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05.08.2017

 

Il problema del male e le prospettive della quarta teoria politica

di Daniele Perra

 

Che cos’è il male? 

Il progetto Grande Europa, espressione del “Manifesto di Chisinau”, può e deve essere il punto di partenza fondamentale per il risveglio dei popoli europei condannati all’insignificanza politica da più di settanta anni di occupazione coloniale nordamericana. Privata di autonomia e della sua identità spirituale e culturale, l’Europa è vittima di un fenomeno di spoliticizzazione che ha deformato nelle fondamenta il concetto di politico e la dicotomia amico/nemico insita al suo interno. La deformazione liberale del linguaggio è la trappola che, secondo Carl Schmitt, ha ridotto l’idea di “nemico” alla mera competizione sul piano economico. L’individuazione nel liberalismo del “male” (in quanto scuola di pensiero volta alla negazione di affermazioni assolute), rende la Quarta Teoria Politica la base metafisica su cui impostare la propria lotta rivoluzionaria e culturale contro il mondo moderno. Una lotta che, parafrasando Martin Hedigger, più che limitarsi alla conservazione (fenomeno anch’esso prettamente moderno), deve assumere la modalità di un ritorno (Ruckker) alla località del superamento della metafisica: ovvero, laddove il pensiero europeo ha intrapreso la via della modernità.

Il filosofo e mistico russo Vladimir Solov’ev nell’introduzione al suo testo fondamentale I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo si interrogava su cosa realmente fosse il male e su cosa determinasse la sua presenza nel mondo. “Che cos’è il male? Soltanto un difetto di natura, un’imperfezione che svanisce da sé con l’accrescersi del bene, oppure una forza reale che domina il mondo attraverso le sue lusinghe cosicché per sconfiggerlo è necessario avere un appoggio in un altro ordine dell’essere?”[1] .

Al centro della riflessione di Solov’ev vi era tanto la questione sull’essenza del male come imperfezione o accidente così come la determinazione della sua origine e le modalità spirituali attraverso cui combatterlo.

La letteratura patristica cristiana è ricca di contributi fondamentali circa l’argomento. In particolar modo Sant’Agostino, nel De civitate Dei, individua il male nel “peccato” e la superbia come inizio di ogni peccato. “Inizio della volontà cattiva fu senz’altro la superbia. E la superbia è il desiderio di una superiorità a rovescio. Si ha infatti superiorità a rovescio quando, abbandonata l’autorità cui si deve aderire, si diviene e si è in qualche modo autorità a se stessi. Avviene quando disordinatamente si diviene fine a se stessi. E si è fine a se stessi quando ci si distacca dal bene immutabile”[2] .

Ora, partendo da questa interpretazione, il male può essere interpretato e compreso in primo luogo come disunione dell’uomo da Dio che produce l’assenza del bene. Come affermò lo scrittore e politico spagnolo, che ispirò Carl Schmitt, ed a sua volta venne ispirato da Sant’Agostino, Juan Donoso Cortes: “l’origine del male consiste nel separarsi dal bene; negarlo allontanandosi da esso”[3] . L’intelletto umano, per effetto del libero arbitrio, si è disgiunto dalla mente divina. Si è separato dalla Verità. Così facendo, l’uomo non gravita più attorno a Dio, il suo Polo, ma attorno a se stesso. Il male risulta dunque un accidente e non un’essenza. Esso esiste perché se non esistesse, la libertà umana sarebbe inconcepibile.

