uomo risponde con l'aceto, che e' vino andato a male. Come, profeticamente, lamentava il salmista: "Quando avevo sete mi hanno dato aceto" (Sal 69,22).

"L'Amore non e' amato": secondo alcuni racconti era questa la realta' che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta (cfr Fonti Francescane, n. 1413). Questa stessa realta' ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunita', vicino al Crocifisso, fosse scritto "Ho sete". Estinguere la sete d'amore di Gesu' sulla croce mediante il servizio ai piu' poveri tra i poveri e' stata la sua risposta. Il Signore e' infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, e' consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamera' "benedetti" quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli piu' piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Le parole di Gesu' ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo "Ho sete" possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui e' preclusa la luce di questo mondo, l'accorata supplica dei poveri e dei piu' bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l'ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete. Ma a loro viene spesso dato, come a Gesu', l'aceto amaro del rifiuto. Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell'indifferenza, l'egoismo di chi e' infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilita' con cui cambia un canale in televisione.

Di fronte a Cristo crocifisso, "potenza e sapienza di Dio" (1 Cor 1,24), noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell'Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male e' stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere "alberi di vita", che assorbono l'inquinamento dell'indifferenza e restituiscono al mondo l'ossigeno dell'amore. Dal fianco di Cristo in croce usci' acqua, simbolo dello Spirito che da' la vita (cfr Gv 19,34); cosi' da noi suoi fedeli esca compassione per tutti gli assetati di oggi.

Come Maria presso la croce, ci conceda il Signore di essere uniti a Lui e vicini a chi soffre. Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal Crocifisso Risorto, cresceranno ancora di piu' l'armonia e la comunione tra noi. "Egli infatti e' la nostra pace" (Ef 2,14), Egli che e' venuto ad annunciare la pace ai vicini e ai lontani (cfr Ef 2,17). Ci custodisca tutti nell'amore e ci raccolga nell'unita', nella quale siamo in cammino, perche' diventiamo quello che Lui desidera: "una sola cosa" (Gv 17,21).

Dal sito del Vaticano riprendiamo il testo del discorso tenuto da papa Francesco ad Assisi martedi' 20 settembre 2016

 

Un discorso ad Assisi

di Papa Francesco

 

Vostre Santita',

illustri Rappresentanti delle Chiese, delle Comunita' cristiane e delle Religioni,

cari fratelli e sorelle!

Vi saluto con grande rispetto e affetto e vi ringrazio per la vostra presenza. Ringrazio la Comunita' di Sant'Egidio, la Diocesi di Assisi e le Famiglie Francescane che hanno preparato questa giornata di preghiera. Siamo venuti ad Assisi come pellegrini in cerca di pace. Portiamo in noi e mettiamo davanti a Dio le attese e le angosce di tanti popoli e persone. Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perche' la pace e' dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto.

"Beati gli operatori di pace" (Mt 5,9). Molti di voi hanno percorso un lungo cammino per raggiungere questo luogo benedetto. Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace: non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell'animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede, esortandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l'indifferenza. E' un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosita', ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell'indifferenza.

Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un'ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e poverta'. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l'angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita e' stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell'oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c'e' nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita.

Noi non abbiamo armi. Crediamo pero' nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si e' fatta invocazione a Dio, perche' cessino guerre, terrorismo e violenze. La pace che da Assisi invochiamo non e' una semplice protesta contro la guerra, nemmeno "e' il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera" (Giovanni Paolo II, Discorso, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX,2 [1986], 1252). Cerchiamo in Dio, sorgente della comunione, l'acqua limpida della pace, di cui l'umanita' e' assetata: essa non puo' scaturire dai deserti dell'orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi.

Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza non e' motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta e' purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri. San Giovanni Paolo II in questo stesso luogo disse: "Forse mai come ora nella storia dell'umanita' e' divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace" (Id., Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1268). Continuando il cammino iniziato trent'anni fa ad Assisi, dove e' viva la memoria di quell'uomo di Dio e di pace che fu San Francesco, "ancora una volta noi, insieme qui riuniti, affermiamo che chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l'ispirazione piu' autentica e profonda" (Id., Discorso ai Rappresentanti delle Religioni, Assisi, 24 gennaio 2002: Insegnamenti XXV,1 [2002], 104), che ogni forma di violenza non rappresenta "la vera natura della religione. E' invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione" (Benedetto XVI, Intervento alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, Assisi, 27 ottobre 2011: Insegnamenti VII, 2 [2011], 512). Non ci stanchiamo di ripetere che mai il nome di Dio puo' giustificare la violenza. Solo la pace e' santa. Solo la pace e' santa, non la guerra!

