Fonte: www.greekcrisis.fr
http://www.comedonchisciotte.org
Giovedì, 03 marzo 2016

Uccelli migratori
di Panagiuotis Grigoriou

Traduzione di Nicola Palilla

Il caos provocato inevitabilmente raggiunge il livello del caos provocante. Esseri rifugiati e anime migranti sbarcano a migliaia nel porto del Pireo ogni giorno come ogni notte. I moli, le piazze, le strade e le autostrade greche brulicano di questa massa umana errante e dal numero stimato tra le venti e le cento mila anime, sulla base di stime evidentemente contraddittorie. Anime che mai nessuno in Europa ha voluto realmente accogliere. “Uccelli migratori” in una fase apparentemente decisiva nel quadro della pianificazione europeista e mondialista riguardante innanzitutto la Grecia, metodicamente distrutta e trasformata in “territorio”.

Sembra che a Bruxelles si conosca il seguito della storia, d'altra parte non a caso, date certe indiscrezioni espresse da un quadro europeista al giornalista ed eurodeputato di Syriza Kouloglou: «A marzo la Grecia vivrà un'apocalisse come mai dalla fine della dittatura dei Colonnelli. Il piano varato dai conclavi europeisti consiste nel rendere la Grecia “il deposito delle anime migranti”.» «Molto cinicamente, l'Europa del nord ha fatto in modo di guadagnare più tempo possibile per preparare la sua chiusura», commenta Stélios Kouloglou sul sito d'informazione che ha creato.
Le maschere sono state tolte così come i travestimenti di questo europeismo ai suoi ultimi giorni: è venuto il tempo di mettere fine all'Unione Europea, prima che l'odio debordi da tutte le frontiere del possibile...però Syriza continua a fare finta di avere scoperto tutto ciò solo l'altro giorno.

Analizzata alla sua maniera da Panagiótis Lafazánis (uomo politico di sinistra, ex di Syriza e capo di Unità Popolare) alla radio del Pireo 90,1 FM la sera del 25 febbraio: «La geografia politica del momento rileva che tanto la politica degli Occidentali quanto quella degli altri è sotto il ricatto della Turchia. Per non fare più approdare i rifugiati e i migranti sulle isole greche, la Turchia neo-ottomana di Erdogan esige di avere le mani libere in Siria (…) Più precisamente, la Turchia aspira a poter proseguire la sua politica di annientamento dell'autonomismo curdo, mediante la distruzione, all'occorrenza, di interi villaggi e allo stesso tempo con la composizione, se possibile amichevole, con i rappresentanti dello Stato Islamico, apparso sulla scena grazie al gioco delle grandi potenze occidentali, paesi UE compresi (…) La politica americana si divide, perplessa. Non c'è dubbio che la flotta della NATO nell'Egeo, sotto il pretesto di fronteggiare il problema dei rifugiati e dei migranti, abbia lo scopo di controllare le forze navali della Federazione russa di stanza nel Mediterraneo. Questo, molto probabilmente, in previsione di un possibile intervento diretto degli eserciti occidentali o, altrimenti, per continuare la guerra per procura, come è attualmente (…) Quanto alla Germania, essa subisce più di ogni altro paese la pressione della Turchia: poiché in Germania vivono 5 milioni di turchi e poiché il loro comportamento elettorale è tendenzialmente allineato alle posizioni ufficiali del governo turco, questi elettori fanno parte della massa critica capace di far pendere la bilancia elettorale da una parte all'altra (…) La Grecia non avrebbe alcun interesse a continuare questa politica tedesca, la politica del governo Syriza dopo il tradimento. É la paura che trattiene il popolo, come la propaganda della truffa del secolo, chiamata Euro. Al momento in cui fu introdotto dal governo del PASOK di Costas Simitis, ci volevano duecento dracme per acquistare un marco tedesco, mentre la parità con l'euro – questa forma di moneta imperiale tedesca, imposta agli altri paesi con la complicità di tutti – fu fissata a 340 dracme (…) Questo vuol dire che con l'euro i greci sono stati spogliati di un terzo della loro ricchezza e nessun media si è preso la responsabilità di spiegarlo, né in quel tempo né successivamente. Ed eccoci al punto in cui il problema dei migranti è utilizzato per ragioni di egemonia geopolitica. I greci debbono ritrovare la loro libertà e la loro sovranità. É urgente. Deve ridefinire i suoi legami con l'Europa occidentale, cacciare via la Troika e magari lasciare l'UE e avvicinarsi ad altri paesi, principalmente la Russia»