Ed il male è il prodotto della caduta dell’Angelo. Infatti, secondo San Giovanni Damasceno: “Gli angeli, alla pari degli uomini, essendo dotati di ragione, sono liberi e poiché creati, sono anche mutevoli. Lo dimostrano da una parte il diavolo – creato buono dal Creatore e liberamente diventato inventore della superbia e della malizia – e le potenze che si ribellarono insieme a lui, e dall’altra parte gli ordini angelici che rimasero nel bene”[4] . Angeli e uomini hanno dunque alterato l’ordine e, ribellandosi al loro creatore, hanno creato il disordine. Adamo, nella sua duplice personificazione di uomo e specie intera, attraverso il peccato originale (un peccato unico che, allo stesso tempo, li racchiudeva tutti insieme) ha condannato l’uomo all’esilio rispetto alla sua condizione paradisiaco-polare. Se il sommo bene, come riporta ancora una volta Donoso Cortes, consiste nel mantenimento di quel nesso reciproco stabilito da Dio nella creazione, appare evidente che il disordine, o il male per eccellenza, sta nel distruggere siffatto “nesso meraviglioso e questa sublime armonia”[5] . Il sommo bene consiste dunque nel sodalizio con Dio degli esseri liberi ed intelligenti. Mentre la negazione di Dio da parte dell’uomo consiste nel maggiore successo del “male”.

Ora, il liberalismo, ideologia trionfante sulle altre due ideologie prodotto della modernità (comunismo e fascismo), nega in toto il carattere estrinsecamente teologico insito in ogni grave questione politica. La scuola liberale è inetta per il bene perché manca di ogni principio dogmatico. Essa disprezza la teologia e non comprende lo stretto vincolo tra le cose umane e quelle divine. Disprezza la religione in quanto, in base ai principi del razionalismo e della filosofia positivista, tende ad equiparare l’irrazionalità e l’irrazionalismo con la religione (che non è né irrazionale né irrazionalista). La negazione di Dio comporta inevitabilmente la negazione del peccato e di conseguenza il nichilismo. La scuola liberale ha compiuto la vittoria su Dio attraverso il trionfo del nichilismo[6] . La negazione del peccato si esprime attraverso il trionfo della classe mercantile (fuori casta) che ha smantellato il sistema tri-funzionale tradizionale delle società indoeuropee (Re/Sacerdoti – Guerrieri – Lavoratori).

L’eresia protestante, che sta alla base del trionfo del liberalismo, è altresì “fonte di ogni rivoluzione volta a ferire l’ordine civile”[7] . A questo proposito René Guénon, conscio dell’enfasi riposta nell’individuo da parte del liberalismo (l’individuo è il Soggetto cartesiano del liberalismo come teoria politica), afferma: “la tendenza moderna quale la vediamo affermarsi nel protestantesimo, è anzitutto la tendenza all’individualismo, che si manifesta chiaramente con il libero esame, negazione di ogni autorità spirituale legittima e tradizionale […] L’individualismo, così inteso nell’ordine intellettuale ha come conseguenza inevitabile quella che si potrebbe chiamare una umanizzazione della religione che finisce col degenerare in religiosità, cioè con l’essere ormai solo una semplice faccenda di sentimento, un insieme di aspirazioni vaghe e senza oggetto definito; il sentimentalismo è per così dire complementare al razionalismo”[8] .

La modernità, insieme alla Riforma protestante (suo inevitabile prodotto), ha determinato la rottura dell’unità spirituale europea. E la storia dell’Europa si fondava allo stesso tempo sulla pluralità delle sue culture e sull’unicità delle sue autorità spirituali[9] .

Constatato che il male, come negazione di Dio, è il principio fondante della modernità. Non è difficile affermare che la manifestazione dell’Anticristo, come figura politico-filosofico, costituisca, a sua volta, “l’essenza della fase finale attraverso cui la filosofia politica della modernità si evolve nella filosofia politica della post-modernità”[10] . Ovvero, di come questa sia parte integrante di una prospettiva filosofica in cui l’uomo, separato dalla Verità e dal suo Creatore, diventa vittima del male inteso come forza demoniaca che, incapace di creare, cerca di rendere l’uomo un simulacro di se stessa, distruggendo, allo stesso tempo ogni istituzione dall’essenza divina (in primo luogo la famiglia).

