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16 febbraio 2017

 

Comunisti contro Stalin, di Pierre Broué

 

Così Stalin sterminò i bolscevichi

di Diego Giachetti

 

La rivoluzione russa, di cui ricorre quest’anno il centenario, va compresa inserendola in un continuum tra quella che esplose a febbraio e quella di ottobre. Solo in questo modo è possibile uscire da quella rappresentazione disinvolta e leggera che ha come scopo evidente quello di dividere un processo storico in una rivoluzione “buona” e una “cattiva”, quest’ultima operata da un manipolo di bolscevichi che con un colpo di stato presero il potere.

D’altronde, coi tempi che corrono, non dobbiamo stupirci se questa è oggi la predica ufficiale prodotta dalle chiese ideologiche del sistema mass mediatico, avvalorata, e qui spiace constatarlo, anche da autorevoli ricercatori storici di vecchia e nuova conversione.

La distinzione tra rivoluzionari “buoni” e “cattivi”, sbagliata sul piano storiografico, produce un altro errore, oggi accettato come verità consolidata, che consiste nel proporre una linea di continuità evolutiva e pacifica tra rivoluzione d’ottobre e affermazione dello stalinismo alla guida dello Stato sovietico. In questo caso gli elementi di continuità si dissolvono man mano che il processo di affermazione del sistema staliniano si delinea. Stalin e lo stalinismo non furono la prosecuzione pacifica e obbligata dell’esperienza rivoluzionaria bolscevica, se mai rappresentarono un’involuzione, una ricaduta non voluta e non prevista, una controrivoluzione che trovò forte e numerosa opposizione nei ranghi stessi delle fila bolsceviche e tra i militanti rivoluzionari russi.

Stalin, per consolidare il suo regime dovette contrastare prima e poi eliminare, nel senso tragico del termine, tutti gli oppositori in seno al partito stesso e alle organizzazioni statali: altro che continuità. E qui s’inserisce il prezioso lavoro di Broué che ricostruisce con attenzione certosina e con la pazienza per i fatti, che ogni storico deve avere, tutte le vicende dell’opposizione al processo di degenerazione burocratica dal 1922 fino al 1941.

Pubblicato in Francia nel 2003, e ora tradotto in italiano, la ricerca si fonda su una documentazione tratta degli archivi ex sovietici, da lui reperita negli anni ’90, quando il crollo del regime burocratico ne consentì una parziale accessibilità. L’impianto storico-narrativo è costituito dalle biografie di circa 700 oppositori che sono citati con nome e cognome, uomini e donne, tutti oppositori all’avvento e al trionfo dello stalinismo, tutti comunisti contro Stalin, come dice fin dal titolo il libro. Così facendo ha voluto misurare l’ampiezza, il radicamento e la durata, anche nei gulag e nelle prigioni, dell’opposizione al regime staliniano, non limitandosi quindi solo alla storia dei “capi” dell’opposizione.

Ricostruendo le loro biografie politiche traccia la storia dell’opposizione di sinistra a Stalin e allo stalinismo, includendovi anche altre correnti politiche non riferibili a quella che passò alla storia come opposizione trotskista. I primi capitoli sono dedicati al sorgere dell’opposizione di sinistra a partire del 1923-24, durante la malattia di Lenin e subito dopo la sua morte. Prosegue con la ricostruzione della vicende legate alla costituzione dell’opposizione unificata, quella che incluse anche i gruppi facenti capo a due membri autorevoli del partito bolscevico, Zinov’ev e Kamenev, dopo la fine della loro alleanza con Stalin. I capitoli successivi sono dedicati alla ricostruzione del lavoro dell’opposizione di sinistra sul piano internazionale, dopo la sconfitta subita nel 1927 a cui seguirono gli anni dell’esilio, della deportazione degli oppositori, dei ripiegamenti, delle capitolazioni, ma anche della perseveranza, della resistenza in anni che si facevano sempre più difficili: espulsioni, arresti, processi farsa, esecuzioni sommarie.

E’ una storia poco nota, volutamente ignorata da impianti storiografici che sono stati per anni supini all’interpretazione giustificazionista dello stalinismo, addolcita dal togliattismo in Italia, che affermava la continuità tra il leninismo e il regime sovietico, sgombrato dal culto della personalità dopo il 1956 e, paradossalmente, oggi unita, pur partendo da valutazioni diverse, alla corrente e dominante lettura liberal borghese, tesa a proporre la continuità tra stalinismo, Lenin, rivoluzione russa e comunismo tutto.

E’ del tutto evidente che in questi paradigmi storiografici (o forse decisamente propagandistici) non trovano posto le decine di migliaia di comunisti rivoluzionari che militarono nelle file dell’Opposizione allo scopo di difendere le conquiste della rivoluzione d’ottobre e di denunciare e combattere la degenerazione burocratica del regime.

Col testo di Broué, basato su una documentazione abbondante e nuova, si lacera questo impianto narrativo che purtroppo è stato ed è dominante. Ciò che ha mosso lo storico francese è una combinazione tra la passione per la ricerca storica, documentata e rigorosa, e la speranza che essa possa servire alla comprensione di quanto e accaduto, per orientare e rimotivare l’agire politico di chi oggi si oppone al liberal-capitalismo, per aiutare le generazioni future di rivoluzionari, ricordando l’esperienza di chi si oppose a Stalin fin dall’inizio, nel paese del “socialismo realizzato” stesso, in nome del comunismo autentico. Furono sconfitti.

