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3 febbraio 2017

 

Pax moldava

di Daniele Ruffino

 

Le elezioni di Igor Dodon e Vadim Krasnoselsky – rispettivamente in Moldavia e Transnistria – hanno cambiato gli assetti geopolitici dell’Europa orientale, minando nuovamente l’influenza europea negli Stati che furono membri dell’URSS.

 

Il rapporto tra la Moldavia e la Repubblica Moldava di Pridniestrov non è mai stato tra i più rosei dato che la prima non ha mai riconosciuto l’indipendenza della seconda e quest’ultima, dalla sua fondazione, ha sempre militato nella sfera di influenza russa non cedendo alle continue pressioni di annessione moldave. Facciamo però chiarezza su alcuni punti fondamentali del nuovo scenario:

• La nomina di Dodon in Moldavia potrebbe far cessare le pretese di unificazione dato che sia egli sia il presidente della Transnistria sono favorevoli a un assetto politico filo-russo e quindi non si trovano più politicamente agli antipodi.

• Il nuovo programma politico del governo moldavo tenterà di allontanare la nazione dalla sfera di influenza – ma soprattutto dai fondi allo sviluppo – di Bruxelles la quale non vede di buon occhio la posizione strategica (sia per motivi militari che energetici) dell’indipendente repubblica.

• La Moldavia ha quasi completamente abbandonato ogni pretesa europeista dato che il vecchio governo (marcatamente filo-occidentale) è stato fortemente criticato e successivamente sconfitto nel turno elettore del dicembre 2016.

Per quanto riguarda la Transnistria, durante il mandato del presidente Yevgeny Shevchuk si era ipotizzata una possibile unificazione con la Russia (per sanare la pessima economia della mini-repubblica, mettere fine alle pretese moldavo-europee ma soprattutto per favoreggiare Mosca nella guerra del Bacino di Donec), idea poi abbandonata e rimpiazzata dal progetto di un corridoio economico militare che unisca Transnistria – Crimea – Russia. La situazione transnistriana è molto delicata dato che diverse task forces dell’esercito russo si trovano sul confine ucraino (a est) e moldavo (a ovest); nel luglio del 2016 il Ministero della Difesa di Chisinau aveva addirittura richiesto aiuto alla NATO per la smilitarizzazione russa della Repubblica di Pridniestrov (aiuto mai ricevuto dato che tutt’ora si contano più di 1000 unità presenti sul territorio).

 

Con le due nuove elezioni, “la questione transinistriana” potrebbe però giungere a un suo scioglimento assolutamente inaspettato. Il 4 gennaio del 2017 a Bender (in Transnistria), dopo quasi 9 anni che non accadeva, si sono incontrati Dodon e Krasnoselsky per stabilire i prossimi obiettivi bilaterali dei rispettivi governi nell’ambito della politica estera e del rapporto diplomatico tra le due piccole nazioni; entrambi hanno confermato l’intento di collaborare tra di loro in un clima disteso e di porre le basi per la libera circolazione di merci, mezzi e persone tra i due stati (mediante la costruzione di reti ferroviarie e stradali), adeguando i documenti e i visti alle leggi delle rispettive nazioni. Inoltre, punto molto importante, lo status della Transnistria non è sul tavolo delle trattative, ciò vuol dire che almeno per ora la Moldavia rinuncia alle pretese circa l’annessione della neorepubblica non riconoscendone però l’indipendenza (all’interno del Parlamento moldavo vi è comunque una forte maggioranza pro-Europa con la quale Dodon deve pur fare i conti nonostante la propria vittoria e linea politica).

 

La questione si fa quindi molto interessante dato che sempre più nazioni dell’Europa orientale si stanno spostando verso l’asse russo abbandonando non solo le politiche governative europee ma anche gli accordi commerciali: vedasi ad esempio il massiccio spostamento di capitali dal mercato europeo a quello euroasiatico (nel quale v’è l’egemonia dell’omonima Unione doganale capitanata dalla Federazione russa) dovuto in parte al fallimento del Deep and Comprehensive Free Trade Areas (DCFTA) siglato nel 2014 dalla Moldavia e dalla Transnistria (assieme a Georgia ed Ucraina) con l’UE; inoltre, il futuro alleggerimento della tensione politica tra Moldavia e Transnistria consolida ulteriormente il blocco “proPutin”, ormai divenuto lo spauracchio del mondo occidentale.

Il 4 gennaio è quindi iniziata quella che potremmo definire la “Pax moldava”, la quale ha finalmente acquietato i rancori tra i due popoli e messo in moto un progetto di collaborazione e cooperazione tra due realtà che fino ad un anno fa era impensabile potesse verificarsi. Se i due stati proseguiranno su questa linea politica non è da escludere che probabilmente Moldavia e Transnistria potrebbero addirittura tornare una sola entità o diventare due Stati in una nazione mettendo fine alla spaccatura creatasi nel 1992.

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