Scene di panico per il terremoto in Messico, giornalista scappa via dalla diretta del TG


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20 settembre 2017 

 

Sisma in Messico: il dramma dei bambini uccisi dal terremoto

di Rocco Cotroneo

 

Messico, 37 corpi estratti da una scuola. Altri 4 sono morti durante un battesimo

 

Il cuore generoso dei messicani continua a battere forte attorno a un isolato della capitale, dove si trovava la scuola Enrique Rebsamen, polverizzata dal terremoto. Quattro piani. Materna, elementari e medie, oltre 100 piccoli al momento della scossa, pochi minuti prima di uscire per l’ora di pranzo. Ogni bambino estratto vivo dalla macerie è un passo per guardare avanti, ogni corpo senza vita un monito della incredibile tragedia: un secondo terremoto «storico» ha devastato il Messico a soli 12 giorni dal precedente. E col passare delle ore vengono alla luce decine di storie di un Paese grande, sfortunato e intenso.

La terra ha continuato a tremare a Città del Messico e attorno a Puebla, decine di scosse di assestamento attorno al grado 4, ma non la grande replica temuta dagli esperti. Il conto delle vittime ha toccato i 225 morti, un terzo dei quali nella capitale. Il presidente Enrique Peña Nieto ha decretato tre giorni di lutto nazionale, ma ha voluto anche dare un segnale della reazione, annunciando che nel 90 per cento delle case (4 milioni di persone) era già tornata la luce. L’ultima bambina trovata viva sotto le macerie della scuola ha sette anni e i genitori hanno chiesto di non diffonderne il nome, nonostante il salvataggio sia avvenuto nel corso di una lunga diretta che ha paralizzato il Messico davanti alla tv. Quando si è alzato il boato di gioia — rompendo il silenzio totale chiesto dai soccorritori — ci si è anche resi conto che per tutti gli altri piccoli dispersi non c’era più niente da fare. Dopo gli undici salvati nella notte e di prima mattina, il conto totale della strage è al momento di 37 corpi ritrovati, tutti bambini tranne cinque adulti, e ne mancherebbero ancora una decina.

È un panorama strano, quello inquadrato dall’alto nella sterminata capitale. Non quello abituale dei terremoti, dove si vedono strisce di macerie tra edifici più o meno rimasti in piedi, ma piuttosto buchi polverosi tra i palazzi, come effetto di bombardamenti mirati. È che la città è costruita in gran parte con norme antisismiche, e sono collassati soltanto alcune decine di edifici di medie e grandi dimensioni. Fuori dalla capitale invece è diverso, e nei piccoli centri le vittime sono quasi tutte in vecchie casette. Nello stato di Puebla, prossimo all’epicentro, sono crollate due chiese. In quella di Atzala, costruzione del 17esimo secolo, era in corso un battesimo e ci sono undici vittime, per il cedimento della cupola. Quattro bambini sono morti, tra i quali la Edileth, due mesi, in attesa di essere battezzata. Il nonno, che avrebbe dovuto essere anche il padrino, è sopravvissuto ma ha perso moglie, figlia e genero, e due nipotine. «Solo può essere stata la volontà di Dio», ha detto. Il crollo di una seconda chiesa, alle pendici del vulcano Popocatepetl, ha fatto altre 15 vittime.

 

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