Broué però era convinto, come lo era anche Trotsky, che quella battaglia non era stata inutile, lasciava alle generazioni future la possibilità di nominare la parola socialismo senza arrossire di vergogna. Vi è quindi anche una motivazione politica che l’autore non nasconde nella scelta del tema storico, anzi, nell’indirizzarlo la considera una delle più importanti proprio per quest’ aspetto della storia dell’ Unione Sovietica.

Militante comunista rivoluzionario non si cela dietro un un “falso” distacco dall’oggetto raccontato, manifesta la propria indignazione per i fatti tragici che espone: il massacro di una generazione di militanti rivoluzionari, come recita il sottotitolo del libro. Vuole rendere “l’onore delle armi” della storia a quelle migliaia di persone dimenticate che decisero di portare avanti apertamente gli ideali e le pratiche della rivoluzione d’ottobre, al prezzo di dover affrontare le prigioni della polizia politica e i gulag.

 

Breve bibliografia di Pierre Broué (1926-2005):

La rivoluzione perduta. Vita e morte di Trotsky (Torino, 1991),

Rivoluzione in Germania 1917-1923 (Milano, 1977),

Storia del Partito comunista dell’Urss (Milano, 1966),

con E. Témime, La rivoluzione e la guerra di Spagna (Milano, 1962),

con Raymond Vacheron, Assassinii nel maquis.

La tragica morte di Pietro Tresso, Roma 1996



https://www.marxismo.net/

Lunedì, 14 Novembre 2016

 

Comunisti contro stalin, di Pierre Broué

 

Recensione di Francesco Giliani

 

È finalmente disponibile la prima edizione in italiano di Comunisti contro Stalin. Il massacro di una generazione, libro scritto dallo storico marxista Pierre Broué nel 2003. L’argomento centrale del libro è la storia dell’Opposizione di sinistra in Urss, diretta da Trotskij e da Rakovskij, dal 1923 al 1941. È un lavoro unico a livello internazionale e particolarmente utile in Italia. Nel nostro paese, infatti, l’egemonia esercitata nel movimento operaio dal Pci e dai suoi eredi ha cancellato, anche nelle università, l’esistenza stessa di quelle centinaia di migliaia di comunisti che negli anni ’20 e ’30 lottarono contro la degenerazione burocratica e nazionalista della rivoluzione d’Ottobre. E lottarono fino a pagare con la fucilazione e la morte nel Gulag la loro battaglia per la democrazia operaia e l’internazionalismo.

La ricerca di Broué è basata su una intensa ricerca negli archivi ex sovietici durante gli anni ’90, quando il crollo del regime stalinista ne consentì una parziale accessibilità. L’indice biografico di circa 700 nomi in appendice al testo è un’ulteriore testimonianza dello scrupolo filologico col quale è stata condotta la ricerca.

 

Comunisti contro Stalin propone un quadro approfondito del terribile massacro che fu necessario a Stalin per consolidare il suo regime burocratico e poliziesco e liquidare le conquiste politiche dell’Ottobre passando sui cadaveri del “partito di Lenin”. Questo libro è, dunque, una splendida arma per contrastare ogni interpretazione della storia dell’Urss – che venga dalla borghesia o dalla sinistra – basata sulla continuità tra Lenin e Stalin. In particolare, Broué offre una visione cristallina della svolta seguita da Stalin e dal suo carnefice Ežov nel 1937, quando lo sterminio dei “trotskisti” nei campi venne sistematizzato. Sono straordinarie le pagine nelle quali Broué ricostruisce come i bolscevico-leninisti – così preferivano chiamarsi – siano riusciti a mantenere organizzazione e disciplina anche nei Gulag, conducendo in alcuni casi persino degli scioperi della fame vittoriosi per conquistare migliori condizioni di vita e conservarsi fisicamente, in attesa di un’inversione di tendenza nella lotta di classe in Urss e su scala internazionale.

Broué dimostra che la sconfitta di Trotskij e dell’Opposizione di sinistra non fu certo dovuta all’intelligenza di Stalin o ad una sua maggiore autorevolezza nel partito – al contrario, nel dicembre del 1923 il testo degli Oppositori conquista la maggioranza a Mosca, nella Gioventù comunista ecc. – ma alla stanchezza e alla passività della massa lavoratrice, esaurita da anni di guerra civile e dall’isolamento della rivoluzione.

Broué è stato uno storico, autore di studi fondamentali sulla storia del partito bolscevico e della Terza Internazionale, sulla rivoluzione tedesca (1918-1923) e su quella spagnola del 1931-1937, ma soprattutto un militante rivoluzionario e trotskista per tutta la sua vita. La ragion d’essere di Comunisti contro Stalin, dunque, non è accademica, come lui stesso ha scritto: “Dovrebbe essere un’arma contro l’orrore del passato e tutto ciò che oggi vi somiglia; una lezione di coraggio e di dignità, mai inutili; un bilancio di un’esperienza collettiva senza il quale saremmo condannati a ripetere senza fine gli stessi errori ed a subire le medesime sconfitte. E che dopo averlo letto, ogni lettore, quale che sia la sua provenienza, si schieri nel campo degli oppressi e dei combattenti di Vorkuta e di Magadan”. L’Opposizione di sinistra ha consegnato alle generazioni future la bandiera pulita del comunismo, raccogliamola e facciamola vivere!

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