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29 maggio 2017

 

Trump ha già deciso di uscire dall’Accordo di Parigi: gli devono solo spiegare come fare

di Umberto Mazzantini

 

Sierra Club: tirarsene fuori sarebbe un disastro per gli Stati Uniti

 

Il disastroso esito del G7 di Taormina dimostra quanto queste costose parate di leader di Paesi che si ostinano a credersi ancora i più importanti del mondo siano inutili. A certificare la morte di un G7 già sfiancato e che non ha mai davvero mantenuto una delle promesse fatte, sono stati il bullismo politico – e fisico – di Donald Trump e la durissima reazione di Angela Merkel che per prima ha detto quello che molti pensano: l’asse della neodestra conservatrice Usa-Gran Bretagna è il vero nemico dell’Europa. Che poi l’Europa la Merkel la veda esclusivamente a guida tedesca e a neoliberismo “moderato” è un altro problema e riguarda soprattutto la debolezza e l’acquiescenza degli altri Paesi europei, a partire dall’Italia.

Se il nostro presidente del Consiglio Paolo Gentiloni cerca di salvare per amor di patria il vertice di Taormina vantando un obbligatorio accordo contro il terrorismo e un documento sull’immigrazione che lascia sostanzialmente le cose come stanno, la vera rottura è avvenuta sulla lotta al cambiamento climatico, dove persino i fedelissimi britannici e giapponesi hanno abbandonato Trump per schierarsi con gli europei e il Canada, restando nella schiera dei sostenitori dell’Accordo di Parigi. Sul clima – cioè la più grande sfida comune che ha di fronte l’umanità – ormai il G7 non esiste più e parlare, come si è fatto, di G6+1 è un ingannevole eufemismo.

A quanto pare, secondo uno scoop pubblicato da Axios, già prima di partire per il suo viaggio in Arabia Saudita, Israele ed Europa Trump avrebbe confidato in privato a più persone, tra cui l’amministratore dell’Environmental protection agency (Epa) Scott Pruitt, di avere intenzione di abbandonare l’Accordo di Parigi. Trump sembra ossessionato dalla voglia di rottamare al più presto le politiche climatiche di Obama e al G7 ha fatto chiaramente capire che per la sua amministrazione lavorare per fermare il cambiamento climatico insieme agli altri Paesi del mondo non è una priorità. Certo, Trump ha dimostrato anche in quest’ultimo tour mediorientale ed europeo che le sue granitiche idee destrorse e islamofobiche possono cambiare in base al business  e al denaro che circola ma, secondo quanto scrive Axios, all’Epa sarebbe già stato dato l’ordine di lavorare per favorire l’uscita dall’Accordo di Parigi.

Pruitt, un noto ecoscettico e negazionista climatico, terrà un profilo basso per non dare l’impressione che l’annuncio dell’abbandono dell’accordo globale sul clima – che potrebbe avvenire già nel corso di questa settimana – non sia un suo successo ma che appaia come una “vittoria” di Trump. Scemato ormai il timore che i leader europei potessero condizionare in qualche modo la decisione di Trump di uscire dall’Accordo di Parigi, la lobby ecoscettica dell’amministrazione Trump, organica all’industria dei combustibili fossili, sta cercando di sottrarre il presidente Usa all’influenza dei suo consiglieri più “ambientalisti”: la figlia Ivanka e l’economista Gary Cohn.

Il problema che sta analizzando la neodestra antiambientalista che determina le (non) scelte climatiche ed energetiche di Trump è come riuscire concretamente a uscire dall’Accordo di Parigi. Un funzionario dell’amministrazione ha detto ad Axios che l’Epa sta analizzando tre possibilità: Trump potrebbe annunciare l’uscita unilaterale degli Usa dall’Accordo, ma questo innescherebbe un processo che andrebbe avanti fino al novembre 2020, visto che un Paese non può comunicare la sua intenzione di ritirarsi fino a tre anni dal 4 novembre 2016, quando l’Accordo è entrato in vigore. Dopo, per completare il processo di uscita ci vorrebbe un altro anno e Trump potrebbe non essere più il presidente Usa o aver cambiato nuovamente idea.

La seconda idea alla quale stanno lavorando Pruitt e le lobby fossili è più sottile. Trump potrebbe dichiarare che in realtà l’Accordo di Parigi è un legal treaty che richiede l’approvazione del Senato Usa a maggioranza repubblicana, che probabilmente la negherebbe, come fa pensare la lettera inviata a Trump da 22 senatori repubblicani (compreso il  leader della maggioranza Mitch McConnell), che gli chiedono di uscire dall’Accordo di Parigi.

Infine, la terza opzione appare come una vera e propria sfida alla comunità internazionale: Trump potrebbe far uscire gli Usa dall’United nations framework convention on climate change (Unfccc), escludendo di fatto il Paese dalla diplomazia climatica, un procedimento che richiederebbe solo un anno.

Le fonti dell’amministrazione Trump sentite da Axios prevedono che l’uscita degli Usa dall’Accordo di Parigi avverrà secondo un mix della prima e della seconda opzione.

Il rifiuto di Trump di firmare il documento del G7 sull’Accordo di Parigi preoccupa molto Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa: «All’Accordo di Parigi sul clima – ricordano gli ambientalisti – hanno formalmente aderito oltre 140 nazioni e la partecipazione all’Accordo è supportata da quasi il 70% degli americani a livello nazionale e da una maggioranza in tutti i 50 Stati. Indipendentemente dalla decisione degli Stati Uniti, gli altri importanti emettitori, tra cui la Cina e l’India, hanno più volte ribadito i loro impegni dell’accordo di Parigi e sono pronti ad assumere la leadership globale nella lotta per affrontare la crisi climatica».

John Coequyt, direttore per la Global climate policy di Sierra Club, conclude che a Taormina Donald Trump avrebbe dovuto capire in primis che «la rottura dei nostri impegni nel quadro dell’Accordo di Parigi sarebbe un disastro per gli Stati Uniti. Questa scelta non dovrebbe essere difficile: sostenere l’Accordo di Parigi, intraprendere un’azione per il clima, far crescere l’economia e proteggere le comunità degli Stati Uniti, oppure rompere i nostri impegni a voltare le spalle al successo economico, la leadership americana e al futuro di ogni famiglia nella nostra nazione. Trump può schierarsi con i nostri alleati più stretti, la maggioranza degli americani in ogni Stato, leader religiosi come il Papa, centinaia di imprese e investitori e quasi ogni singola nazione nel mondo, oppure si può andare con gli ideologi spericolati e gli hack più estremisti dei combustibili fossili mettendo i profitti di pochi davanti alla salute delle famiglie americane. Non ci dovrebbe essere alcun dubbio: gli Stati Uniti devono adempiere pienamente ai loro impegni internazionali. Sfruttare la flessibilità dell’Accordo di Parigi per ridurre il nostro impegno, o addirittura tirarsene fuori sarebbe un disastro per gli Stati Uniti e provocherebbe un contraccolpo internazionale, danneggiando il nostro ruolo di leadership a livello mondiale e minacciando la salute e la sicurezza di tutte le famiglie in questo Paese».

 

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