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Mercoledì 06 luglio 2016

Giovani e immigrati, un potenziale sprecato
di Marisa Paolucci

In Italia si investe sull’educazione ma non sul lavoro, e a risentirne sono soprattutto i giovani: 6 su 10 sono propensi a emigrare, e cresce il numero di chi smette di cercare occupazione. La situazione è aggravata dalla scarsa attenzione delle istituzioni verso gli stranieri che, anche quando hanno ricevuto un’istruzione superiore, non vengono impiegati in un’occupazione corrispondente. Le analisi in un volume pubblicato dalle Edizioni Idos.

Nel 2015, secondo l’Istat, sono rimpatriati 30.052 italiani, mentre 102.259 connazionali hanno spostato la propria residenza in paesi esteri. Questo andamento ci riporta 40 anni indietro. Nel 1974 gli espatri, che nel periodo del Dopoguerra arrivarono a superare annualmente le 200mila e anche le 300mila unità (con il picco di 387mila nel 1961), scesero a poco più di 100mila. Successivamente questo livello è stato superato solo due volte: nel 2004 e, per l’appunto, nel 2015, quando la metà degli espatriati risulta costituita da laureati e diplomati, evidenziando l’emergere di consistenti migrazioni qualificate in uscita in uno scenario finora caratterizzato dall’aumento dell’immigrazione estera.
Parte da questo dato il volume dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V "Le Migrazioni qualificate in Italia: ricerche, statistiche, prospettive", appena pubblicato presso le Edizioni Idos. La ricerca si pone l'intento di analizzare i fattori strutturali che condizionano le prospettive future dell'occupazione e dello sviluppo economico in Italia, tenendo conto dei flussi sia in uscita che in entrata di cui sono sempre più protagonisti giovani sia italiani che stranieri.

Risorse inutilizzate
Durante la presentazione del volume, Benedetto Coccia, uno dei curatori, considera la definizione – fuga di cervelli – una sintesi superficiale e afferma «proprio per questa ragione abbiamo deciso di analizzare i numeri nella nostra ricerca. Esiste una circolazione di menti in Europa e nel mondo risultato della globalizzazione. L’Italia perde personale qualificato e non riesce a compensarlo con gli immigrati che, anche quando hanno ricevuto un’istruzione superiore, non vengono impiegati in un’occupazione corrispondente. In Italia il fenomeno dell’immigrazione è considerato un onere, in realtà questa ricerca smentisce molte false convinzioni. I dati ci dicono che gli immigrati in Italia hanno un grado di istruzione pari o superiore alla popolazione italiana. L’obiettivo è valorizzare di più gli immigrati come lavoratori qualificati e non sotto-qualificati. I giovani italiani tendono sempre più a emigrare perché il mercato occupazionale nazionale non riesce a valorizzare adeguatamente il loro livello di formazione, come nel caso degli immigrati».

Il futuro dei giovani a rischio
Carla Collicelli, Advisor Scientifico del Censis, approfondisce l’analisi dicendo: «L’Italia è un paese che fatica a ottimizzare i suoi talenti. La società italiana ha una grande quantità di capitale umano che non si trasforma in lavoro, definito dal Rapporto del Censis "capitale inagito". Agli oltre 3 milioni di disoccupati si sommano quasi 1,8 milioni di inattivi perché scoraggiati. Più penalizzati sono i giovani. I 15-34enni costituiscono il 50,9% dei disoccupati totali. I Neet, (Not in Education, Employment, or Training), cioè i 15-29enni che non lavorano e non sono impegnati in nessun percorso di istruzione o formazione, sono in continua crescita». «Il problema del Sistema-Italia – afferma Franco Pittau, altro curatore del volume – non consiste tanto nella mancanza di personale con una istruzione superiore, quanto nell’incapacità di utilizzarlo in maniera adeguata, così da contenere la partenza dei talenti italiani e da inserire con maggiore apertura i talenti esteri. Si investe nell’educazione, ma non nel lavoro, l’insufficienza del sistema di ricerca e sviluppo non permette la valorizzazione del capitale umano, mentre la tendenza dei laureati italiani a trasferirsi all’estero, dovrebbe potersi basare maggiormente su una libera scelta. In questa prospettiva si potrà determinare una positiva circolazione di personale qualificato, come viene evidenziato nella ricerca dell’istituto di Studi S. Pio V». Il presidente dell’Istituto, Antonio Iodice, precisa nella sua introduzione: «Con questa ricerca, che si propone di suscitare un esteso dibattito, l’Istituto di Studi Politici S. Pio V ha voluto essere di supporto non solo ai decisori pubblici, ma anche a tutti quelli che sono interessati a questa grande questione destinata a influire sul futuro del paese».

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