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28 aprile 2017

 

Così ho visto bruciare Guernica

di George Steer

 

Ottant’anni fa il bombardamento di Guernica da parte dei nazisti accorsi a sostegno dei falangisti di Franco. Ecco il resoconto dell’inviato del Times, l’unico cronista testimone

 

A ottant’anni dal bombardamento della cittadina di Guernica vale la pena rileggere il racconto che ne fece l’inviato del “Times” che stava seguendo per il suo giornale la guerra civile spagnola. L’autore del pezzo che uscì il 27 aprile 1937 è oggi ricordato nella piccola città basca con una installazione in una delle piazzette centrali. Egli infatti fu l’unico che riuscì a raccontare al mondo il massacro messo in atto dall’aviazione nazista con il sostegno di quella italiana, intervenute a sostegno del generale fascista Francisco Franco. Picasso, inorridito da tale strage, ne fece una opera d’arte – la sua più celebre – perché tale violenza non si doveva più ripetere. A 80 anni di distanza la lezione è lungi dall’essere imparata.

 

Bilbao, 27 aprile 1937 –

Guernica, la più antica città dei baschi e centro della loro tradizione culturale, è stata completamente distrutta ieri pomeriggio dai bombardamenti aerei degli insorti. Il bombardamento di questa città aperta situata molto lontano dalla linea del fronte è durato precisamente tre ore e un quarto, durante le quali una potente flotta di aeroplani formata da tre tipi di aerei tedeschi, Junkers, Heinkel e caccia Heinkel, ha incessantemente sganciato sulla città bombe da 450 chili e, si stima, più di 3000 proiettili incendiari di alluminio da un chilo. Intanto i caccia si lanciavano in picchiata dal centro della cittadina per mitragliare  i civili che avevano cercato rifugio nei campi.

Tutta Guernica è presto andata in fiamme, tranne la storica Casa de Juntas con i suoi ricchi archivi della razza basca, dove si riuniva l’antico Parlamento basco. La famosa quercia di Guernica, il ceppo ormai secco vecchio di 600 anni e i giovani nuovi germogli, è rimasta anch’essa intatta. Qui i re di Spagna solevano giurare rispetto ai diritti democratici (fueros) di Biscaglia, ricevendo in cambio una promessa di  fedeltà in quanto feudatari con il titolo di Señor, non Re di Biscaglia. Anche la nobile parrocchia di Santa Maria è rimasta intatta, tranne che per la bella sala capitolare, colpita da una bomba incendiaria.

Alle 2 del mattino, quando ho visitato la città, essa mi è apparsa come una visione orribile, in fiamme da un capo all’altro. Il riflesso delle fiamme era visibile tra le nuvole di fumo sopra le montagne a 16 km di distanza. Per tutta la notte le case hanno continuato a crollare fino a trasformare le vie in lunghi cumuli di macerie rosse impenetrabili.

Molti dei civili sopravvissuti hanno preso la lunga strada da Guernica a Bilbao su vecchi carri da bestiame baschi dalle solide ruote, trainati da buoi. Per tutta la notte le strade sono state ingombrate da carri sui quali era stato ammucchiato tutto ciò che si poteva salvare dalle case dopo le esplosioni. Altri sopravvissuti sono stati evacuati con camion del governo, ma molti sono stati costretti a restare nei dintorni della città in fiamme, distesi su materassi o alla ricerca di parenti dispersi e bambini, mentre squadre di vigili del fuoco e della polizia motorizzata basca, sotto la direzione personale del Ministro degli Interni, Señor Monzon, e di sua moglie, continuavano le operazioni di soccorso fino alle luci dell’alba.

 

Le campane della chiesa suonano l’allarme

Nella modalità dell’esecuzione e nelle dimensioni della distruzione che ha prodotto, nonché nella scelta dell’obiettivo, il bombardamento di Guernica non ha paralleli nella storia militare. Guernica non era un obiettivo militare. Fuori città c’è una fabbrica che produce materiale bellico, ed è rimasta intatta. Lo stesso può dirsi di due caserme che si trovano a una certa distanza dalla città. La città era situata molto lontano dalla linea di combattimento. L’obiettivo del bombardamento era apparentemente la demoralizzazione della popolazione civile e la distruzione della culla della razza basca. Tutti i fatti confermano questa valutazione, a cominciare dal giorno in cui è stato compiuto l’attacco.

Lunedì era tradizionalmente giorno di mercato a Guernica per la campagna circostante. Alle 4 e 30 del pomeriggio, quando il mercato era pieno e i contadini continuavano ad affluire in città, le campane della chiesa hanno cominciato a suonare l’allarme, avvisando degli aerei che si stavano avvicinando, e la popolazione ha cercato riparo nelle cantine e nei rifugi preparati dopo il bombardamento della popolazione civile del 31 marzo a Durango, che aveva aperto l’offensiva a nord del Generale Mola. Si dice che la gente abbia avuto una grande forza d’animo. Un prete cattolico ha preso in mano la situazione e tutto si è svolto in perfetto ordine.

