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23 gen 2016

 

Territori Occupati, tra Intifada e divisione interna

 

Nuovo attacco anti-israeliano vicino a Gerusalemme: uccisa una 13enne palestinese. Hamas, Jihad e Fronte popolare attaccano l’Ap mentre il presidente Abbas rivela: “mi sono sforzato di incontrare Netanyahu, ma lui non ha voluto”. Tel Aviv nega.

 

Roma, 23 gennaio 2016, Nena News –

 

Una giovane palestinese, Ruqayya ‘Eid Abu ‘Eid, è stata uccisa stamane dopo aver tentato di aggredire una guardia di sicurezza israeliana. Secondo la ricostruzione fornita dalla portavoce della polizia israeliana, Luba as-Samri, la vittima di 13 anni si sarebbe avvicinata ad un cancello che porta all’interno della colonia di Anatot (nord est di Gerusalemme) e avrebbe provato ad accoltellare l’agente. Accortosi dell’attacco, l’uomo avrebbe sparato alla giovane che, ferita gravemente, sarebbe morta poco dopo.

Sale così ad almeno 160 il numero dei palestinesi uccisi in azioni o scontri contro gli israeliani a partire dallo scorso ottobre. Sono poco più di 20, invece, le vittime israeliiane.

Gli attacchi avvenuti la scorsa settimana hanno portato il governo di Tel Aviv ad implementare misure drastiche. Tra queste: il divieto dei lavoratori palestinesi (circa 11.000) ad entrare negli insediamenti israeliani in cui sono impiegati, chiusura di strade, divieto di entrata e uscita dei palestinesi nei loro villaggi, centinaia di arresti. Queste disposizioni, però, non sembrano convincere del tutto il capo dell’esercito israeliano Gadi Eisenkott. Secondo Einsenkott, infatti, “sarebbe un grave errore imporre il coprifuoco e chiudure le comunità palestinesi”. Ovviamente non perché ciò rappresenta una violazione dei diritti palestinesi, ma solo perché una loro implementazione “sarebbe contraria agli interessi israeliani”.

E mentre continuano gli attacchi solitari di giovani palestinesi armati per lo più di coltelli, una nuova polemica interna lacera il mondo politico palestinese scatenata questa volta dalle parole del capo dell’Intelligence palestinese. In una intervistata rilasciata questa settimana al magazine statunitense “Defense News”, Majed Faraj ha affermato che da ottobre le forze di sicurezza dell’Ap hanno sventato 200 potenziali attacchi contro israeliani ribadendo, in pratica, come la cooperazione alla sicurezza tra Tel Aviv a Ramallah proceda a gonfie vele nonostante il clima da Intifada. Affermazioni per nulla sorprendenti quelle del capo del mukhabarat, ma che sono bastate per scatenare l’ira delle fazioni palestinesi. Gli islamisti di Hamas e Jihad islamica e la sinistra con il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina hanno definito le dichiarazioni di Faraj un “insulto alla battaglia e ai sacrifici dei palestinesi“. I tre gruppi politici hanno sottolineato come esse riflettano lo “stato di monopolio esercitato dall’Autorità palestinese sul processo decisionale nazionale palestinese”. “Processo che – hanno aggiunto – rifiuta qualunque cooperazione tra Ap e occupazione israeliana”.

A gettare benzina sul fuoco e ad esacerbare lo scontro ci ha poi pensato sempre giovedì il presidente Mahmoud Abbas. Il capo di Fatah ha infatti rivelato alla stampa israeliana che negli ultimi mesi si è sforzato di incontrare il premier israeliano Netanyahu, ma di non essersi riuscito per precisa volontà del primo ministro. “Ero pronto a incontrarlo – ha spiegato – avevo nominato due persone per seguire la questione, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte israeliana. Concordammo tempo fa con Israele di formare una commissione congiunta per discutere e seguire il tema della istigazioni [alla violenza] e invito Israele a farlo anocra”. Immediata la risposta israeliana. “Queste parole non sono vere, ma rappresentano un tentativo di Abu Mazen [Abbas, ndr] di non assumersi le responsabilità per i mancati negoziati”. Nena News

 

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