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27.02.2017

 

100 anni dalla rivoluzione russa: come tutto iniziò

di Petr Romanov

 

Governo temporaneo, la Duma e il Soviet di Pietrogrado, un matrimonio di convenienza.

La rivoluzione del 1917, che inghiottì la vecchia Russia, scoppia inaspettatamente per tutti. Improvvisamente: carenza di cibo. Improvvisamente per strada camminano individui armati e si odono i primi spari nelle grandi città. Improvvisamente le ronde e gli arresti. Ma nel mese pieno di speranza di febbraio, quando la Russia pensava che avrebbe risolto tutti i problemi urgenti eliminando la monarchia, nessuno avrebbe immaginato come la situazione si sarebbe evoluta alla fine dell'anno.

Senza seguire il calendario storico, ma seguendo i fatti, in realtà il governo provvisorio apparve ben prima dell'abdicazione dell'imperatore russo. L'abdicazione e l'annuncio della creazione di un governo risalgono alla stessa data 2 (15) marzo 1917. Nel frattempo, la composizione del Consiglio dei Ministri era stata concordata dai rappresentanti del Comitato provvisorio della Duma e dal Comitato Esecutivo del Soviet di Pietrogrado. Non è stato un "prurito" rivoluzionario, ma la paura dei politici di affrontare quel caos di anarchici per le strade. Il compito era di nutrire gli affamati e di mettere un minimo di ordine almeno per iniziare. Così a San Pietroburgo iniziarono a collaborare la destra e la sinistra.

 

ALCUNI SI PREOCCUPAVANO DELLA QUESTIONE DELLA DIFESA DELLA CITTÀ PERCHÉ DA UN MOMENTO ALL'ALTRO POTEVANO GIUNGERE DELLE TRUPPE DAL FRONTE INVIATE DALLO ZAR, NON LO SI POTEVA ESCLUDERE.

 

Al tempo i politici di destra e di sinistra non riuscivano nemmeno a tenere insieme le unità alloggiate a Pietrogrado: i soldati erano dispersi per la città, e facevano ciò che volevano. È un classico la storia dell'arresto dei ministri del re: all'inizio un gruppo di soldati di sua iniziativa aveva bloccato i ministri nell'edificio dell'Ammiragliato, poi gli stessi soldati, annoiati, avevano deciso di vagare per la città in cerca di qualcosa di più interessante da fare. Dunque decisero di portare i ministri nel Palazzo di Tauride.

 

A PROPOSITO, QUESTO PROBABILMENTE HA SALVATO I MINISTRI DAL LINCIAGGIO, CHE IN QUEL MOMENTO ERA COSA NORMALE

 

Dal Palazzo di Tauride il consiglio dei ministri fu portato alla fortezza di Pietro e Paolo.

Fin dall'inizio, la sinistra (i socialisti) occupò l'ala sinistra del Palazzo di Tauride, mentre l'ala destra fu occupata dai militanti di destra (Comitato Provvisorio della Duma). In un primo momento molto fu deciso in incontri fortuiti nei corridoi del palazzo, e il corso degli eventi spinse l'ala sinistra e l'ala destra del Palazzo di Tauride, almeno temporaneamente, alla collaborazione e alla creazione di un organo di controllo il quale avrebbe iniziato a risolvere le questioni più urgenti.

 

SULLO SFONDO DI QUESTO FU FORMATO CONGIUNTAMENTE IL GOVERNO PROVVISORIO

 

Il principale punto del primo proclama del Soviet di Pietrogrado alla popolazione recitava: "tutti insieme, con le nostre forze, lotteremo per la completa rimozione del vecchio governo e la convocazione di un'assemblea Costituente, eletta con un suffragio universale, uguale, diretto e segreto. Nei primi giorni dopo la rivolta, anche i bolscevichi si mostrarono in pieno accordo con le altre forze politiche. Quando il 1 marzo del 1917 il comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado discusse le condizioni del trasferimento del potere ad un governo provvisorio nessuno si oppose al trasferimento di potere alla borghesia, neanche i bolscevichi. Per questo ci sono diverse spiegazioni. Il marxismo classico non prevedeva una presa del potere immediata dopo il rovesciamento dello zarismo.