Aggiungerei che il fratello di Simitis, Spyros, è stato ufficialmente un agente dei servizi segreti di Berlino. Questo dato è notorio in Grecia, infatti:«Andreas Papandreou ha sempre detto che Simitis è un agente degli interessi stranieri e che suo fratello (Spyros Simitis) è un uomo dei servizi segreti tedeschi. É per questa ragione che il PASOK non sarebbe dovuto appartenergli dopo la morte di Andreas Papandreou». Una piccola storia, utilmente riportata alla memoria la mattina del 26 febbraio sul canale Real-FM. Panagiótis Lafazánis, ha anche fatto giustamente notare che “molto paradossalmente, la scelta è stata quella di far approdare le imbarcazioni al Pireo e non a Tessalonica”, essendo la città troppo vicina alla frontiera nord della Grecia. Dopo tutto, è a Tessalonica che affluiscono, spesso dopo centinaia di chilometri percorsi a piedi, queste anime migranti. Perché?

In tutta la Grecia centrale, numerosi campi sono stati montati alla meglio e peggio, le palestre e le sale municipali sono anch'esse usate per l'accoglienza dei rifugiati e dei migranti. A Trikala, in Tessaglia, come altrove d'altronde, gli abitanti hanno portato viveri e vestiti e, ciononostante, molti tra i rifugiati hanno deciso di lasciare il posto dopo appena poche ore. Molti hanno deciso di lasciare i centri d'accoglienza, a volte a piedi, per raggiungere la frontiera nord con la Macedonia slava, benché questa sia chiusa sotto l'ordine dei paesi del Gruppo di Visegrad, i quali non hanno alcuna intenzione di accogliere qualcuno. «Siamo obbligati a prenderci cura dei migranti per non lasciarli morire. Come fare diversamente? L'Europa? É una vipera. Non vogliamo che questa gente si stabilisca stabilmente a casa nostra. Questo fenomeno deve terminare», è un'opinione sentita in una drogheria ad Atene il 25 febbraio, che riassume bene l'opinione pubblica greca in gran parte, con l'eccezione del governo di Syriza/Anel.

Alexis Tsipras denuncia il comportamento del governo austriaco e di tutta l'UE perché solo la Grecia sta tenendo fede ai suoi impegni europei e agli accordi sulla condivisione del problema dei rifugiati e dei migranti (dichiarazione del 25 febbraio). Tempo perso, perché gli altri paesi faranno il loro interesse e seguiranno la geopolitica del momento, sia attraverso le decisioni europee – adottate a sostegno dei propri interessi – che semplicemente ignorandole, all'occorrenza. Tranne la Grecia. Tsipras farebbe meglio a dimettersi e studiare Tucidide!
Aggiungo che questo passaggio obbligatorio dal Pireo da parte delle imbarcazioni dei migranti, obbligatorio per questa triste marea umana, è un tratto indispensabile per il paese (e per il turismo) e, attraversando anche alcuni quartieri della capitale, fa parte di un piano ormai in piena fase operativa: gettare tutta la Grecia nel caos. Il sentimento di paura, per esempio, si sta già diffondendo. I Greci temono che questa presenza diventi stabile, che i campi di rifugiati e di migranti diventino l'emblema di uno Stato minimizzato nell'ambito dell'occupazione teutonica-europea. Temono uno stato ed un sistema politico, in mano a marionette, non più in grado di garantire servizi pubblici ai cittadini (salute, istruzione, protezione sociale, sicurezza, etc...)
In più, consideriamo che la gran parte dei diritti fondamentali enunciati dalla costituzione greca vengono quotidianamente infranti da tutti i governi a partire dal 2010, i quali governano umiliando la legge fondamentale mediante l'introduzione di leggi (spesso redatte in lingua inglese) direttamente scritte da esperti privati che lavorano per conto della Troika (dunque, della Commissione Europea). Ripeto ciò che tutti vanno ripetendo in Grecia in questi giorni: nel caso di uno straordinario cambiamento della situazione, Papandreou, Papademos, Samaras e Tsipras saranno giudicati da una Corte speciale.

