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5 settembre 2016 ·

 

48 milioni di schiavi nel mondo. E in Italia…

di C. Alessandro Mauceri

 

La schiavitù è ancora diffusa e spesso viene praticata anche nei paesi più “evoluti”. A confermarlo è il rapporto Global Slavery Index presentato dalla Walk Free Foundation, che ha analizza l’incidenza della schiavitù nelle nazioni del mondo e la loro capacità di fronteggiare il problema.

Nel mondo, sono oltre 48 milioni le persone ridotte in schiavitù. Al primo posto per percentuale di schiavi rispetto alla popolazione la Corea del Nord, con il 4,37 per cento. Ma se si cerca il paese con il maggior numero di “schiavi” in termini assoluti, è l’India a guidare la classifica con ben 18,35 milioni, seguita dalla Cina (3,39 milioni), dal Pakistan (2,13 milioni), dal Bangladesh (1,53 milioni) e dall’Uzbekistan (1,23 milioni).

Nella classifica per schiavitù l’Italia occupa una posizione altissima, il 49esimo posto, secondo, in Europa, solo alla Polonia. Ben diversa la performance di altri paesi europei come la Germania (al 117esimo con 14.500 persone ridotte in schiavitù), la Francia (124esima con 12.000 schiavi), la Gran Bretagna (127esima con 11.700) o la Spagna (al 134esimo con 8.400). Complessivamente secondo i ricercatori in Europa vi sono oltre un milione di schiavi (1.243.400), circa il 2,7 per cento della popolazione. La maggior parte delle vittime è di sesso femminile (circa l’80 per cento del totale). Spesso si tratta di donne oggetto di sfruttamento sessuale a fini commerciali. Provengono dalla Romania ma anche dall’Africa sub-sahariana, e in questo caso molti sono anche i casi di schiavitù “domestica”. La maggior parte proviene dalla Nigeria: secondo il National Referral del Regno Unito, la Nigeria resta uno dei paesi di origine più comunemente registrati per le vittime nel loro sistema di registrazione traffico di esseri umani.

Questo fenomeno in Europa è strettamente correlato con il problema dei migranti: non è un caso se, dove maggiori sono i migranti – non profughi e rifugiati, si badi bene – maggiore è anche il problema della schiavitù. Nel 2015-2016, la crisi migranti europea ha politicamente, economicamente e socialmente dimostrato la vulnerabilità dell’Ue: nella classifica il punteggio è stato molto basso, 27,1 su 100. Per contro spesso poche ed inefficaci le misure per contrastare questo fenomeno: in Italia ad esempio, sebbene esista un tavolo nazionale che include le ONG e le autorità nazionali per affrontare il problema, dal primo giugno 2014 al 31 agosto 2015, gli incontri sono stati pochissimi. La conseguenza è che non esiste un piano d’azione nazionale né un gruppo d’azione per sostenere le vittime di schiavitù (Milestone 1, 4.2.1).

Anche per quanto riguarda i minori il problema appare rilevante: si stima che in Europa siano almeno 10mila i bambini registrati come rifugiati e di cui si sono perse le tracce. Di questi, circa la metà sono scomparsi mentre si trovavano in Italia.

È per questo che, in questo panorama oscuro, l’Italia occupa una posizione di rilievo tra Guatemala e Malesia, e la situazione rilevata dai ricercatori appare essere peggiore anche di quella di buona parte dei paesi del Terzo Mondo. Basti pensare che, sopra la soglia dei 100 mila schiavi, dopo l’Italia, si sono classificati paesi come il Niger, la Somalia, il Malawi, il Mali, lo Zambia, Haiti, la Repubblica Dominicana e il Ghana.

Dati di cui certamente non essere orgogliosi e che, stando al numero di migranti che dopo essere stati prelevati nel Mediterraneo o essere finiti in Italia non ne sono più usciti, non potranno che aumentare.

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