PIC – Infopal - 29/4/2016 - Giovedì sera, le forze di occupazione israeliane hanno ferito una ragazza e ne hanno arrestato un’altra al check-point di Beit Huroun, a Ramallah, a seguito di un presunto attacco. Secondo fonti israeliane si tratta di due adolescenti di 14 anni. Le forze israeliane hanno dichiarato che due palestinesi sono state arrestate, di cui una ferita, dopo che avrebbero tentato di accoltellare un soldato vicino all’insediamento illegale di Beit Huroun. I soldati hanno impedito alla Mezzaluna Rossa palestinese di prestare soccorso alla ragazzina ferita.

 


http://nena-news.it/

27 apr 2016

 

Due palestinesi uccisi al checkpoint di Qalandya

 

Le vittime sono una donna di 24 anni e un ragazzo. Secondo la versione israeliana, i due si sarebbero avvicinati velocemente agli ufficiali di frontiera nel tentativo di colpirli (la donna aveva un coltello). Diversa la ricostruzione palestinese.

Video: https://youtu.be/Jiju6x_Nkt8

 

Roma, 27 aprile 2016, Nena News –

 

L’esercito israeliano ha ucciso stamane due palestinesi nei pressi del check point di Qalandya vicino Ramallah (Cisgiordania occupata). Secondo la portavoce militare, Lubna as-Samri, i due giovani sospetti – una donna di 24 anni e un ragazzo di cui non si conosce ancora l’età – si sarebbero avvicinati velocemente agli ufficiali di frontiera nel tentativo di colpirli. La donna – riferisce as-Samri – aveva un coltello in mano quando i soldati l’hanno sparata uccidendola. I militari – afferma la portavoce dell’esercito – avrebbero ordinato ai due di fermarsi prima di aprire il fuoco.

Diversa la versione palestinese. Un testimone oculare ha detto all’agenzia Ma’an che la 24enne sarebbe stata colpita 15 volte dai soldati e che, pertanto, si sarebbe trattato di una esecuzione. I palestinesi, inoltre, sostengono che ragazzo si sarebbe avvicinato alla donna solo dopo che era stata uccisa e non sarebbe stato, dunque, vicino a lei sin dall’inizio come ha dichiarato as-Samri. Stando a quanto scrive la stampa israeliana, il ragazzo, colpito dalle pallottole dell’esercito, sarebbe morto poco dopo. Secondo la mezzaluna palestinese, le forze armate israeliane avrebbero impedito l’ingresso dei paramedici sul luogo dell’incidente.

La donna è stata identificata come Maram Salih Hassan Abu Ismail di ar-Ram (nord di Gerusalemme). Ancora ignota l’identità dell’altra vittima. L’ultimo attacco palestinese contro israeliani risaliva all’inizio della scorsa settimana quando un giovane del campo profughi di Aida (Betlemme) compiva un attacco bomba su un bus a Gerusalemme. L’attentato ha causato il ferimento di 20 israeliani e la morte dell’attentatore.

Da inizio ottobre sono più di 200 i palestinesi uccisi dalle forze armate o di polizia israeliane in attacchi (talvolta presunti) con coltelli o con macchine. Trenta, invece, le vittime israeliane. Nena News

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http://www.lantidiplomatico.it

28 aprile 2016

 

Sognare Gerusalemme e non potersi svegliare...

di Patrizia Cecconi

 

E’ successo ieri. E’ successo a due fratelli di circa 16 anni lui e di 24 lei. 

 

Erano felici, avevano avuto il permesso dagli occupanti della loro terra, di andare a Gerusalemme. Era la prima volta. Così mi racconta un amico palestinese. Venivano da Alram, un paese  vicino Ramallah. La giovane signora, perché di signora sposata e con due bambini si tratta, era incinta di 5 mesi quando, entrando per la prima volta nel check point di Qalandia, ha sbagliato percorso. Il timore e l’emozione infatti possono far sbagliare percorso, soprattutto quando ci si trova in stato di cattività, come si fosse animali in gabbia, con tanti guardiani armati intorno. 

