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5/2/2016

 

Ex detenuta rivela le tragedie delle donne imprigionate nelle carceri israeliane

Traduzione di Marta Bettenzoli

 

Durante i periodi di maggiore freddo, ogni inverno, l’ex prigioniera Fatima Al-Zak ricorda dolorosamente le altre donne incarcerate nelle prigioni israeliane che patiscono durante la fredda stagione. Fatima ha provato quel gelo durante la sua prigionia durata più di 6 anni, che l’ha portata a soffrire di disturbi cronici.

 

Condizioni difficili

L’ex detenuta Fatima ha raccontato al reporter dell’agenzia PIC dei suoi sei amari anni di prigionia, durante i quali ha provato le doglie e i dolori del parto, legata. E’ stata privata dei più basilari diritti umani.

Ha spiegato che “la sofferenza delle prigioniere è assai difficile, specialmente se sono incinte o se hanno un bambino”.

Ha aggiunto: “Quando provo freddo mi ritrovo a piangere per le condizioni degli uomini e delle donne imprigionati; ho provato su me stessa le sofferenze della prigionia in ogni dettaglio, l’agonia cresce con l’inverno, dove i detenuti non hanno nulla per tenersi al caldo”.

Ha sottolineato che il freddo perenne in prigione le ha causato la neuropatia periferica, un disturbo nervoso che accresce il senso di dolore, specialmente in inverno.

Fatima ha raccontato che le prigioniere non dispongono di coperte per tenersi al caldo, e viene impedito loro di avere un abbigliamento invernale, il che aumenta la sofferenza.

Fatima ha anche notato che nonostante il freddo gelido delle prigioni israeliane, le donne condividono le loro coperte e i loro vestiti con le nuove detenute. Le condizioni di queste donne necessitano di interventi ad ogni livello, in quanto private di ogni basilare diritto umano.

 

Senza vita

Fatima ha proseguito a descrivere le sofferenze delle detenute: “Eravamo otto in una stanza minuscola, con un’unica piccola finestra con le sbarre; siamo state private della luce del sole, e non c’era riscaldamento; la stanza era come un frigorifero”.

Le donne sono anche private di cibo sano e bevande calde.

Ha aggiunto: “Il servizio di sicurezza interno (IPS) sfamava otto persone con soli due pomodori, ma le mie compagne mi offrivano la loro razione perché ero incinta, e mi serviva un’alimentazione adeguata”.

Fatima ha risentito delle frequenti ispezioni dell’amministrazione penitenziaria, che entravano deliberatamente nella cella, specialmente nei momenti di maggior freddo, e questo aumentava le loro sofferenze.

 

Dolore fisico

Fatima ha raccontato che le detenute erano private delle cure mediche e che nessun ginecologo veniva a curarle, il che ha aggravato le loro condizioni di salute.

Dopo la nascita non le veniva dato cibo adeguato, ma le sue compagne di cella offrivano ugualmente la loro parte in modo che potesse sfamare suo figlio, Yusuf.

Fatima recitava il sacro Corano e pregava Dio per suo figlio quando era malato, perchè non c’erano pediatri né cure per i bambini, che venivano trattati dalla sorveglianza come se fossero prigionieri essi stessi.

Fatima è stata rilasciata il 30 settembre 2009 insieme ad altre 20 detenute nell’accordo Shalit, all’epoca prigioniero della resistenza palestinese.

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