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28.11.2017

 

La transizione globale e i suoi nemici

di Alexander Dugin

Traduzione di Donato Mancuso

 

Quali sono i fattori storici, politici, ideologici ed economici e gli attori che determinano le dinamiche e la stessa configurazione delle forze nel mondo, e qual è la posizione degli Stati Uniti in quello che è noto come Nuovo Ordine Mondiale?

 

L’Ordine Mondiale messo in discussione

Il concetto di Nuovo Ordine Mondiale è diventato popolare in un determinato momento storico, vale a dire quando la Guerra Fredda si avviava alla conclusione (fine degli anni ‘80, l’era di Gorbaciov) e la cooperazione globale tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica era considerata vicina e molto probabile. La base per la formazione del Nuovo Ordine Mondiale era presumibilmente l'applicazione della teoria della convergenza che prevedeva la sintesi delle forme politiche socialiste sovietiche e capitaliste occidentali, e una stretta cooperazione tra Unione Sovietica e Stati Uniti nell'affrontare le questioni regionali - come la prima guerra del Golfo all’inizio del 1991. Tuttavia, l’Unione Sovietica è collassata subito dopo, così questo progetto di Nuovo Ordine Mondiale è stato naturalmente messo da parte e dimenticato.

Dopo il 1991, il Nuovo Ordine Mondiale è stato considerato come qualcosa che si andava creando sotto i nostri occhi: un mondo unipolare con l'egemonia aperta e globale degli Stati Uniti. Ciò è ben descritto nell’utopia politica di Fukuyama “La fine della storia e l’ultimo uomo”. Questo Ordine Mondiale ignora ogni altro polo di potere eccetto quello degli Stati Uniti e dei suoi alleati (in primo luogo Europa e Giappone) ed è stato concepito come l’universalizzazione dell’economia di libero mercato, della democrazia politica e dell’ideologia dei diritti umani come modello globale accettato da tutti i paesi del mondo.

Gli scettici pensavano che fosse piuttosto un’illusione e che le differenze tra i paesi e i popoli sarebbero ricomparse in altre forme (ad esempio nel famoso scontro di civiltà di Samuel Huntington o in conflitti etnici e religiosi). Alcuni esperti consideravano l’unipolarismo non come un Ordine Mondiale propriamente detto ma solo come un “momento unipolare” (John Mearsheimer). In ogni caso, ciò che viene messo in discussione in tutti questi progetti è la sovranità nazionale. Il sistema westfaliano non corrisponde più all’attuale equilibrio di forze nel mondo. Nuovi attori su scala transnazionale o subnazionale affermano la loro crescente importanza, e quindi è assolutamente chiaro che il mondo ha bisogno di un nuovo paradigma di relazioni internazionali.

Il mondo contemporaneo non può essere considerato da noi come un'esatta realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale. Al momento non esiste un Ordine Mondiale definitivo. Vi è invece una Transizione dall’Ordine Mondiale che abbiamo conosciuto nel ventesimo secolo ad un altro paradigma le cui caratteristiche restano da definire. Il nostro futuro sarà veramente globale? Oppure le tendenze regionaliste prevarranno? Vi sarà un Ordine unico? O vi saranno differenti Ordini locali o regionali? O forse avremo a che fare con un Disordine Globale? Non è ancora chiaro, la Transizione non si è ancora compiuta. Siamo nel mezzo di essa.

Se l’élite globale (in primo luogo l’élite politica degli Stati Uniti) ha una chiara visione del futuro desiderato (cosa che è piuttosto dubbia), anche in tali condizioni, le circostanze esterne possono ostacolare la realizzazione di questo futuro in pratica. Se questa stessa élite globale non dispone di una visione comune su cui convergere, allora la questione diventa ancora più complicata.

Pertanto l’unico fatto indiscutibile rimane quello della Transizione verso un nuovo paradigma. Il paradigma, d'altro canto, rimane piuttosto vago.

