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26 luglio 2017 

 

Siccità, la morsa della natura e l’incuria dell’uomo

di Sebastiano Lo Monaco

 

L’Italia si trova nella morsa della siccità, e dove non arriva la natura, è l’imperizia e l’incuria dell’uomo a peggiorare una situazione già pessima di suo.

 

Il Po a secco, il lago di Bracciano che scende ogni giorno di più, diverse regioni che chiedono lo stato d’emergenza; un’emergenza che sta mettendo in ginocchio tante città del Nord e del Sud, e quel settore agricolo ampiamente bistrattato. Se è innegabile che il clima è il principale colpevole della siccità e delle sue conseguenze, non bisogna negare come anche (e soprattutto) l’opera dell’uomo complichi uno scenario che sta diventando ogni giorno più devastante. Principale imputata è la rete idrica. 

La rete idrica della Penisola, nonostante gli allarmi ripetuti nel corso degli anni, è rimasta qual era: un colabrodo. In media, gli acquedotti italiani perdono il 40% dell’acqua che trasportano, ovvero 40 litri persi ogni 100 che transitano nelle tubature. Un deficit infrastrutturale che richiederebbe investimenti per circa cinque miliardi di euro all’anno, ha stimato Utilitalia, la confederazione che riunisce i gestori dell’acqua, per adeguare e mantenere la rete idrica nazionale. 

Attualmente gli investimenti per abitante all’anno si attestano in media sui circa 32-34 euro, mentre per l’Italia sarebbe necessario arrivare al livello minimo europeo, cioè almeno 80 euro per abitante all’anno; in Francia sono 88, nel Regno Unito 102 e in Danimarca 129 euro. 

E i risultati dell’incuria si vedono, eccome; nella sola Roma, al centro delle cronache, la dispersione si attesta intorno al 60% questo perché manca del tutto la manutenzione e quelle che in origine sono piccole falle divengono voragini che inghiottono disperdere l’acqua. Eppure non è qualcosa di nuovo; negli ultimi 10 anni il problema è andato ad aumentare e, in base agli studi, se ci si mettesse al lavoro adesso, ci vorrebbero almeno 10 anni d’interventi per risanare il tutto. 

Numeri impietosi che danno la chiara dimostrazione di come, oltre al clima di per sé sempre più impietoso, nel rendere insostenibile la siccità vi è anche un imperdonabile concorso di colpe delle amministrazioni nazionali e locali. La classica politica all’italiana, dove tutto viene preso alla leggera, dove non esiste una visione di lungo termine; un Paese, l’Italia, dove manca la programmazione; dove dinnanzi ai mesi torridi si rimane inermi, come se non fosse qualcosa di già successo e di già visto. 

E ci fermiamo solo a questo, perché a pensar male (che come si sa spesso fa indovinare) in molti casi a determinare le emergenze potrebbe esserci anche l’interesse a rendere carente una risorsa indispensabile, per aumentarne il valore. 

Nella realtà servirebbero politiche che mirino alla prevenzione degli effetti della siccità, e sono tante le iniziative da prendere; per esempio, per restare sul semplice, dinnanzi alla continua tropicalizzazione del clima, a volerlo ci si potrebbe organizzare in un modo decente per raccogliere riserve idriche nei periodi più piovosi, o si potrebbe metter mano ad una seria manutenzione ordinaria; niente di rivoluzionario insomma, a volerlo, ripetiamo, solo buon senso. Dote rara nell’Italia di oggi. 

 

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