É possibile affermare che in meno di un anno (a condizione che nulla cambi nei flussi migratori) la composizione demografica del paese sarà di fatto modificata dai pianificatori della mondializzazione: da uno a due milioni di esseri umani depositati indegnamente in Grecia e 25 mila decessi già avvenuti in conseguenza, diretta e indiretta, della politiche dei Memoranda adottate dai nostri politici. Nel giro di qualche giorno o qualche settimana, se nulla cambierà, il sistema greco, nel suo insieme, sprofonderà.

L'ironia (sempre) tragica della storia ci rende partecipi direttamente del dramma di queste persone che arrivano in Grecia e che non desiderano affatto di restarci; che sperano di mettere piede in un qualche paese del nord Europa, salvo poi realizzare che tutte le frontiere sono chiuse o che i passaggi avvengono con il contagocce. Lì subentra la disperazione.
Qualche tentativo di suicidio (fortunatamente non riuscito) è stato segnalato e anche fotografato nelle piazze e nei giardini del Pireo e di Atene. La disperazione, a cui si aggiunge la collera dei greci (abbastanza disumanizzati dalla settennale occupazione europea) non fa presagire nulla di ragionevole nella gestione degli affari e delle relazioni tra gli umani. Spero di sbagliarmi. Per adesso, il peggiore tra gli istinti è tenuto a freno, conseguenza anche degli appelli lanciati su internet, delle ONG, come anche di numerosi cittadini più anonimi che mai che apportano cibo ai rifugiati. Simultaneamente, la filiera degli speculatori e dei trafficanti ha occupato il terreno prima delle autorità. Sul posto le organizzazioni umanitarie, tanto greche quanto straniere, sono d'accordo almeno su di un punto: l'UE ha provocato un'enorme catastrofe. Aggiungerei, l'ennesima.

Il mio amico Yorgos Avgeropoulos, che sta girando in questo momento la seconda parte del sul film “Agora”, sta ancora cercando l'autore, a tutt'oggi anonimo, della foto che gira su internet e che mostra un bambino che cammina su una scogliera verso la frontiera nord. Da qui, diverse ipotesi possibili sono state avanzate sulla sorte di questo bambino (forse, senza genitori?) visibilmente determinato o dalla disperazione o dalla volontà di vivere tempi finalmente viventi.
Non senza una certa ironia, Panagiotis Lafazánis (capo di Unità Popolare) ha suggerito che certe imbarcazioni zeppe di migranti potrebbero essere dirette verso altri paesi dello spazio Schengen, per esempio in Italia. Una dolce speranza?