 

L’Ordine Mondiale dal punto di vista americano

La posizione degli Stati Uniti in questo passaggio è assolutamente certa, ma il futuro degli Stati Uniti è ancora in discussione. Gli Stati Uniti, avendo assunto il ruolo di forza imperiale globale, devono rispondere a tante sfide, alcune delle quali sono nuove e piuttosto insolite per loro. Gli Stati Uniti possono seguire tre percorsi diversi:

1) creazione di un impero americano stricto sensu con un’area centrale tecnologicamente consolidata e socialmente sviluppata (Nucleo dell'Impero), e gli spazi esterni divisi e frammentati in uno stato di agitazione permanente (prossimo al caos); sembra che i neocon siano favorevoli ad un tale modello;

2) creazione di un’unipolarità multilaterale in cui gli Stati Uniti collaboreranno con altre potenze “amiche” (Canada, Europa, Australia, Giappone, Israele, ed eventualmente altri paesi) per risolvere problemi regionali e fare pressione sugli «stati canaglia» (Iran, Venezuela, Bielorussia, Corea del Nord) o su paesi che tentano di stabilire la propria indipendenza regionale (Cina, Russia, ecc.); sembra che i democratici guidati da Obama siano inclini ad un tale modello;

3) promozione di una globalizzazione accelerata con la creazione di un Governo Mondiale e una rapida de-sovranizzazione degli Stati nazionali in favore della creazione degli Stati Uniti del Mondo governati in termini legali dall'élite globale (questo è il progetto del Council of Foureign Relations rappresentato dalla strategia di George Soros e dalle sue fondazioni; le rivoluzioni colorate sono considerate l'arma più efficace per destabilizzare ed infine distruggere gli Stati).

Sembra che gli Stati Uniti stiano cercando di percorrere queste tre strade contemporaneamente, promuovendo tutte e tre le strategie al tempo stesso. Queste tre direzioni strategiche degli Stati Uniti costituiscono il contesto globale delle relazioni internazionali, essendo gli Stati Uniti l’attore chiave sul palcoscenico mondiale. Al di là delle evidenti differenze tra queste tre immagini di futuro, vi sono alcuni punti essenziali in comune. Gli Stati Uniti sono in ogni caso interessati ad affermare il proprio dominio strategico, economico e politico; a rafforzare il controllo sugli altri attori dei processi globali e ad indebolirli; ad una graduale o accelerata cessione di sovranità degli Stati che ad oggi sono più o meno indipendenti; a promuovere i valori “universali” che riflettono i valori del mondo occidentale (democrazia liberale, parlamentarismo, libero mercato, diritti umani, ecc.).

Così oggi siamo sotto l'azione continua di potenti forze geopolitiche, il cui nucleo è situato negli Stati Uniti ed emana una radiazione (strategica, economica, politica, tecnologica, informativa, ecc.) che penetra in tutti gli angoli del globo, a vari livelli a seconda della volontà di accettarla o di resisterle dei diversi paesi, degli vari ambienti etnici e religiosi. Si tratta di una "rete imperiale globale", che agisce su scala planetaria.

Questo campo geopolitico globale incentrato sugli Stati Uniti può essere descritto a differenti livelli.

Storicamente: gli Stati Uniti considerano se stessi come la logica conclusione e l'apice dello sviluppo dell'intera civiltà occidentale. In precedenza, questa visione si è presentata nel concetto di Destino Manifesto. Ora si presenta in termini di diritti umani, promozione della democrazia e della tecnologia, libero mercato, ecc. Ma, in sostanza, si tratta di una nuova edizione dell'universalismo occidentale, evolutosi in forme diverse attraverso l'Impero Romano, il cristianesimo medievale, l'era moderna (con l'illuminismo e la colonizzazione) e giunto fino a noi sotto forma di post-modernismo e ultra-individualismo. La storia viene considerata un processo unilaterale (monotono) del progresso tecnologico e sociale, un'emancipazione crescente degli individui da qualsiasi forma di identità collettiva. La tradizione e il conservatorismo sono considerati come ostacoli alla libertà, e devono dunque essere eliminati. Gli Stati Uniti sono l'avanguardia di questo progresso storico e hanno il diritto e l'obbligo (la missione!) di spingere la storia sempre più lontano. L'esistenza storica degli Stati Uniti coincide con il corso di tutta la storia umana. Così "americano" significa "universale". Tutte le altre culture o hanno un futuro americano, o non hanno alcun futuro.

