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20 luglio 2017

 

"Malaparte e Pasolini: le due menti più libere del Novecento" 

 

Prato, tutto esaurito per la lectio magistralis dello scrittore Sandro Veronesi alla Corte delle sculture per il 60 anni dalla morte del Maledetto toscano

 

Un fondale nero, una poltrona rossa e lui. Lo scrittore Sandro Veronesi che ha tenuto, nella sera di mercoledì 19 luglio, una lectio magistralis su “Mamma marcia” per ricordare Curzio Malaparte nel giorno del sessantesimo anniversario della scomparsa. La corte delle Sculture della Lazzerini era gremita e il pubblico ha ascoltato attento il premio Strega mentre leggeva delle pagine di quello che ha definito il capolavoro di Malaparte, oltre a raccontare particolari sulla vita dell'Arcitaliano.

“Mamma marcia” è un libro postumo di Malaparte, uscito nel 1959. Sandro Veronesi, nella sua Prato, ha parlato di quello che definisce uno dei più grandi letterati del Novecento. Durante la serata, ha letto alcune pagine del libro. Poi ha raccontato di quando Togliatti dette la tessera del partito comunista a Malaparte ma i comunisti non lo volevano. “Ma nemmeno i fascisti lo volevano”, sostiene Veronesi. Che ricorda come fino a 16 anni Malaparte abbia vissuto a Prato per poi andare a combattere nella prima guerra mondiale in Francia da volontario.

 

“E forse – ammette Sandro Veronesi – il suo destino è anche nel suo cognome d'arte, Malaparte. Ho iniziato presto a leggere le sue opere ma quando sono diventato scrittore mi sono accorto che non c'è traccia di lui fuori da Prato. Ho conosciuto tanti grandi letterati del Novecento e tutti mi hanno detto che Curzio Malaparte non piaceva loro per il suo comportamento che possiamo dire abbia ferito, per il suo modo di fare, i più giovani. Ma – sottolinea Veronesi – nessuno mi ha detto che Malaparte non fosse bravo, quello che ha pesato su di lui è il pessimo ricordo. In Francia su di lui vengono fatti studi, in Italia no. Solo Prato, la sua città natale, ha organizzato dei convegni ai quali sono arrivati degli studiosi malapartiani, ma ad esempio a Roma non è mai stato fatto nulla”.

 

Veronesi torna poi a parlare di “Mamma marcia”, un libro che lo scrittore dice essere una grande intuizione per i temi trattati: “E' incompleto – afferma – ma è un capolavoro”. Spiega che Malaparte si convertì ma che già il suo unico film, “Il Cristo proibito”, sosteneva la tesi cristiana. Veronesi nella lectio magistralis dice anche che Malaparte raccontava cose che il lettore ha difficoltà a capire se l'autore le abbia realmente viste o no. Come quando davanti Cassino assiste al parto di un bimbo da una donna morta. Parla poi di una convergenza con gli scritti Pier Paolo Pasolini, più giovane di Malaparte, che scrive di "come mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta". “Ecco – spiega Veronesi – uno in poesia e l'altro in prosa stanno dicendo la stessa cosa. Pasolini e Malaparte sono state le due menti più libere del Novecento”.

 

C'è poi la parte di “Mamma marcia” dove l'autore racconta la Toscana dei morti, con una descrizione meravigliosa. Un libro notturno lo ha definito Veronesi. E' notte, ad esempio, ogni qual volta Malaparte si affaccia dalla finestra della clinica dove è ricoverata la madre. Pagine dense, toccanti, quelle dell'opera uscita nel 1959 dove Curzio Malaparte racconta la morte della madre: “E quando muore una mamma – sostiene Veronesi – muore il mondo e muore l'infanzia”.

 

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