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03 agosto 2017

 

Ottobre 17, perché il capitalismo sarà sempre qualcosa del passato

 

Ottobre 1917, il filosofo francese Alan Badiou sulla rivoluzione russa

 

Ecco la traduzione di un articolo del filosofo francese Alain Badiou pubblicato in un supplemento speciale del quotidiano L’Humanitè dedicato alla Rivoluzione d’Ottobre.

Voglio enfatizzare un punto che sembra essere stato dimenticato oggi, dopo l’apparente trionfo del capitalismo a livello mondiale: la rivoluzione russa del 1917 è stato un evento senza precedenti nella storia della specie umana.

 

A questo proposito, vale la pena ricordare che la storia dell’umanità è piuttosto breve, tutto considerato. Si tratta di circa 200.000 anni, che non è molto rispetto ai milioni di anni in cui i dinosauri hanno dominato il nostro pianeta. Possiamo affermare che, in questa breve sequenza, c’è stata fondamentalmente una sola “rivoluzione” fondamentale: la rivoluzione neolitica. Questa rivoluzione ha significato strumenti molto più efficaci, un’agricoltura stanziale, una nozione stabilizzata della proprietà del terreno, la ceramica, la possibilità di una eccedenza alimentare che permetteva l’esistenza di una classe dirigente inattiva, la conseguente creazione dello stato, della scrittura, del denaro, delle tasse, il perfezionamento (grazie al bronzo) degli equipaggiamenti militari, il commercio a lunga distanza … Tutto questo risale a qualche millennio fa e siamo ancora in questo stesso punto. Anche se la produzione industriale sostenuta dalla scienza moderna ha accelerato molti processi, il fatto è che il nostro mondo è ancora il mondo degli stati rivali, delle guerre, del dominio da un’oligarchia finanziaria molto limitata, dell’importanza decisiva del commercio internazionale, Della predazione militarizzata delle materie prime, dell’esistenza di gigantesche masse di parecchi miliardi di persone quasi totalmente scomparse e di un perpetuo movimento di massa dei poveri contadini di tutte le regioni nei confronti delle metropoli molto affollate dove assumono ruoli subalterni.
Solo molto tardivamente, al più tardi qualche secolo fa, la questione delle fondamenta economiche degli Stati è arrivata al cuore della discussione politica. Da allora in poi potremmo discutere, o addirittura dimostrare, che la stessa organizzazione sociale oppressiva e discriminatoria potrebbe sentirsi perfettamente a suo agio dietro qualsiasi forma di stato (potere personale o democrazia). Vale a dire, un’organizzazione in cui le più importanti decisioni statali invariabilmente riguardano la protezione illimitata della proprietà privata, la trasmissione di questa proprietà attraverso la famiglia e, infine, il mantenimento di disuguaglianze totalmente mostruose, ritenute naturali e inevitabili.
Poi vennero iniziative rivoluzionarie di un ordine completamente diverso da quelle che avevano messo in discussione solo la forma del potere politico. L’intero diciannovesimo secolo è stato caratterizzato dai fallimenti – spesso sanguinari – di tentativi rivoluzionari con tale orientamento. La Comune di Parigi, con i suoi trentamila morti sui ciottoli di Parigi, rimane il più glorioso di questi disastri.

Dunque diciamo così: nelle condizioni dell’indebolimento dello Stato centrale dispotico della Russia, che si era impegnato in modo incauto nella Grande Guerra dl 1914 al 1918; sulla scia di una prima rivoluzione democratica (febbraio 1917) che aveva ribaltato questo stato; con una giovane classe operaia che è in formazione, molto propensa alla rivolta e senza che i sindacati conservatori l’abbiano inscatolat; sotto la guida di un partito bolscevico la cui organizzazione era in un certo senso implacabile; e con un Lenin e un Trotsky che univano una forte cultura marxista e una lunga esperienza militante ossessionata dalle lezioni della Comune di Parigi; fondendo tutto questo nell’Ottobre 1917 là venne la prima vittoria, in tutta la storia umana, di una rivoluzione post-neolitica.

Ciò significava una rivoluzione che stabiliva un potere il cui obiettivo dichiarato era il rovesciamento totale delle fondamenta millenarie di tutte le società “moderne”: la dittatura nascosta di coloro che possiedono il controllo finanziario della produzione e dello scambio. Questa è stata una rivoluzione che si è aperta alla nascita di una nuova modernità. E il nome comune di questa novità assoluta era – e, a mio avviso, rimane – “comunismo”. Persone di ogni genere in tutto il mondo, dalle masse popolari e dai contadini a intellettuali e artisti, hanno riconosciuto questa rivoluzione sotto il nome di “comunismo”, accogliendola con un entusiasmo commensurato alla vendetta che costituiva dopo le difficili sconfitte del secolo precedente. Ora, Lenin poteva dichiarare, era arrivata l’era delle rivoluzioni vittoriose.
Qualunque cosa siano i più recenti avatars di questa avventura senza precedenti e qualunque sia la situazione attuale in cui le camarille neolitiche contemporanee stanno riprendendo in mano le cose in tutto il mondo, la rivoluzione comunista del 1917 rimane la nostra base per sapere che al livello temporale del divenire dell’umanità, il capitalismo dominante è, e sarà per sempre, qualcosa del passato. Nonostante le apparenze che passano.

 

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