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28.03.2017

 

La rivoluzione d'Ottobre: le confusioni di marzo

di Petr Romanov

 

Già qualche giorno dopo l'abdicazione dello zar, "l'ottava meraviglia del mondo” (così definivano la rivoluzione di febbraio i quotidiani all’epoca) appariva impresentabile.

Un testimone così desciveva il Palazzo di Tauride: "il Palazzo è irriconoscibile. Gli eleganti e puliti locali delle istituzioni legislative apparivano più una casa dei pazzi o una bolgia". Un altro testimone, successivamente divenuto famoso come il giornalista sovietico Michail Koltsov, notò come il Palazzo di Tauride in quei giorni divenne "una caserma, sala di riunione, ospedale, alloggio, teatro, la culla di un nuovo paese".

 

Ma la "BOLGIA" accompagna inevitabilmente ogni rivoluzione.

Dopo aver dato alle persone la tanto attesa libertà di camminare (ovunque), riunirsi (per tutto il tempo senza limiti) e parlare di tutto ciò che ribolliva, era ora che la rivoluzione iniziasse a risolvere altre, e non meno importanti questioni: il potere e la costituzione, la guerra e la pace, la terra e il pane. Come ingenuamente poi scrisse la poetessa Zinaida Gippius: "Le persone non erano mai state così unite". Si sbagliava. I politici di febbraio, compagni casuali, non avevano una opinione unitaria. Di conseguenza la lotta era solo iniziata. L'unica cosa che sembrò ragionevole e di compromesso, era quella di passare la soluzione di tutti i problemi principali dell'Assemblea Costituente. Per il successo delle idee si richiedevano delle elezioni veramente libere, le prime nella storia della Russia. Però, dato che lo stato era n guerra, parte del territorio era occupata, la popolazione era analfabeta, e la maggior parte non aveva mai votato, le elezioni furono, ovviamente, estremamente difficili.

Tuttavia, anche il mondo civile non garantisce il successo elettorale, esso diede solo al paese la possibilità di uscire in modo civile fuori dalla crisi. E soprattutto, fu necessario fare in modo che tutti rispettassero la decisione dell'Assemblea Costituente. Nel frattempo in quel momento, poche persone pensavano a questo. Il che di per sé implicitamente significava che contro l'autorità rappresentativa del forum democratico nessuno avrebbe avuto il coraggio di parlare. Questa idea, nata tra le fila degli intellettuali russi molto prima della rivoluzione, non era stata corretta successivamente nonostante il crescente stravolgimento delle masse. Infatti con troppa sicurezza il capo di governo Alexander Kerensky annunciò: "in tre giorni il popolo ha gettato via una dinastia che regnava da trecento anni, non c'è più nulla di cui aver paura!!"

 

Il Governo Provvisorio nonostante possedesse diversi elementi talentuosi non divenne mai una amministrazione unita. Si facevano tanti appassionati monologhi ministeriali ("La Russia è al passo con i paesi più avanzati d'Europa"), ma quando si trattava di venire ai fatti, ahimè, raramente si agiva. Nel frattempo i ministri, quelli che fino a quel momento avevano criticato i funzionari del re di essere incompetenti, ora dovevano occuparsi di nutrire il paese, reggere il fronte, preparare le elezioni e respingere l'opposizione.

 

Per qualche tempo il governo fu aiutato con moderazione dal Consiglio di Pietrogrado (Petrosoviet),. Questa moderazione fu dimostrata anche dai bolscevichi che si trovavano in Russia. Lenin, prevedendo questa "criminale conciliazione e non resistenza" inviò un disperato telegramma dalla Svizzera: "La nostra tattica è totale sfiducia, nessun supporto al Governo Provvisorio… nessun avvicinamento agli altri partiti". Alla fine, c'era un'altra strada oltre ai ministri e al Consiglio di Pietrogrado, che era ben lontana sia dall'una che dall'altra.

Marzo per le nuove autorità fu un mese problematico. Bisognava prendere velocemente una decisione. Inoltre stavano espandendo il proprio potere da San Pietroburgo su tutto il paese. I ministri trovarono supporto nei governatorati locali convertendo parte di questi organi di governo in commissariati, e dando loro il compito di promuovere delle soluzioni nell'entroterra.

 

Consigli multicolori sorgevano spontaneamente ovunque, ma le decisioni del Consiglio di Pietrogrado erano concentrate di più sulle proprie necessità. La Rada Centrale in Ucraina subito avviò il processo per l'indipendenza dalla Russia. La Polonia il Governo Provvisorio la lasciata indipendente di propria iniziativa.

 

Ciò che salvò i nuovi governanti della Russia fu il vuoto di potere, creatosi dopo l'abdicazione del re, che costrinse a riconoscere il Governo Provvisorio anche quelli che non simpatizzavano per esso. Qui entrò in gioco la Chiesa Ortodossa che riconobbe il Governo Provvisorio il 9 marzo: il Sinodo riconobbe il governo ad interim con l'appello "Per i figli fedeli della Chiesa Ortodossa Russa sulle vicende vissute da ora". L'esercito, con l'eccezione delle unità rivoluzionarie di stanza nella capitale, era in confusione. Nell'ultimo discorso alle truppe il re aveva invitato tutti ad "obbedire al Governo Provvisorio." Egli aveva concluso dicendo: "Che Dio lo aiuti (il Governo Provvisorio) a guidare la Russia!"

Il colore della rivoluzione divenne rosso: gli striscioni per le strade, i nastri sulle giacche e i cappotti, tutti rossi. I simboli dello Tsar erano stati annientati: le città e le navi cambiavano nome, il compositore Glazunov inziò a scrivere un nuovo inno con le parole del poeta Balmont, mentre i cittadini cantavano "la Marsigliese". L'appello di "compagno" non era ancora entrato in voga, ma scomparvero tutti i tipi di "titoli nobiliari", che rapidamente furono sostituiti dalla parola "signore".

Il 9 marzo fu arrestato Nicola II. Era diventato un peso per qualsiasi nuova forma di governo. Il Governo Provvisorio avrebbe mandato con piacere la famiglia reale in Gran Bretagna (in realtà si tennero tali negoziati), tuttavia il Consiglio di Pietrogrado avvertì che se non lo avesse arrestato il governo i Consigli lo avrebbero fatto con le proprie forze. Tant'è che le guardie personali dello Tsar che si trovavano con il "Colonnello Romanov" e la sua famiglia, erano lì piuttosto per impedire la loro fuga che per difenderli.

 

A marzo fu creata la Commissione straordinaria d'investigazione che doveva indagare gli ex funzionari del re. A marzo al posto del dipartimento della polizia zarista apparve la nuova polizia del popolo, ma con la sua creazione l'ordine in Russia non aumentò. Le autorità iniziarono una lotta per la sobrietà: proibirono la vendita di bevande contenenti più del 1,5% di alcool. Alle famiglie contadine fu lasciata la razione di pane e di semi per la semina. Più tardi, il testimone, fu preso dai bolscevichi. Il governo organizzò un "prestito della libertà". In contanti, senza però riuscire a fermare l'afflusso di soldi di carta sul mercato.

 

Gradualmente iniziarono nella capitale a stringersi i bolscevichi. Nel mese di marzo riprese a pubblicare la "Pravda", uno dei collaboratori della quale era Iosif Stalin. Ma lui non era né un grande ideologo né un leader indipendente nel marzo 1917. Per iniziare la preparazione di una nuova rivoluzione, non bastava Stalin. Ma Lenin si preparava ancora in viaggio in un vagone a compartimento stagno.

 

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