Politicamente: ci sono delle tendenze molto importanti nella politica mondiale che definiscono la Transizione sopra menzionata. Stiamo assistendo al passaggio dal liberalismo, che è diventato un'opzione politica globale e la sola possibile (come culmine del pensiero politico della modernità, ha sconfitto le due dottrine politiche alternative: il fascismo e il socialismo), alla concezione della politica postmoderna e postindividuale. Gli Stati Uniti  giocano qui un ruolo chiave. La forma politica promossa dagli Stati Uniti a livello globale è la democrazia liberale. Gli Stati Uniti supportano la globalizzazione del liberalismo, preparando così la fase successiva per le politiche della postmodernità (come descritto nel famoso libro di Negri e Hardt "Impero" ). C'è una certa distanza tra l'ultra-individualismo liberale e il vero e proprio post-umanesimo postmoderno (che promuove i cyborg, la modificazione genetica, la clonazione e fantasie simili), ma nella periferia del mondo, assistiamo a una tendenza comune: la rapida distruzione di qualsiasi entità sociale olistica, la frammentazione e l'atomizzazione della società implicata nei processi tecnologici (internet, telefoni cellulari, ecc.), il cui attore chiave può essere solo un individuo escluso in anticipo dal contesto sociale naturale. Possiamo trovare un'importante testimonianza del duplice uso della promozione della democrazia nell'articolo dell'esperto politico e militare americano Stephen R. Mann [1], il quale sostiene che la democrazia può funzionare come un virus auto-evolventesi, che rafforza le società democratiche esistenti da tempo e storicamente radicate ma distrugge e getta nel caos le società tradizionali, non adeguatamente preparate. Pertanto la democrazia può essere considerata come un'arma efficace per creare il caos e governare dal Nucleo dell'Impero le culture mondiali che si vanno decomponendo, emulando e installando ovunque il codice democratico. Possiamo vedere come questo funziona con l'esempio dei recenti sviluppi nei paesi arabi. Dopo che la frammentazione delle società in atomi individuali è terminata, inizia la seconda fase: la divisione e la frammentazione degli individui stessi e nuove creative combinazioni (ad esempio genetiche) di elementi nella forma del post-umano. Questa può essere descritta come post-politica: l'ultimo orizzonte del futurismo politico.

Ideologicamente: si osserva una certa tendenza nel caso degli Stati Uniti a collegare sempre più l'ideologia e la politica nella zona periferica. In precedenza, gli Stati Uniti hanno agito sulla base del puro realismo: se i regimi erano pro-americani, essi erano tollerati senza alcun riguardo ai loro principi ideologici. Il miglior esempio è l'Arabia Saudita. Così l'uso della doppia morale sembrava ideologicamente giustificato. Ma di recente gli Stati Uniti hanno iniziato gli sforzi per approfondire la promozione della democrazia appoggiando le rivolte popolari in Egitto e Tunisia, i cui governanti erano fidati amici degli Stati Uniti, oltre che dittatori corrotti. I doppi standard ideologici si erodono e svaniscono, e l'approfondimento della democrazia progredisce. Il culmine sarà raggiunto al momento dell'insorgenza di eventuali disordini in Arabia Saudita. È a quel punto che sarà testata la tendenza a promuovere la democrazia su basi ideologiche.

Economicamente: l'economia statunitense viene sfidata dalla crescita della Cina, dalla questione energetica, da una sproporzione critica tra il settore finanziario e l'area di sviluppo reale del settore industriale. La crescita ipertrofica delle istituzioni finanziarie americane e la delocalizzazione dell'industria hanno creato un divario critico tra la sfera della circolazione monetaria e la sfera dell'equilibrio capitalistico classico tra l'offerta e la domanda di produzione industriale. Questa è stata la causa principale della crisi finanziaria del 2008. La politica economica cinese sta cercando di affermare la propria indipendenza in parallelo con l'attuazione della strategia globale da parte degli Stati Uniti e un giorno questo può diventare il fattore principale nella loro concorrenza. Il Controllo della Russia, dell'Iran, del Venezuela e di altri paesi relativamente indipendenti (dagli Stati Uniti) su enormi quantità di risorse naturali pone dei limiti all'influenza economica statunitense. L'economia della Comunità Europea e il potenziale economico del Giappone rappresentano i due poli di concorrenza nell'ambito dell'alleanza militare e strategica degli alleati americani. Gli Stati Uniti stanno cercando di risolvere tutti questi problemi, utilizzando non solo strumenti puramente economici, ma anche politici, e talvolta facendo ricorso alla forza militare. Possiamo interpretare in questo modo l'invasione dell'Iraq e dell'Afghanistan, e l'eventuale occupazione della Libia, dell'Iran e della Siria. Il sostegno indiretto da parte degli Stati Uniti all'opposizione locale in Russia, Iran e Cina, e i tentativi statunitensi di aggravare le relazioni con la Turchia e l'Islam radicale per l'Europa, vanno tutti nella stessa direzione e hanno lo stesso obbiettivo. Ma queste sono solo soluzioni tecniche. La sfida principale è quella di come organizzare questa economia postmoderna incentrata sulla finanza nella condizione di un crescente e sempre più critico divario tra il settore dell'economia reale e gli strumenti finanziari, la cui logica interna di sviluppo sta diventando sempre più autonoma.

