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08 mag 2017

 

“Di storia in storia – From tale to tale” - di Ilan Pappe

 

“Di storia in storia – from tale to tale” è l’analisi che Ilan Pappe fa sulla storia della Palestina dalle origini fino ad oggi per rispondere ad alcune domande: cos’è oggi Israele? Una democrazia? Una democrazia militarizzata? Uno Stato con un esercito o un esercito con uno Stato? Infine qual è il ruolo dello storico e quale la figura dell’intellettuale. Ilan Pappe chiude con una riflessione di grande attualità relativa all’autonomia del mondo accademico. L’edizione è biligue: italiano/inglese. Ne parliano con la curatrice del libro, Maria Rosaria Greco.

Un nuovo libro di Ilan Pappe? “Di storia in storia – from tale to tale”, da dove arriva questo progetto?

Ilan Pappe è un ospite sempre molto gradito alla nostra rassegna “femminile palestinese” che promuove la cultura araba e in particolare quella palestinese, attraverso la voce delle sue donne, ma non solo. Quest’anno alla quarta edizione, Pappe tornerà a Salerno per la terza volta. Sarà in Università di Salerno per parlare della libertà dell’accademico, tema molto attuale, visti i problemi  che sorgono sempre più spesso in ambito accademico quando si tratta di organizzare convegni, approfondimenti, eventi vari che parlano di Palestina. Proprio per la seconda edizione della rassegna “femminile palestinese”, il cui sottotitolo era  “di storia in storia”, Ilan Pappe è venuto a Salerno, a Palazzo di Città, dove ha tenuto una conferenza sulla pulizia etnica della Palestina. Questo avveniva due mesi dopo che l’Università Roma Tre gli aveva revocato l’invito, annullando un incontro, a seguito di pressioni subite dalla comunità ebraica romana. La conferenza salernitana è stata una vera lectio magistralis in cui lo storico israeliano ha ricostruito quanto realmente accaduto in Palestina dagli inizi del 900 fino ad oggi, approfondendo  molti altri temi come l’importanza del linguaggio o il ruolo stesso dell’accademico. Avevo scelto quel sottotitolo “di storia in storia” per la rassegna, perché volevo che il focus fosse il racconto, il recupero della memoria, inoltre volevo evocare nel nostro immaginario non solo la narrazione, ma anche la mistificazione. Non ultimo, volevo onorare la presenza di uno storico come Ilan Pappe, che, per eccellenza, ha utilizzato il proprio impegno accademico per contrastare la sistematica azione di memoricidio operata da Israele nei confronti del popolo palestinese.  Pappe durante il suo discorso a Salerno, per esempio, ha precisato che per Israele la memoria di un sopravvissuto all’olocausto è considerata una fonte genuina e autentica, invece i ricordi dei palestinesi di quanto accaduto nel 1948 sono visti solo come bugie. Chi sopravvive all’olocausto quindi può trovare conforto almeno nel riconoscimento ufficiale di un dolore collettivo. Chi sopravvive alla pulizia etnica del 1948 (Nakba) non può trovare nessun riparo per la propria sofferenza, sia perché le ingiustizie subite non vengono riconosciute, sia perché purtroppo le stesse ingiustizie continuano ancora oggi, giorno dopo giorno.
Dopo quella conferenza, Ilan Pappe ed io, decidemmo di trascrivere il suo intervento per farne una pubblicazione. Non potevo non chiamare questo piccolo volume di 80 pagine “di storia in storia – from tale to tale”.

Potremmo dire che “di storia in storia” quindi parla di pulizia etnica della Palestina, che è il titolo del famoso libro di Pappe edito da Fazi nel 2008, ma anche dell’importanza del linguaggio, tema che invece approfondisce, insieme a Noam Chomsky, nel suo ultimo libro edito sempre da Fazi nel 2015 “Palestina e Israele: che fare?”

