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Martedì 19 luglio 2016

 

Un muretto di menzogne

di Marco Aime

 

Nelle continue e spesso moleste retoriche italiane ed europee, quando non si parla di muri e filo spinato e si cerca di “elevare” il discorso, fa capolino la distinzione tra profughi e migranti economici. Si tratta dell’ennesimo muretto che si cerca di erigere contro i migranti, facendo appello a una lettura menzognera secondo cui i primi avrebbero diritto di asilo perché minacciati da qualche calamità; i secondi, invece, vengono presentati come avidi e scaltri individui, in gran parte africani, che cercano di arricchirsi alle nostre spalle e che pertanto devono essere respinti.

L’ipocrisia di questa distinzione sembrerebbe evidente, eppure fa presa su molti, soprattutto su chi non conosce le cause della cosiddetta “migrazione economica”. Milioni di persone fuggono da una miseria spesso indotta dalle politiche economiche dei paesi più ricchi, che hanno interesse a mantenere l’Africa come bacino di materie prime, e da guerre provocate dagli interessi delle multinazionali che sembrano non esistere, solo perché i nostri media non ne parlano.

Non solo, la distinzione proposta si dimostra ancora più paradossale se si pensa che viene da un mondo in cui il capitalismo sopravvive solo grazie alla continua spinta al consumo. Consumo che viene presentato come indispensabile al miglioramento delle condizioni di vita.

Quindi, per noi è fondamentale cercare un’esistenza migliore, ma questo non vale per gli abitanti di altre parti del mondo. Loro devono accettare e subire la loro condizione ed ecco echeggiare le purtroppo mai scomparse definizioni di “popoli senza storia”. Già, non hanno storia, perché la storia è cambiamento e alcuni di noi oggi vorrebbero impedirlo, ma è proprio cercando di cambiare la loro sorte, che quella gente fa la storia.

Proviamo poi a fare un piccolo esercizio di memoria: le decine di milioni di italiani che tra fine Ottocento e inizio Novecento sono partiti “in cerca di fortuna” non fuggivano sempre da una guerra o da una dittatura. Se ne andavano, perché il loro/nostro paese non dava da vivere. Erano migranti economici. E anche per chi ha la memoria corta è bene ricordare che da due anni il numero di italiani emigrati all’estero è superiore a quello degli stranieri arrivati nel nostro paese. Peraltro si tratta soprattutto di giovani: sono profughi o migranti economici costretti dalle pochissime opportunità offerte loro qui?

L’intera esistenza degli esseri umani è votata alla ricerca della felicità, di una vita migliore, soprattutto quando quella che si conduce è davvero dura. Provare a cambiare il proprio destino è un diritto universale. Con quale altro diritto superiore dovremmo impedirlo a qualcuno?

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