Così, abbiamo esaminato l'attore principale e asimmetrico, gli Stati Uniti, posto al centro di questa Transizione della politica internazionale. Questo attore rappresenta l'iper-potenza reale (H. Vidrine) e tutto il campo geopolitico attuale (che include tutti i livelli visti in precedenza) è in qualche modo strutturato attorno a questo Nucleo Americano, mostrando la sua organizzazione multilivello. La domanda che si pone ora è la seguente: questo attore è pienamente consapevole di ciò che fa? Comprende pienamente ciò che otterrà alla fine, e cioè che tipo di Ordine vuole istituire? Sembra che le opinioni su questo importantissimo tema siano diverse e divergenti: i neocon proclamano il Nuovo Secolo Americano, essendo ottimisti sul futuro dell'Impero americano. Ma nel loro caso è evidente che hanno una chiara (che non significa necessariamente realistica) visione del futuro (americano, più precisamente il futuro nordamericano). In questo caso, l'Ordine Mondiale diverrà l'Ordine Imperiale Americano, basato sulla geopolitica unipolare. Almeno teoricamente, questo ha un aspetto positivo: un tale progetto è chiaro e onesto in ciò che si propone di realizzare.

I sostenitori del multilateralismo sono più cauti e talvolta insistono sulla necessità di invitare altre potenze regionali a gestire i processi mondiali. Ovviamente, solo le società improntate sul modello statunitense possono essere i loro partner, e quindi il successo della promozione della democrazia risulta fondamentale e richiede una particolare attenzione. I sostenitori del multilateralismo agiscono non solo in nome degli Stati Uniti, ma anche in nome dell'Occidente, considerato come qualcosa di universale. L'immagine di un tale Ordine Mondiale è più nebulosa. Il destino della democrazia globale è vago e non così chiaramente delineato come l'immagine dell'Impero Americano dei neocon.

Ancora più vaga è la versione estrema dei sostenitori della globalizzazione accelerata. Si possono efficacemente rovesciare gli Stati nazionali esistenti, ma in alcuni casi ciò comporterà soltanto l'emergere di forze molto più arcaiche, locali, religiose o etniche. Pertanto, una società aperta a livello globale è una prospettiva così fantastica che è molto più facile immaginare il caos generale e la guerra di tutti contro tutti.

Così, l'immagine del futuro Ordine Mondiale varia a seconda del gruppo di ideologi e politici americani che di volta in volta prendono decisioni. La strategia più coerente e logica, è allo stesso tempo la più etnocentrica, apertamente imperialista ed egemonica. Questa è la realtà dell'Ordine Mondiale Unipolare dei necon. Le successive due versioni sono molto più vaghe ed incerte. Fino ad ora hanno portato solo ad un disordine mondiale. In breve sono designate come "non polari" (R. Haass).

La Transizione in questione, in ogni caso, è per sua natura americano-centrica ed il campo geopolitico globale è strutturato in modo tale che i principali processi globali siano moderati, orientati, diretti e talvolta controllati da un unico attore, che svolge il suo lavoro in solitaria o con l'aiuto di alleati essenzialmente occidentali altamente fedeli all'America (o almeno filo-occidentali).

