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6 novembre 2017

 

Clima, al via la Cop23 Unfccc di Bonn. Il Wwf e Legambiente: grande banco di prova per l’Accordo di Parigi

 

Survival International: escludere i popoli indigeni dalle discussioni sulla protezione del pianeta è pericoloso. Il cambiamento climatico va veloce, mentre le azioni per limitarlo e contrastarlo sono lentissime.

 

Si apre oggi e terminerà il 17 novembre la 23esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop23 Unfccc) presieduta dalle Isole Figi ed è che è la prima volta che un piccolo Stato insulare in via di sviluppo assumde questo ruolo,  ma per motivi gtecnici ed economici la Cop23 si tiene a Bonn, in Germania, dove l’Unfccc ha la sua sede centrale.

 

Per premere sui leader mondiali che partecipano alla Conferenza delle parti, il 4 novembre a Bonn  c’è stata  una marcia per il clima organizzata dal Wwf e l’associazione ambientalista sottolinea che sul tavolo della Cop23 Unfccc, «ci sono questioni chiave dell’accordo di Parigi e gli strumenti per limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C. Quasi un anno dopo essere entrato in vigore (a tempo di record) l’accordo sta per diventare operativo: è dunque indispensabile che gli Stati definiscano le linee guida per l’implementazione dell’accordo per far sì che questo sia effettivo a partire dal 2020. La Cop deve anche lanciare un processo per incoraggiare i governi nazionali ad aumentare l’ambizione dei propri obiettivi nazionali a partire dal 2020.  Coerentemente con la decisone della Cop a Parigi di valorizzare il ruolo gli attori non statali – dalle imprese alle città, dagli investitori ai governi sub-nazionali – ci sarà anche una forte attenzione sulle azioni da loro messe in campo, e si discuterà su come integrarli maggiormente negli impegni nazionali e internazionali».

 

Secondo il leader del Programma globale clima ed energia del Wwf,  Manuel Pulgar Vidal, «Gli eventi climatici estremi ai quali abbiamo assistito di recente sono un forte promemoria di quello che è in gioco. A Bonn dobbiamo mettere in moto la dinamica necessaria per accelerare l’azione climatica, e rafforzare gli impegni, in linea con il mantenimento del riscaldamento a 1.5° C. La Cop23 sarà un grande banco di prova sugli impegni e la determinazione di chi ha sottoscritto e ratificato l’accordo di Parigi. Con la collaborazione di tutti gli attori e della società civile, i Paesi potranno superare questa prova».

 

Alla Cop23, il Wwf  sosterrà la Marrakech Partnership ospitando nel suo padiglione dibattiti strategici per far avanzare l’Action Agenda e accelerare all’azione climatica.

Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed Energia del Wwf Italia, conclude: «Il cambiamento climatico va veloce, mentre le azioni per limitarlo e contrastarlo sono lentissime. Eppure i campanelli d’allarme si moltiplicano in molte zone a livello globale, inclusi il Mediterraneo e l’Italia. Oggi l’Emission Gap Report 2017 dell’Unep ci dice che abbiamo altissime potenzialità per farcela, ma occorre dire basta ai rinvii e addentrarsi nel nuovo percorso».  «Il WWF ha sempre chiesto che già prima dell’operativa effettiva dell’Accordo di Parigi, nel 2020, si mettano in campo azioni che permettano di ribaltare la situazione, facendo iniziare a scendere in modo significativo le emissioni.  Inoltre, gli impegni dei Paesi (NDC) vanno rivisti e adeguati all’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5C».

 

Ma  Survival chiede ai leader del mondo «un maggiore riconoscimento del ruolo cruciale che i popoli indigeni hanno nella protezione della natura» e attacca nuovamente proprio il Wwf e la WWF sia la Wildlife conservation society (Wcs) di aver stretto  partnership con l’industria e il turismo che «distruggono i migliori alleati dell’ambiente». Survival rialcia le accuse – respinte dal Wwf – di legami con le compagnie del legname nel Bacino del Congo e sostiene che «mentre nessuna di queste compagnie opera a livelli sostenibili, entrambe le organizzazioni hanno contribuito a gravi violazioni dei diritti dei popoli Baka e Bayaka».

Alla Cop23 Unfccc sono presenti anche rappresentanti dei popoli indigeni e Survival che guida la campagna mondiale per nuovo modello di conservazione che rispetti i diritti dei popoli indigeni. «Quest’esigenza  . ricorda l’ONG – è stata riconosciuta da personaggi internazionali importanti, tra cui la Relatrice speciale sui diritti dei popoli Indigeni dell’Onu, Victoria Tauli-Corpuz«.

 

Davi Kopenawa, sciamano yanomami noto come il Dalai Lama della foresta, ha dichiarato: «Le piogge tardano. Il sole si comporta in modo strano. Il mondo è malato. I polmoni del cielo sono inquinati. Sappiamo che cosa sta succedendo. Non possiamo continuare a distruggere la natura». Per Survival «Le prove dimostrano che i territori indigeni costituiscono la migliore barriera alla deforestazione. Una concreta protezione della terra e il riconoscimento dei diritti territoriali indigeni permettono la difesa di vaste aree di foresta, conservando la biodiversità e riducendo i livelli globali di CO2». Ma aggiunge che «Sebbene alcuni attivisti indigeni, come Sonia Guajajara del Brasile, saranno presenti alle negoziazioni, la voce dei popoli indigeni non avrà un ruolo centrale. Eppure i popoli indigeni sono i migliori conservazionisti e guardiani del mondo naturale, e dovrebbero essere loro a guidare il movimento ambientalista».

 

Il  direttore generale di Survival International, Stephen Corry, non ha dubbi: «Escludere i popoli indigeni dalle discussioni sulla protezione del pianeta è pericoloso. Sanno come prendersi cura dell’ambiente meglio di chiunque altro, e noi ignoriamo le loro conoscenze a nostro rischio e pericolo. Per decenni le società industrializzate hanno saccheggiato il pianeta e contemporaneamente distrutto i popoli indigeni. Sarebbe ora di iniziare ad ascoltarli, prima che sia troppo tardi».

 

Anche Legambiente  sottolinea che «Gli impatti disastrosi dei mutamenti climatici sono di fronte ai nostri occhi. Il 2017 si appresta ad essere ancora una volta l’anno più caldo con una concentrazione di CO2 ormai stabilmente sopra i 400 ppm. E sempre più diffusi eventi metereologici estremi sono responsabili di danni inimmaginabili con numerose perdite di vite umane e costi sempre più crescenti nell’ordine di miliardi dollari».


Il Cigno Verde conclude: «Non è più il tempo del dibattito. Serve un’urgente azione globale per limitare il surriscaldamento del pianeta alla soglia critica di 1.5°C ed il tempo rimasto non è molto. Mentre la lobby degli interessi fossili è al lavoro per ritardare l’urgente azione globale, numerosi governi, imprese e comunità locali hanno invece messo in campo investimenti crescenti nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica. Primi passi di una rivoluzione climatica che deve essere più veloce e più ambiziosa».

 

 

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