La Grecia ha convocato ad Atene la sua ambasciatrice a Vienna in segno di protesta per la chiusura delle frontiere. Ufficialmente, il ministro degli interni austriaco è stato dichiarato “persona non gradita” da Atene e la sua visita, prevista da tempo, è stata annullata (temporaneamente?). Nello stesso momento, le ultime grida d'allarme della popolazione greca delle isole, come Lesbo, si fanno a malapena sentire al di là delle frontiere chiuse: «I voli charter, programmati verso la nostra bella isola di Lesbo in vista della stagione estiva 2016, sono stati annullati, uno dietro l'altro. I nostri timori iniziali si stanno materializzando e sta cominciando una spirale critica senza controllo. Non parliamo più di un calo nel turismo. Siamo già a meno 80%, come se fossimo in uno stato di guerra. (…) Fino ad oggi, il mondo si è occupato del modo in cui fronteggiare la crisi dei rifugiati: come trattare, senza violarli, i diritti umani delle persone che fuggono dai loro paesi, ma senza considerare il modo in cui le comunità locali, che subiscono questa nuova realtà, ne siano egualmente danneggiati. Senza parlare, poi, di come i loro stessi diritti non vengono rispettati.(…) Abbiamo fornito il nostro sostegno di tutto cuore, accordando a questi nostri fratelli umani la priorità, perché versano in uno stato di bisogno superiore a quello nostro. Abbiamo messo tra parentesi le nostre vite, i nostri bisogni, i nostri desideri, i nostri sogni per poter fronteggiare il flusso dei migranti che attraversano, in certi casi anche in senso letterale, i giardini della mia famiglia. Solo che adesso siamo nella condizione di chiederci come il nostro governo e la comunità internazionale intendano aiutarci. Quali misure adotteranno per salvarci dalla disperazione economica e psicologica? Pensiamo alle nostre imprese locali, che non potranno aprire quest'anno perché non possono condurre i loro affari in queste condizioni. Pensiamo a tutte quelle persone che resteranno senza lavoro. Come potranno queste persone sfamare la famiglia e garantire la sicurezza che conviene ad una vita dignitosa per le loro famiglie e per i loro figli? Come mantenerci in condizioni di vita dignitose? Pensiamo ai nostri amici e parenti che si stanno già preparando agli scenari peggiori. Pensiamo a come andremo a pagare i nostri prestiti, le tasse, l'assicurazione sanitaria e le fatture della società elettrica (…) Ci sono persone e imprese che certamente hanno realizzato grossi profitti grazie alla crisi dei rifugiati qui sull'isola, tuttavia non bisogna generalizzare. Queste non sono che un pugno di imprese. Dobbiamo guardare a tutta l'isola e considerare tutte le imprese, hotel, ristoranti, boutique di ricordini, cinema, negozietti di bigiotteria, etc...che non hanno ancora potuto aprire quest'anno (…) Per quanto riguarda il premio Nobel per la pace, che probabilmente ci sarà riconosciuto, ringraziamo il mondo intero, ma ai miei occhi tutti i premi Nobel della pace del mondo riuniti non significano niente, dal momento che le persone attorno a me sono senza lavoro, senza certezze economiche e non hanno alcuna fiducia nell'avvenire. Tutte queste persone mi guardano piangendo, con occhi colmi di paura e di disperazione, perché sanno che non potranno sfamare la loro famiglia per ancora molti anni. Un premio Nobel non significa niente per noi, se siano costretti a prendere la via che farà di noi stessi degli immigrati, perché saremo costretti a lasciare il nostro paese (…) Gli stati membri dell'UE ci mostrano le spalle con questa decisione di chiudere le loro frontiere, carcerando, di fatto, migliaia di rifugiati in Grecia (…) Chiediamo solidarietà e sostegno non solo per i rifugiati, ma anche per le comunità locali colpite dal fenomeno. Chiediamo alle persone di visitare la nostra bella isola per sostenere le nostre imprese. Siamo arrivati al punto di dover combattere per difendere la nostra stessa esistenza». Questo è l'appello di un'insegnante di Lesbo, pubblicato in inglese su facebook e riprodotto in lingua greca sulla stampa online di Nasso. D'altronde, secondo informazioni che mi sono state girate da Papoutsi, il corrispondente di Greek Crisis a Nasso, sarà costruito un centro d'accoglienza per rifugiati e migranti nella località turistica delle Cicladi, e la notizia rende tutti inquieti. Lavori in corso o soltanto dicerie?