Oggi abbiamo implorato il santo dono della pace. Abbiamo pregato perche' le coscienze si mobilitino a difendere la sacralita' della vita umana, a promuovere la pace tra i popoli e a custodire il creato, nostra casa comune. La preghiera e la collaborazione concreta aiutano a non rimanere imprigionati nelle logiche del conflitto e a rifiutare gli atteggiamenti ribelli di chi sa soltanto protestare e arrabbiarsi. La preghiera e la volonta' di collaborare impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficolta' e si volta dall'altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l'approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessita' dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno. La nostra strada e' quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre; di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; di percorrere con coerenza vie di bene, respingendo le scorciatoie del male; di intraprendere pazientemente, con l'aiuto di Dio e con la buona volonta', processi di pace.

Pace, un filo di speranza che collega la terra al cielo, una parola tanto semplice e difficile al tempo stesso. Pace vuol dire Perdono che, frutto della conversione e della preghiera, nasce dal di dentro e, in nome di Dio, rende possibile sanare le ferite del passato. Pace significa Accoglienza, disponibilita' al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto. Pace vuol dire Collaborazione, scambio vivo e concreto con l'altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore. Pace significa Educazione: una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell'incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignita' dell'uomo.

Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro e' vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell'odio. I credenti siano artigiani di pace nell'invocazione a Dio e nell'azione per l'uomo! E noi, come Capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace. Ci rivolgiamo anche a chi ha la responsabilita' piu' alta nel servizio dei Popoli, ai Leader delle Nazioni, perche' non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di la' degli interessi di parte e del momento: non rimangano inascoltati l'appello di Dio alle coscienze, il grido di pace dei poveri e le buone attese delle giovani generazioni. Qui, trent'anni fa San Giovanni Paolo II disse: "La pace e' un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace e' una responsabilita' universale" (Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1269). Sorelle e fratelli, assumiamo questa responsabilita', riaffermiamo oggi il nostro si' ad essere, insieme, costruttori della pace che Dio vuole e di cui l'umanita' e' assetata.

 

Dal sito del Vaticano riprendiamo il testo dell'appello lanciato da papa Francesco da Assisi martedi' 20 settembre 2016

 

Un appello da Assisi

di Papa Francesco

 

Uomini e donne di religioni diverse, siamo convenuti, come pellegrini, nella citta' di San Francesco. Qui, nel 1986, trent'anni fa, su invito di Papa Giovanni Paolo II, si riunirono Rappresentanti religiosi da tutto il mondo, per la prima volta in modo tanto partecipato e solenne, per affermare l'inscindibile legame tra il grande bene della pace e un autentico atteggiamento religioso. Da quell'evento storico, si e' avviato un lungo pellegrinaggio che, toccando molte citta' del mondo, ha coinvolto tanti credenti nel dialogo e nella preghiera per la pace; ha unito senza confondere, dando vita a solide amicizie interreligiose e contribuendo a spegnere non pochi conflitti. Questo e' lo spirito che ci anima: realizzare l'incontro nel dialogo, opporsi a ogni forma di violenza e abuso della religione per giustificare la guerra e il terrorismo. Eppure, negli anni trascorsi, ancora tanti popoli sono stati dolorosamente feriti dalla guerra. Non si e' sempre compreso che la guerra peggiora il mondo, lasciando un'eredita' di dolori e di odi. Tutti, con la guerra, sono perdenti, anche i vincitori.

Abbiamo rivolto la nostra preghiera a Dio, perche' doni la pace al mondo. Riconosciamo la necessita' di pregare costantemente per la pace, perche' la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace e' il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina nella Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa. Con ferma convinzione, ribadiamo dunque che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso.

Ci siamo posti in ascolto della voce dei poveri, dei bambini, delle giovani generazioni, delle donne e di tanti fratelli e sorelle che soffrono per la guerra; con loro diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perche' siano disinnescati i moventi delle guerre: l'avidita' di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato. Aumenti l'impegno concreto per rimuovere le cause soggiacenti ai conflitti: le situazioni di poverta', ingiustizia e disuguaglianza, lo sfruttamento e il disprezzo della vita umana.

Si apra finalmente un nuovo tempo, in cui il mondo globalizzato diventi una famiglia di popoli. Si attui la responsabilita' di costruire una pace vera, che sia attenta ai bisogni autentici delle persone e dei popoli, che prevenga i conflitti con la collaborazione, che vinca gli odi e superi le barriere con l'incontro e il dialogo. Nulla e' perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente e' impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace; da Assisi rinnoviamo con convinzione il nostro impegno ad esserlo, con l'aiuto di Dio, insieme a tutti gli uomini e donne di buona volonta'.

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