 

L’errore è stato fatale. Il soldato israeliano, che ovviamente nessun sincero democratico amico di Israele chiamerà mai assassino, il soldato israeliano le ha gridato qualcosa nella sua lingua. La sua, quella dell’occupante, non quella della vittima, e Maram Salih, la giovane donna disorientata dalla situazione non ha capito cosa le stavano urlando. Ha fatto l’errore di correre, così raccontano dei testimoni, e i soldati del democratico stato occupante di Israele l’hanno crivellata di colpi. Stessa sorte è toccata a suo fratello, il suo accompagnatore in questo primo e ultimo viaggio nella sognata Gerusalemme.

 

La Mezzaluna Rossa Palestinese denuncia (inutilmente è ovvio!) che gli occupanti non hanno fatto neanche avvicinare i soccorsi. Ma nessuno pagherà per questi due fratelli assassinati. I piccoli orfani sapranno che la loro mamma e il loro giovane zio non potranno più portare il  regalino promesso dalla città santa, semplicemente perché  le loro vite sono state fermate prima di varcare il maledetto e illegale check point di Qalandia. 

 

Maram Salih e il suo fratello minore sono stati uccisi perché non conoscevano la lingua dell’occupante!  Tragico e assurdo, ma per essere più precisi, sono stati uccisi perché le complicità internazionali consentono a Israele di mantenere il suo stato di illegalità sulla Palestina e di assassinare, sempre impunemente, i palestinesi ad ogni occasione.

 

Qualcuno dirà che i soldati erano spaventati e per questo hanno aperto il fuoco. Qualcun altro dirà che Maram aveva un coltello o che forse ne aveva due, chissà.

 

Il mio amico di Alram, o la mia “fonte” per usare un termine giornalistico, mi dice che non c’è stata alcuna eco da parte della dirigenza palestinese, come se in questo periodo questi crimini debbano essere coperti da un immenso silenzio “per non disturbare” perché, aggiunge, utilizzando quella che sembra una metafora , “il nostro percorso è segnato nei minimi particolari e non si può fare il più piccolo errore”. Con amarezza profonda mi dice “hanno disegnato un percorso per la nostra vita, non solo dentro i check point, ma in tutta la Palestina, ci hanno disegnato una vita in cui non possiamo muoverci come persone normali. Hanno disegnato le nostre strade, dove dobbiamo vivere e anche dove dovremo morire”. Una metafora tragicamente perfetta, putroppo!

 

Poi mi informa che la bambina di Maram si chiama Sara. Sara come la moglie di Abramo, il patriarca di cui parla la Bibbia e che gli islamici, come i cristiani, rispettano al pari degli ebrei.

 

Proprio Sara, come la donna che secondo la Bibbia fece cacciare Agar e Ismaele a morire nel deserto, laddove, però, il Dio di entrambi i popoli semiti ebbe pietà e fece zampillare una sorgente. Ma questo la moglie di Abramo non lo aveva previsto. E’ feroce l’Antico Testamento in certi  suoi passi, e certi suoi personaggi non rispondono davvero  a quell’umanità che, almeno a parole, è oggi  dichiarata valore condiviso. 

 

Eppure Maram aveva dato nome Sara alla sua bambina, in omaggio proprio alla moglie del patriarca Abramo, la prima madre di quel popolo i cui soldati armati ieri l’hanno uccisa. Lei certo non poteva sapere, scegliendo quel nome, che l’avrebbero uccisa proprio mentre andava a visitare il luogo dove si dice che il comune Patriarca avesse costruito il suo primo tempio. 

 

Forse Sara, la piccola orfana di Maram, crescendo penserà al significato del suo nome e forse chiamerà i suoi figli solo Mohammad e Kadija, o Ismail e Nour, non certo Ibrahim o Rachel per esempio. Di sicuro, se Sara prenderà coscienza  di dove può portare la mistura politico-religiosa di cui si nutre il sionismo, non potrà chiamare i suoi figli con quei nomi che santificano l’occupazione della sua terra e giustificano l’uccisione dei suoi legittimi abitanti, tra cui la mamma che sognava di andare a Gerusalemme per la prima volta nella sua vita e che non è riuscita ad arrivarci.

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