Si e di altro ancora, in realtà “di storia in storia” è un racconto fluido che parte dalle origini fino ad arrivare ad oggi. Per esempio Pappe ci spiega bene qual è il ruolo dello storico che necessariamente, secondo lui, deve essere quello dell’impegno, del coinvolgimento quindi non oggettivo, infatti lui stesso si definisce spesso “orgogliosamente uno storico soggettivo”. E ci fa capire l’importanza di una corretta ricostruzione storica: in Palestina c’è stata una vera e propria espulsione pianificata e la pulizia etnica è considerata a livello internazionale un crimine contro l’umanità,  crimine che tutt’ora si perpetua, ma ancora oggi il piano Dalet e la sua attuazione non viene considerato tale. Israele infatti cancella sistematicamente dalla memoria pubblica mondiale quanto accaduto nel 1948 in Palestina, negando il racconto dei sopravvissuti  con una storiografia ufficiale che ricostruisce una versione diversa dei fatti e, soprattutto, evitando così di confrontarsi con le proprie responsabilità, sia morali che politiche. In questo percorso, secondo Pappe, è fondamentale il corretto utilizzo del linguaggio: quello che accadde nel 1948 in Palestina non va definito semplicemente una catastrofe (Nakba), ma appunto una vera pulizia etnica, proprio per potere individuare di conseguenza una vittima e un aggressore, punto di partenza essenziale per cercare una riconciliazione. La comunità internazionale indica con precisione come trattare le vittime di atti del genere. Per cui secondo il “principio di riparazione”, non sarebbe scandaloso aprire la questione del “diritto al ritorno” dei profughi del 1948, argomento completamente rimosso dalla vecchia ortodossia pacifista. Ovviamente Israele non intende affrontare il problema del ritorno dei palestinesi perché dovrebbe ammettere di averli espulsi. Il definire “pulizia etnica” l’esodo forzato di circa 800.000 persone, permetterebbe di dare una connotazione criminosa a quei fatti e Israele potrebbe rinascere da una corretta assunzione di responsabilità.

Le fotografie del libro invece cosa raccontano? L’immagine della copertina per esempio sembra ritrarre  una famiglia palestinese, chi sono?

Le fotografie del libro sono solo una piccola documentazione della conferenza di Ilan Pappe a Salerno, nello storico Salone dei Marmi di Palazzo di Città, dove si riuniva il governo italiano durante il breve periodo di Salerno Capitale d’Italia nel 1944, e per questo simbolo della liberazione di un paese occupato dal nazifascismo. Un piccolo segno di auspicio per la Palestina.
E poi ci sono altre foto che ho scattato in Palestina e che raccontano l’occupazione. In particolare la copertina del libro ritrae la famiglia di Abu Saqr del villaggio Al Hadidiya, una piccola comunità nel nord della Valle del Giordano. Loro sono Moath , Roqayya,  Sakhir e la piccola Sabrine.  Ho usato questa immagine per la locandina della conferenza di Pappe il cui titolo era appunto “la pulizia etnica della Palestina”. E le condizioni in cui vivono i palestinesi in questa area sono un feroce esempio di pulizia etnica, privati di ogni diritto. Qui Israele si è impossessato gradualmente dal 1967 ad oggi di tutto: della terra, dell’acqua. Questa valle da sempre fertile e ricca di fonti idriche, oggi è desertificata. L’acqua viene dirottata nelle 37 colonie agricole illegali israeliane della valle del Giordano, nelle quali si fa agricoltura intensiva destinata all’esportazione, mentre i villaggi palestinesi, privati del diritto all’acqua, sono costretti a comprare le autobotti dalla compagnia idrica israeliana che costano più di 30 shekel al metro cubo. Le vicine colonie israeliane ricevono acqua corrente in ogni momento dell’anno 24 ore su 24 a meno di 3 shekel a metro cubo. E il consumo medio al giorno, soprattutto in questo villaggio, è di 20 litri pro capite quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica un minimo di 100 litri pro capite. Nella colonia israeliana di Ro’i costruita su terre confiscate ad Al Hadidiya, a meno di 100 metri di distanza, si utilizzano 431 litri pro capite al giorno, solo per uso domestico, senza considerare il consumo agricolo. Ma la foto che forse mi è più cara è quella della piccola Somood, sempre di Al Hadidiya che è un villaggio poverissimo, fatto di tende e tank per l’acqua.  È una bimba con il braccio alzato in segno di vittoria, una bambina che sbuca da una tenda, che può usare solo 20 litri di acqua al giorno, e che, nonostante tutto, salutava e giocherellava con grande vitalità mentre mi allontanavo dal suo villaggio. Il suo sorriso sdentato mi è rimasto impresso: era così fragile e insieme così forte, era il sorriso di chi non si arrende. Il suo nome, ho scoperto poi,  significa Costanza, nel senso di tenacia, fermezza. È un requisito fondamentale per ogni musulmano che vuole seguire la retta via con determinazione e comprensione.  Somood è stata chiamata così perché nata il giorno in cui la casa della sua famiglia è stata demolita dall’esercito israeliano. Questa per me è la fierezza del popolo palestinese.

Io penso che finché sarà possibile che una persona abbia diritti umani e civili calpestati o minori di un’altra, finché sarà possibile che il memoricidio continui a mangiare diritti, ricordi, cultura, identità, bisognerà  continuare “di storia in storia” a portare avanti la narrazione di chi non ha voce.

 


Titolo: di storia in storia – from tale to tale
Autore: Ilan Pappe
Curatrice: Maria Rosaria Greco
Edizione: Oèdipus Edizioni
Anno: 2016
Prezzo: 11,00 €

https://www.amazon.it/Di-storia-storia-tale/dp/8873412645

 

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