 

MENTRE I POLITICI NEL PALAZZO DI TAURIDE RIFLETTEVANO, PER LE STRADE DI PIETROGRADO GRADUALMENTE LA BORGHESIA PRENDEVA L'INIZIATIVA NELLE PROPRIE MANI

 

E qui c'erano i suoi pro e i suoi contro. Da un lato senza alcuna indicazione dall'alto le persone garantirono vitto e alloggio per i soldati, e la tutela dei singoli soggetti. Sarebbe a dire che la milizia popolare apparve prima ancora di essere creata ufficialmente. Dall'altra parte "i cittadini intraprendenti" della nuova Russia spesso esageravano arrestando chiunque fosse loro sospetto. E non raramente l'arresto finiva con l'uccisione sul posto. Successivamente la situazione politica era cambiata e lo stesso era successo con la composizione del governo provvisorio, ma esso ancora rispecchiava ancora le forze in equilibrio di potere dell'ultima Duma: quattro cadetti, due ottobrini, un centrista, un progressista, uno non schierato e un trudovik (partito dei lavoratori). Dirigeva il partito il Principe e governatore Georgij L'vov, il quale aveva ricevuto il portafoglio di Ministro degli interni. Aveva invece ricevuto la carica di Ministro degli esteri il leader del Partito Democratico Costituzionale Pavel Milyukov. Il Ministro dell'esercito e della marina era l'ottobrino Alexander Guckov, il quale precedentemente, a capo del Comitato militare industriale, aveva unito gli imprenditori per aiutare il governo in tempo di guerra. L'incarico più oneroso, il Ministro dell'agricoltura, ricadde su Andrey Shingarev, anche lui cadetto; tale incarico in quel momento certamente era un lavoro kamikaze.

 

FURONO PROPOSTI PORTAFOGLI ANCHE AI SOCIALISTI, CHE RISPOSERO DI NO

 

Al capo del Soviet di Pietrogrado, il membro della duma Nikolay Chkheidze, fu proposto il posto di Ministro del lavoro, ma decise che l'incarico che occupava andava bene. Di propria iniziativa, in qualità di Ministro della giustizia durante il governo provvisorio si propose Aleksandr Kerensky. Nella Duma era il leader del partito popolare dei "trudoviki", ma già a marzo tornò nel partito Socialista Rivoluzionario. Il divorzio era puramente formale, perché nelle ultime elezioni i socialisti rivoluzionari avevano boicottato la Duma, mentre Kerensky voleva diventare un deputato. Voleva diventare un Ministro, pur rimanendo un membro del Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado, e lo fece.

 

QUESTA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI FU PUBBLICATA NEL CORSO DELLA GIORNATA IN CUI LO ZAR ABDICÒ

 

Poco più tardi, il governo Provvisorio annunciò le successive elezioni per l'assemblea Costituente. Era implicito che queste avrebbero dovuto risolvere tutte le più importanti questioni per la Russia: la forma di governo, la questione della terra, la pace e così via.

 

Le prime decisioni del governo Provvisorio furono compromessi. Nonostante ciò la maggior parte delle questioni all'incontro decisivo tra destra e sinistra non creò grandi polemiche. Quando scoppiavano controversie emozionali, venivano abilmente taciute dall'autorevole Milyukov, che dopo aver esaminato i requisiti del Soviet di Pietrogrado, li considerò ragionevoli. Sì, e la stessa situazione spinse tutti a formulare una posizione comune.

La cancellazione di tutte le classi, le restrizioni nazionali e religiose, la proclamazione delle elezioni generali negli organi di governo locale, la preparazione delle elezioni per l'assemblea Costituente, l'uguaglianza delle donne e altri: erano tutti requisiti democratici. La libertà di parola e di propaganda? Sullo sfondo di quello che accadde nelle strade di questo era difficile discuterne. Arrivò il momento di ascoltare le richieste della sinistra: la non uscita da san Pietroburgo e il non disarmo delle unità militari che avevano partecipato al colpo di stato. E chi avrebbe potuto mandarli via da Pietrogrado?

 

SULLA QUESTIONE DELLA GUERRA IL SOVIET DI PIETROGRADO CEDETTE SENZA PARTICOLARI POLEMICHE

 

Anche se per strada erano appesi in notevole quantità gli slogan "Abbasso la guerra!", il governo democratico dichiarò che avrebbe rispettato gli obblighi nei confronti degli alleati. Pavel Miliukov, un sostenitore della guerra ad oltranza, fu soddisfatto. E invano. Lo stesso giorno sull' "Izvestia" venne pubblicato un ordine del Soviet di Pietrogrado ?1, nel quale ai soldati venne ordinato di non obbedire agli ufficiali, ma ai loro comitati eletti. Questo testo fu opera delle stesse persone che avevano sostenuto l'idea di continuare la guerra.

 

SEMPLICEMENTE, QUANDO LO SCRISSERO, PENSAVANO DI PIÙ ALLA DEMOCRATIZZAZIONE DELL'ESERCITO CHE NON ALLA SUA CAPACITÀ DI COMBATTIMENTO

 

Così, per principio, al comando ufficiale dell'esercito fu inferto un duro colpo. Come si può combattere una guerra, quando tutte le decisioni vengono prese per voto dai comitati dei soldati.    

 

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