 

L’Ordine Mondiale dal punto di vista non americano

La prospettiva del mondo americano-centrica di cui sopra è la tendenza mondiale centrale, la più importante, ma rimane allo stesso tempo solo una delle possibili. Ci sono anche delle versioni alternative dell'architettura mondiale, che possono essere prese in considerazione. Ci sono attori secondari e terziari che inevitabilmente perderanno nel caso in cui la strategia degli Stati Uniti abbia successo: sono paesi, stati, nazioni, culture che hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare dalla realizzazione della strategia statunitense. Essi sono molteplici ed eterogenei. Possiamo raggrupparli in diverse categorie.

La prima categoria è costituita dagli Stati nazionali più o meno riusciti, che non sono disposti a rinunciare alla propria sovranità e a trasferire il potere ad un'autorità sovranazionale esterna - né nella forma dell'egemonia americana aperta, né nella forma di un governo mondiale centrato sull'Occidente, né in una dissoluzione caotica. Sono molti i paesi che appartengono a questa categoria, a partire dalla Cina, la Russia, l'Iran, l'India, cui si aggiungono molti stati sudamericani ed islamici. Essi non sono affatto entusiasti all'idea della Transizione, e hanno buoni motivi per credere che essa porterà solo all'inevitabile perdita della propria sovranità. Pertanto, sono inclini a resistere alle tendenze principali del campo geopolitico planetario americano-centrico o ad adattarvisi in modo tale da evitare le conseguenze fatali del successo della strategia statunitense (non fa differenza se imperialista o globalista). La volontà di preservare la sovranità di per sé costituisce una situazione di contraddizione e un punto di resistenza di fronte alle tendenze filo-americane (o globaliste). Questi paesi difficilmente hanno una visione alternativa del futuro Ordine Mondiale. Ciò che vogliono è mantenere lo status quo preservando gli stati nazionali nella loro forma attuale, e modernizzandoli se necessario. Tra i sostenitori della salvaguardia della sovranità nazionale, troviamo:

1) paesi che stanno cercando di adattare le loro società agli standard occidentali e di mantenere relazioni amichevoli con l'Occidente e gli Stati Uniti, ma, allo stesso tempo, evitare una cessione di sovranità diretta (India, Turchia, Brasile, e, entro un certo limite, Russia e Kazakistan);

2) paesi che sono disposti a cooperare con gli Stati Uniti, ma a condizione di non ingerenza nei loro affari interni (Arabia Saudita, Pakistan, ecc.);

3) paesi che, pur cooperando con gli Stati Uniti, controllano rigorosamente la specificità della propria società, esercitando una filtrazione e permanente selezionando ciò che della cultura occidentale è compatibile con la propria cultura e dividendolo da ciò che non lo è, e allo stesso tempo cercano di capitalizzare i dividendi di questa cooperazione per rafforzare l'indipendenza nazionale (Cina);

4) paesi che si oppongono direttamente agli Stati Uniti, negando i valori occidentali, l'unipolarità e l'egemonia statunitense (Iran, Venezuela, Corea del Nord).

Tutti questi gruppi non dispongono di una strategia alternativa globale che possa essere simmetricamente paragonabile alla visione del futuro americana (su questo punto non c'è né chiarezza né consenso). Ognuno agisce individualmente e solo nei propri interessi. La differenza è solo nel grado del radicalismo nella negazione dell'americanizzazione. Possiamo definire la loro posizione come reattiva. Questa strategia di opposizione reattiva - che varia dal rifiuto all'adattamento - a volte è molto efficace, a volte non lo è. In ogni caso, essa non offre alcuna visione alternativa di futuro. Il futuro Ordine Mondiale è considerato come l'eterna conservazione dello status quo: la modernità, lo stato nazionale, il sistema westfaliano, l'attuale configurazione delle Nazioni Unite, ecc.

La seconda categoria di attori che rifiutano la Transizione è costituita da gruppi subnazionali, movimenti e organizzazioni che per motivi ideologici, religiosi e culturali si oppongono all'americanismo come struttura di uno spazio geopolitico globale. Questi gruppi sono piuttosto eterogenei e variano da uno stato specifico all'altro. La maggior parte si basa sulla fede religiosa incompatibile con la dottrina laica dell'americanizzazione, dell'occidentalizzazione e della globalizzazione. Ma possono anche essere ispirati da insegnamenti etnici o ideologici (ad esempio socialismo o comunismo). Altri operano nell'ambito regionalistico.