A mettere in chiaro le cose, in un articolo del 25 febbraio apparso su www.foreignpolicy.com, l'antropologo americano Mickael Herzfeld, uno specialista, tra le altre cose, di Grecia (ho avuto la fortuna di conoscerlo durante i miei studi di antropologia a Parigi) ha sottolineato «che in realtà, gli sforzi dell'Europa per escludere Atene non sono motivati dall'attuale fenomeno migratorio e nemmeno dalla crisi del debito, bensì da un razzismo profondo del continente verso il suo Stato frontaliero più meridionale (…) Nuovamente la Grecia rischia di essere espulsa dal club. Non dalla zona euro, per il momento, nemmeno dall'Unione Europea. In questo momento, si tratta di essere esclusa dal club dei paesi Schengen, di quegli stati nazionali che, dopo avere accettato di dissolvere le loro frontiere interne – che impedivano la loro stessa mobilità – si costituiscono come una comunità chiusa, costruita per escludere i migranti, i vagabondi da terre lontane (…) Lo status di paese padre spirituale d'Europa non ha salvato la Grecia dall'accusa di essere in realtà appena appena davanti l'Oriente (…) Schengen sembrava funzionare come un sistema ermetico: a chiusura stagna e fluido solo all'interno. Ma questo è stato vero fino al conflitto siriano, il quale ha inviato flotte di migranti alla ricerca di pace in Europa. Per la gran parte dei nuovi arrivati, la Grecia è stata il primo punto d'arrivo. Per la seconda volta nella sua storia – la prima è stata dopo la disastrosa guerra contro la Turchia tra il 1920 ed il 1922 – la Grecia deve di nuovo fronteggiare una massa di rifugiati che minaccia di consumare le risorse già precarie del paese. Tuttavia, in quella circostanza, l'ondata fu composta da persone che erano considerate etnicamente elleniche. (…) Vero è che alcuni di loro non parlavano una sola parola di greco; ciononostante e secondo il trattato di Losanna, sono stati classificati come greci perché erano cristiani ortodossi. Potevano, comunque, ostentare un'affinità giuridica e sentimentale con il paese che li aveva accolti, come fratelli sofferenti. Questa volta, però, le circostanze sono differenti. La Grecia, già pericolosamente in disaccordo con i partner della UE sulla crisi del debito, apparentemente irrisolta, è la prima vittima del flusso di queste persone estranee dall'Europa, per ragioni etniche e affettive. Nel nord dell'Europa c'è panico (un panico che s'infiamma): quelli di destra chiedono che vengano eretti nuovi muri sulla frontiera greca con la Macedonia e altri muri ancora sulla frontiera che separa l'Ungheria dalla Croazia. L'UE, da parte sua, sembra volersi accontentare di tollerare la presenza del Medio-Oriente nella misura dei richiedenti asilo in Grecia, sempre a condizione che non vadano oltre questo paese»
Il caos provocato ha finito col raggiungere i livello del caos provocante. Il piano B, per non parlare del piano A, del direttorio europeo è stato fin dall'inizio di trasformare la Grecia in un deposito delle anime indesiderate, a causa della profonda diversità del mondo musulmano.
Alexis Tsipras e i suoi complici in Syriza credono di poter ancora governare la situazione, pensano che forse sarà possibile vendere ai Greci l'ultima trasformazione del loro paese in zona di confine in cambio dell'improbabile diminuzione del fardello del debito, quando tutto il mondo sa che anche in Grecia il debito – d'altronde come l'euro – è un'arma di distruzione di massa contro il loro paese e il loro stile di vita, che distrugge la loro esistenza economica e la loro stessa esistenza.
In ogni caso, nessuno parla più delle contestazioni degli agricoltori e ancora meno di quelle delle altre categorie sociali, nonostante che le proteste si susseguano un po' dappertutto in Grecia, a volte anche in modo poco ortodosso. Quattro piccole bombette infiammabili sono state lanciate, per esempio, nella casa di famiglia di Christos Simorelis, deputato di Syriza del dipartimento di Trikala in Tessaglia. Il sindaco di Atene reclama in maniera urgente una maggiore presenza della polizia nella sua città: vista dal basso, la situazione rischia di avvicinarsi alla fase finale prevista dalla pianificazione europeista e mondialista.

Il vaso di Pandora si aprirà e probabilmente conterrà l'ultima sconfitta di Tsipras. Forse anche dell'europeismo.
Considerato che il caos della mitologia greca è l'entità primordiale da cui è scaturito l'universo, cosa augurarci?


Link: http://www.greekcrisis.fr/2016/02/Fr0499.html#deb
26.02.2016

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