Una prospettiva che trova le sue fondamenta nel manifesto della sinistra imperialista e post-marxista “Impero”: l’opera di Toni Negri e Michael Hardt in cui viene esaltata l’ibridizzazione dell’uomo con la macchina, il cosmopolitismo culturale, l’immigrazione incontrollata come fenomeno rivoluzionario ed in cui la stessa riproduzione umana viene concepita come fenomeno contrario al progresso[11] . Delle idee ereditate sotto certi aspetti dal supermoralismo cosmista di Nikolaj Fedorov volto al superamento della morte ed alla lotta contro le forze di natura attraverso l’elettrificazione dell’intera superficie terrestre[12] .

Di fronte ad un simile stato di cose, si rende necessaria, nell’ambito dell’elaborazione filosofica della Quarta Teoria, l’assunzione di una prospettiva metafisica volta al superamento della condizione di Soggetto – Esule dell’uomo ed il suo ricongiungimento con la dimensione del sacro.

In questo senso, l’identificazione del Soggetto della Quarta Teoria con il Dasein (Esser-ci) heideggeriano è di fondamentale importanza. Ed allo stesso tempo si rende necessaria l’individuazione dell’istante in cui la metafisica europea ha tradito la sua essenza trasformandosi nella sua anti-essenza moderna fondata sulla negazione del Divino.

A questo proposito, al di là della impostazione storica generalmente accettata, René Guénon fa coincidere l’inizio dell’era moderna a seguito degli eventi che ebbero luogo tra il 1300 ed il 1314; ossia, la distruzione dell’Ordine del Tempio, la conseguente perversione della dottrina iniziatica e la misteriosa morte dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo[13]  (uno dei più importanti esponenti di quella Tradizione ghibellina che Julius Evola definì come “splendida primavera d’Europa stroncata sul nascere”[14] ).

Il superamento della condizione di Soggetto – Esule, sofferente a causa del peccato originale e della caduta che l’ha allontanato da Dio, è compito imprescindibile del Dasein come Soggetto della Quarta Teoria.

Scrive il Damasceno: “noi veneriamo Dio desiderando l’Antica Patria e volgendo gli occhi ad essa”[15] . È detto nella Sacre Scritture: “Dio piantò un giardino in Eden, ad Oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato, ma poi lo scacciò dopo che aveva trasgredito e lo fece abitare di fronte al giardino delle delizie, cioè ad Occidente”.

Nei Testi Sacri della cristianità appare già in tutta la sua forza l’identificazione dell’Occidente come terra d’esilio; landa dell’occaso, del tramonto e della morte come ben sottolineato da Martin Heidegger.

Una simile idea di Occidente è anche presente nella mistica persiana di Sohrawardi e nel simbolismo del Racconto dell’Esilio Occidentale, in cui l’Occidente (terra del tramonto) viene contrapposto all’Oriente delle Luci. “L’Ishraq è il nome verbale designante lo splendore, l’irraggiare del sole al suo sorgere”[16] . Solo l’iniziazione riconduce il mistico dall’Occidente alla sua origine, al suo Oriente.

Congiunzione sincretica tra ermetismo, platonismo, Islam e zoroastrismo, la mistica di Sohrawardi ha un antecedente europeo nell’elaborazione teorica del filosofo bizantino Gemisto Platone basata sull’interpretazione degli archetipi platonici in termini di angelologia zoroastriana.

L’Oriente è dunque il luogo del – ci – dell’Esser-ci (Dasein). È il luogo dell’Ereignis (Evento) che condurrà al superamento della condizione di esilio del Soggetto. Già le Sacre Scritture affermano: “come la folgore viene da Oriente a brilla fino ad Occidente, così sarà la venuta del figlio dell’uomo”.