Il paradosso è che nel contesto della globalizzazione, che tende ad uniformare tutte le particolarità e le identità collettive sulla base dell'identità puramente individuale, tali attori subnazionali diventano facilmente transnazionali: le stesse religioni e ideologie si possono osservare in una varietà di paesi e Stati nazionali. Quindi in questi ambienti possiamo trovare una visione alternativa del futuro Ordine Mondiale, che può opporsi alla Transizione e alle sue strutture. 

Possiamo riassumere per sommi capi le diverse idee dei gruppi sub e transnazionali più significativi:

1) L'alternativa più famosa è la visione islamica del mondo, che rappresenta l'utopia dello Stato islamico mondiale (Califfato Globale). Questo progetto si oppone simultaneamente sia alla presunta architettura americana dell'ordine mondiale che alla conservazione dello status quo degli stati nazionali moderni. Bin Laden è il simbolo di questo tipo di tendenza e l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 è la prova dell'importanza e della serietà di tale rete.

2) Un altro progetto, che può essere definito come neo-socialista, è rappresentato dalla sinistra sudamericana e da Hugo Chavez. In generale, questo progetto può essere presentato come una nuova edizione della critica marxista del capitalismo, rafforzata da emozioni nazionali e in alcuni casi (ad esempio in Bolivia e negli zapatisti) da sentimenti etnici. Alcuni regimi arabi (come la Libia di Gheddafi fino a poco tempo fa) possono essere considerati alla stessa stregua. La loro versione del futuro Ordine Mondiale si presenta come una rivoluzione socialista mondiale, supportate da campagne di liberazione antiamericane in ogni paese del mondo. La Transizione è indicata da questi gruppi come l'incarnazione dell'imperialismo classico, criticato da Lenin.

3) Il terzo esempio di questo tipo di opposizione lo possiamo trovare nel progetto eurasiatico (noto anche come "multipolare" o dei "grandi spazi"), che offre un modello alternativo di Ordine Mondiale basato sul principio di civiltà e dei grandi spazi. Esso presuppone la creazione di diverse entità politiche, strategiche ed economiche transnazionali unite dalla comunanza di civiltà e da valori comuni (in alcuni casi religiosi, in altri laici e culturali). Esse dovrebbero essere costituite da stati integrati e rappresentare i poli del mondo multipolare. Un esempio di questo tipo di entità è l'Unione Europea. Un altro esempio può essere l'Unione Eurasiatica (il progetto del presidente kazako Nursultan Nazarbaev). Altre aggregazioni possibili sono l'Unione Islamica, l'Unione Sudamericana, l'Unione Cinese, l'Unione Indiana, l'Unione pan-Pacifica, ecc. Il grande spazio del Nord America può essere considerato uno dei tanti poli più o meno uguali, niente di più.

Potremmo aggiungere diverse altre teorie, ma hanno tutte un ordine di grandezza inferiore. 

Ad oggi, vi è un grande divario tra gli stati nazionali e i movimenti ideologici di cui sopra che operano sui diversi livelli sub e transnazionale. Gli stati nazionali mancano di una visione alternativa, mentre i movimenti non dispongono di infrastrutture sufficienti per mettere in pratica le loro idee. Se immaginiamo che, in determinate condizioni, un tale divario possa essere colmato, allora l'alternativa alla Transizione e alle tendenze americano-centriche o occidentaliste (tenendo conto del peso demografico, economico e strategico del mondo non occidentale) potrebbe realisticamente prender forma ed essere seriamente considerata come un programma ragionevole e teoricamente fondato per un futuro Ordine Mondiale alternativo e concreto.

 

Nota

[1] Stephen R. Mann Chaos Theory and Strategc Thought/ Parameters 2U3, Autumn, 1992.

 

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Vedi anche:

La piattaforma ideologica del movimento eurasista

L’Eurasia: una visione speciale del mondo

Russia chiama Unione Europea: analisi e prospettive per un mondo multipolare

"La passione del Eurasia. Storia e civiltà in Lev Gumilëv"

 

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