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4 Set 2017

 

Rivoluzione tecnologica: la crescita non genera più lavoro

di Marco Magnani

 

Nonostante i recenti segnali di ripresa dell’economia italiana, i dati sull’occupazione continuano a non essere soddisfacenti. In alcuni casi, come la disoccupazione giovanile che si attesta intorno al 35%, rimangono addirittura drammatici. Anche negli Stati Uniti, dove la crescita è più robusta e il tasso di disoccupazione del solo 4,3%, il mercato del lavoro presenta fragilità.

Molte persone hanno rinunciato a cercare lavoro e non vengono pertanto più computate nel tasso di disoccupazione. Altre lavorano part-time non per propria scelta o sono sotto-occupate rispetto alla propria qualifica professionale. Il livello di occupazione non sembra più seguire, come in passato, il trend di ripresa della crescita economica. Un’importante spiegazione è la rivoluzione tecnologica in atto.

Globalizzazione e tsunami tech
La globalizzazione ha prodotto enormi tensioni nel mercato del lavoro delle economie avanzate. In Europa e negli Stati Uniti la delocalizzazione ha portato alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero. Con conseguenze pesanti su economia, società e politica. Ma la vera rivoluzione sta arrivando dalla tecnologia. Con un impatto senza precedenti.

I rapidissimi progressi di robotica e intelligenza artificiale stanno rendendo superflui un numero sempre maggiore di posti di lavoro e mettendo in crisi intere professioni, nell’industria ma anche nei servizi. Si tratta spesso di mestieri ad alto valore aggiunto, che richiedono livelli di competenza e d’istruzione medio-alti e garantiscono redditi rilevanti.

Il fenomeno è già attuale e presto saranno a rischio anche professioni di prestigio e di caratura intellettuale. Un recente rapporto di McKinsey stima che nel solo 2016 negli Stati Uniti ben 2,5 miliardi di dollari in salari siano stati sostituiti da un utilizzo più intensivo della robotica. Entro il 2050 l’automazione potrebbe essere talmente avanzata da consentire ai robot di prendere decisioni e insidiare posizioni manageriali. Si stima che circa il 60% degli attuali ruoli aziendali apicali abbia almeno un 30% di attività che possono essere automatizzate.

Un tale tsunami è dovuto non solo a robot che sostituiscono l’uomo in diverse mansioni, ma anche a tecnologie quali intelligenza artificiale e stampanti 3D e alle continue innovazioni in genetica e biotecnologia. Le macchine stanno acquisendo sempre più mobilità, percezione sensoriale, elaborazione del linguaggio, capacità cognitive.

Nuove professioni e livello d’istruzione
I settori con più esuberi saranno produzione industriale, sanità, media e intrattenimento, servizi finanziari, pubblica amministrazione. Le nuove professioni emergeranno invece da Internet mobile e cloud, potenza computazionale e big datacrowdsourcing e Internet of Things, piattaforme peer to peer e sharing economy, intelligenza artificiale e machine learning.

Il livello di produttività e di retribuzione sarà sempre più strettamente correlato al livello d’istruzione dei lavoratori. Ciò aumenterà ulteriormente un processo di polarizzazione e di crisi della classe media già in atto.

Non è la prima volta nella storia che una rivoluzione tecnologica sconvolge il mercato del lavoro. Tuttavia spesso in passato le nuove figure professionali create dalle innovazioni hanno compensato i drastici tagli occupazionali nei settori diventati obsoleti. E l’aumento di produttività ha consentito crescita economica e incremento delle retribuzioni medie.

Anche questa volta emergeranno nuove professioni, ma i posti di lavoro “tradizionali” persi potrebbero non essere compensati da quelli creati dalle nuove tecnologie. Né in termini numerici né di retribuzione media. Le innovazioni consentiranno un aumento della produttività del lavoro e alcuni tra i nuovi mestieri saranno meglio compensati rispetto a quelli scomparsi. Ma quanta parte del valore aggiunto creato dall’aumento di produttività andrà a vantaggio delle retribuzioni medie e quanto invece a remunerare l’enorme capitale investito?

Necessità di ricette inedite
La rivoluzione tecnologica è all’orizzonte; in molti casi è già iniziata. Con grandi benefici sulla produttività ma molti rischi per l’occupazione. Per fronteggiare un tale cambiamento epocale le tradizionali misure di redistribuzione del reddito, gli ammortizzatori sociali, gli investimenti in formazione e riqualificazione professionale rischiano di non essere più risposte sufficienti. È necessario uno sforzo straordinario. Dell’economia e della politica.

L’alternativa è la jobless growth, una crescita del Pil senza un miglioramento dell’occupazione. Con il rischio che l’aumento nella disparità di reddito, ricchezza e istruzione nelle nostre società diventi incolmabile. Le conseguenze, non solo economiche, sarebbero difficili da prevedere.

 

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