L’esperienza mistica volta al ricongiungimento con Dio non può prescindere da un’adeguata preparazione filosofica dell’intelletto. Il raccoglimento (Einkehr) è presupposto essenziale per incamminarsi lungo la via del “ritorno”. Ed il raccoglimento è il presupposto attraverso cui l’anima, attirata da Dio in sé, si muta in lui in modo da diventare parte del Divino. Afferma il mistico tedesco Meister Eckhart: “attraverso l’intelletto Dio si manifesta e nell’intelletto Dio è manifesto a se stesso, nell’intelletto Dio si effonde in se stesso, nell’intelletto sgorga in tutte le cose, nell’intelletto creò tutte la cose”[17] . Una prospettiva non dissimile, ma anzi intimamente legata a quella del già citato Vladimir Solov’ev secondo cui la conoscenza intellettuale non basta e l’ascesi, come movimento interiore della volontà incentrato sull’avversione del male ed il distacco da esso è il presupposto necessario per la conversione verso il Divino[18] .

La riappropriazione della dimensione del sacro, a sua volta, è presupposto indispensabile per il riposizionamento dell’Europa nella sua naturale collocazione spirituale e, dunque, per il raggiungimento di quella piena sovranità la cui origine e natura, come affermava il filosofo politico francese Joseph De Maistre nel suo studio sulla sovranità, alla pari di ogni forma di governo tradizionale, è una costruzione divina. “Ogni costituzione è una creazione nel pieno significato della parola e ogni creazione è al di fuori dei poteri umani”[19] .

La forza della Quarta Teoria Politica deve dunque concentrarsi nella sua capacità non solo di condanna della realtà imposta dalla modernità e dal suo demoniaco progressismo, ma anche e soprattutto nella sua potenzialità come strumento filosofico atto alla sua abolizione. In quanto ogni pensiero che condanna la realtà senza essere in grado di abolirla si rivela presto fallace, debole, instabile ed infedele in primo luogo a se stesso.


Note

[1]  V. Solov’ev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, Marietti Editore, Genova 1996, p.35.

[2]  Sant’Agostino, De civitate Dei, XIV, 13,1.

[3]  J. Donoso Cortes, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, Il Cerchio, Rimini 2007, p. 23.

[4]  San Giovanni Damasceno, Sulla fede ortodossa, Città Nuova – Collana di Testi Patristici a cura di A. Quacquerelli, Roma 1998, p. 105.

[5]  Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, ivi cit., p. 48.

[6]  A. Dugin, Alcuni suggerimenti riguardanti le prospettive per la Quarta Teoria Politica in Europa, su www.geopolitica.ru

[7]  Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, ivi cit., p. 55.

[8]  R. Guénon, Simboli della Scienza Sacra, Adelphi Edizioni, Milano 1975, p. 371.

[9]  Alcuni suggerimenti riguardanti le prospettive per la Quarta Teoria Politica in Europa, ivi cit.

[10]  A. Dugin, The fourth political theory and the problem of the devil, su www.geopolitica.ru

[11]  T. Negri – M. Hardt, Impero, BUR – Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 2003.

[12]  A. Dugin, Russia segreta, Edizioni all’insegna del Veltro – Collana Elettrolibri, Parma 2004.

[13]  R. Guénon, L’esoterismo di Dante, Adelphi Edizioni, Milano 2001, p. 77.

[14]  J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Edizioni Mediterranee, Roma 1998, p. 350.

[15]  Sulla fede ortodossa, ivi cit., p. 201.

[16]  H. Corbin, Storia della filosofia islamica, Adelphi Edizioni, Milano 1973, p. 201.

[17]  M. Eckhart, Sermoni tedeschi, Adelphi Edizioni, Milano 1985, p. 81.

[18]  V. Solov’ev, I fondamenti spirituali della vita, Edizioni Lipa – Il Mantello di Elia, Roma 1998, p. 34.

[19]  J. De Maistre, Scritti politici. Studio sulla sovranità e il principio generatore delle costituzioni politiche, Cantagalli Editore – Classici Cristiani, Siena 2000, p. 43. 

 

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