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16 marzo 2017

 

Il giorno del fiume

di Alessandro Ghebreigziabiher

 

La Nuova Zelanda ha deciso di concedere a un fiume sacro gli stessi diritti legali attribuiti a un essere umano. Dopo 140 anni di negoziati, una tribù Maori ottiene il riconoscimento per il fiume. Ciò comporta, da ora in poi, che quest’ultimo dovrà essere trattato come una persona

 

Il giorno del fiume.

Così lo vogliamo chiamare, così lo vogliamo ricordare.

Oggi è una data storica, la più importante della sua storia, la prima, quella che dona sopravvivenza a tutte le altre.

Ci sono voluti quarant’anni dopo altri cento per vederla rispettata.

L’eccezionale, insperata e sofferta.

Normalità.

Il giorno del fiume è il nostro giorno.

E le ragioni sono innumerevoli, vostro onore o anche disonore, tanto è uguale.

Tanto la festa è già iniziata e siamo già tutti in piazza a esultare.

Siamo figli del fiume, siamo composti d’acqua e speranza quasi nella totalità, perché la carne è esile e le ossa fragili, ma è torrente impetuoso quello che ci sospinge, malgrado le apparenze.

Puntiamo al mare, dall’alto di una montagna di desideri, in cerca di una foce di qualsivoglia forma, delta o estuario per noi è lo stesso.

Ciò che conta è che la meta si palesi prima di abbassare le palpebre per sempre.

Ci basta guardare.

Ci è sufficiente sognare.

Il giorno che il fiume si unirà al padre.

L’istante in cui abbraccerà la madre.

Che con onde costanti non tradirà ogni singola goccia del nostro scorrere.

Ci fonderemo con la vita che attende e saremo cosa unica.

Parte del disegno naturale.

Del santo ciclo che ti solleva in cielo senza ucciderti.

E ti riporta sulla terra senza ferirti.

Oggi è il giorno del fiume ed è un gran giorno.

Perché se sei parte imprescindibile dei flutti non puoi affondare.

Non puoi naufragare.

Non puoi morire dentro te stesso, perché tu sei l’acqua.

Tu sei la vita.

Tu sei viva.

Quanto tutto è vivo.

Rendiamo grazie alle sorelle e i fratelli che non si sono arresi.

E sì, facciamo lo stesso con coloro che alla fine si sono arresi a essa.

La sottovalutata, confusa e maltrattata.

Normalità.

Perché se un fiume ha impiegato quaranta anni più cento per essere riconosciuto come un essere umano.

Vuol dire che per noi altri.

La vittoria non è poi così lontana…

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