Cinque minuti dopo è apparso un unico bombardiere tedesco, che ha disegnato dei cerchi a bassa quota sopra la città e ha poi sganciato sei bombe pesanti, apparentemente destinate a colpire la stazione.  Le bombe, con una pioggia di granate, sono cadute su un antico istituto e sulle case e le vie circostanti. L’aereo si è poi allontanato. Cinque minuti dopo è giunto un secondo bombardiere, che ha sganciato lo stesso numero di bombe nel mezzo della città. Circa un quarto d’ora dopo sono arrivati tre Junkers a continuare il lavoro di distruzione e da quel momento il bombardamento è cresciuto d’intensità ed è diventato continuativo, cessando solo al crepuscolo, alle 7.45. L’interna cittadina di 7000 abitanti, più 3000 rifugiati, è stata lentamente e sistematicamente fatta a pezzi. Un particolare della tecnica degli attaccanti è stato quello di bombardare fattorie isolate, dette caserios, entro un raggio di 8 km. Nella notte queste fattorie hanno continuato a bruciare come piccole candele sulle colline. Tutti i villaggi circostanti sono stati bombardati con la stessa intensità della città, e a Mugica, un piccolo gruppo di case all’ingresso di Guernica, la popolazione è stata mitragliata per 15 minuti.

 

Il ritmo della morte

È per ora impossibile calcolare il numero delle vittime. Sui giornali di Bilbao stamane esso era definito “fortunatamente basso”, ma si teme che si voglia minimizzare per non allarmare il gran numero di profughi che si sono rifugiati a Bilbao. Nell’ospedale di Josefinas, che è stato uno dei primi edifici bombardati, tutti i militari feriti che vi erano ricoverati sono rimasti uccisi sul colpo. Su una strada che scende dalla collina dalla Casa de Juntas ho visto un luogo dove si dice che 50 persone, quasi tutte donne e bambini, siano rimaste intrappolate in un rifugio antiaereo sotto un ammasso di macerie in fiamme. Molti sono morti nei campi, e nel complesso le vittime potrebbero essere diverse centinaia. Un anziano prete di nome Aronategui è stato ucciso da una bomba mentre portava in salvo dei bambini da una casa in fiamme.

La tattica dei bombardieri, che potrebbe interessare gli studiosi della nuova scienza miliare, era la seguente: dapprima piccoli gruppi di aeroplani hanno sganciato bombe pesanti e granate a mano su tutta la città, scegliendo le zone una dopo l’altra ordinatamente. Poi sono arrivati i caccia, che volavano a bassa quota per mitragliare coloro che fuggivano terrorizzati dai rifugi, alcuni dei quali erano già stati colpiti da bombe da 450 kg, che fanno buchi profondi più di 7 metri. Molte di queste persone sono state uccise mentre scappavano. È stato anche spazzato via un grande gregge di pecore che veniva portato al mercato. Lo scopo di questa mossa era apparentemente quello di costringere la popolazione a nascondersi nuovamente sotto terra, perché in seguito sono apparsi non meno di 12 bombardieri, che hanno sganciato bombe pesanti e incendiarie sulle rovine. Il ritmo di questo bombardamento di una città aperta aveva dunque una logica: prima granate a mano e bombe pesanti per seminare il panico tra la popolazione, poi le mitragliate per farla nascondere sotto terra, e infine bombe incendiarie e pesanti per distruggere le case e bruciarle sopra la testa delle loro vittime.

Le sole contromisure che i baschi hanno potuto adottare, visto che non possiedono un numero sufficiente di aeroplani per affrontare la flotta degli insorti, sono venute dall’eroismo dei sacerdoti baschi, che hanno benedetto e hanno pregato per le moltitudini in ginocchio – socialisti, anarchici e comunisti, oltre ai credenti – nei rifugi che stavano crollando.

Quando sono entrato a Guernica dopo la mezzanotte le case stavano crollando da entrambi i lati, ed era assolutamente impossibile perfino per i vigili del fuoco entrare nel centro della città. L’ospedale Josefinas e quello del Convento di Santa Clara erano cumuli di tizzoni ardenti, tutte le chiese eccetto quella di Santa Maria erano distrutte, e le poche case che ancora restavano in piedi erano anch’esse condannate. Quando ho visitato nuovamente Guernica questo pomeriggio la maggior parte della città era ancora in fiamme ed erano scoppiati altri incendi. Circa 30 cadaveri giacevano allineati in un ospedale in rovina.

 

Un appello ai baschi

L’effetto qui del bombardamento di Guernica, la città santa dei baschi, è stato profondo e ha indotto il Presidente Aguirre a fare la seguente dichiarazione alla stampa basca di stamane: “Gli aviatori tedeschi al servizio dei ribelli spagnoli hanno bombardato Guernica, bruciando la storica città venerata da tutti i baschi. Hanno cercato di ferirci nel più sensibile dei nostri sentimenti patriottici, dimostrando ancora una volta chiaramente cosa può aspettarsi Euskadi da coloro che non esitano a distruggerci fin nel santuario che conserva i secoli della nostra libertà e della nostra democrazia.

Davanti a questa atrocità, tutti noi baschi dobbiamo reagire con violenza, giurando dal profondo dei nostri cuori di difendere i principi del nostro popolo con tenacia ed eroismo inauditi, se necessario. Non possiamo nascondere la gravità di questo momento; ma la vittoria non sarà mai dell’invasore se, sollevando i nostri spiriti al massimo della forza e della determinazione, ci impegniamo coraggiosamente a sconfiggerlo. Il nemico è avanzato in molti luoghi per poi esserne respinto. Non esito ad affermare che qui accadrà lo stesso. Possa l’atrocità di oggi spronarci ulteriormente a farlo al più presto”.

 

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