24 disembre 2017

 

Re: Auguri

 

Sta arrivando anche questo Natale. Mentre ci si starà preparando ad essere immersi tra luci, regali, addobbi e orpelli vari, anche quest’anno, come sempre più negli ultimi, c’è chi rimarrà fuori. Sarà un Natale carico di dolore nelle tantissime famiglie che, anche quest’anno hanno visto un loro familiare morire. Sul posto di lavoro o per malattia, per una tragedia e per le tantissime crudeltà umane.

Sarà un Natale triste e mesto nelle migliaia di famiglie che la speculazione e le ingiustizie hanno lasciato, o stanno lasciando, senza un lavoro. O senza una casa, perché si anche nell’Italia del 2017 c’è chi è senza casa.

Sono arrivate le prime bufere di neve sulla Penisola. Per moltissimi, che forse il Natale neanche ricordano cosa sia, neve, freddo e gelo possono significare la morte. Mentre ci prepariamo al cenone natalizio ricordiamo che esistono anche loro. Così come esistono gli anziani, spesso lasciati soli e abbandonati in ospedali e ‘ospizi’ vari perché disturbano la festa. E il lusso delle nostre tavole, l’immensa mole di cibo che finirà nella spazzatura, ci venga a nausea. Una nausea che ci sconvolga lo stomaco, al solo pensiero che per milioni di persone, nei sotterranei della storia, la spazzatura è l’unica fonte di sostentamento. Si alzano la mattina e non sanno se la fame e la miseria permetterà loro di giungere a sera.

Tra i “simboli” del Natale su tutti, insieme all’albero e a Babbo Natale, c’è il Presepe. E allora, nelle nostre case, guardano il Presepe che stiamo costruendo, Maria e Giuseppe rifiutati da tutti gli alberghi, e poche settimane dopo la nascita di Gesù costretti a fuggire clandestinamente in Egitto, ci facciano sentire il cuore duro come macigno nel momento in cui le nostre coscienze non vengono smosse dal fratello rifiutato, da coloro che chiedono dignità e vita e bussando non trovano porte aperte ma muri invalicabili, violenze, soprusi, ingiustizie, crudeltà. Che ci rendano il cuscino del giaciglio notturno più duro di una pietra, che ci tolga ogni pace della coscienza di quanto ci passeremo le giornate ignorando e “cancellando” quel che avviene ad ogni latitudine. Dalla Siria al Kurdistan, dall’Iraq all’Afghanistan (16 anni di guerra mai ininterrotta, chi si accorge che ancora oggi lì si muore, quotidianamente assassinate dalle guerre dei “nostri governanti”?!) dai lavoratori a cui viene tolto ogni diritto alle donne sfruttate, violentate, stuprate (anche a pochi passi da noi, nel silenzio e nel disinteresse più totale, ma non vien la nausea, un immenso dolore fisico, come è possibile dormire la notte davanti alla denuncia documentata della più turpe schiavitù sessuale nel ragusano o da quel che accade ai bordi delle strade o nelle più svariante stanze d’albergo?!), dai bambini congolesi imprigionati nelle miniere del coltan a chi la crisi economica (anche nella nostra civile e moderna Europa) ha tolto anche un tetto, dai malati a cui non viene garantito il diritto alla dignità e alle cure alle vittime (di ogni età, troppo spesso anche bambini di pochi mesi) della “Terra dei Fuochi” o nella Taranto prigioniera dell’inquinamento più massiccio del continente.

Il coraggio di Giuseppe, che accetta in casa Maria senza spaventarsi di cosa sarebbe potuto accadere, ci faccia sentire fino in fondo il peso dell’ipocrisia, del perbenismo, della condanna moralistica e arrogante con la quale vengono segnate persone e vite.

Il sorriso del bambino nella culla ci stringa il cuore, perché molti bambini non sorrideranno la notte di Natale. Ci salga una vergogna immensa mentre doniamo giocattoli se non ci siamo domandati (e nulla abbiamo fatto di conseguenza) la provenienza di quegli oggetti. Che, per far divertire alcuni bambini, possono essere lacrime e sangue dello sfruttamento di migliaia di loro coetanei.

Le tenere braccia del Bambino non ci facciano mai, mai e poi mai dimenticare che molte mani stringono un fucile o si tendono verso la loro Madre in cerca di un cibo che non avranno mai.

A pochi passi da questo nuovo Natale, davanti alle sofferenze e alle ingiustizie, alle disumanità e alle crudeltà, c’è una sola realtà reale possibile. Davanti allo smarrimento, ad una barbarie e ad una mortifera e cruenta società in guerra, sempre più diseguale e incapace di chinarsi e guardare altrove, c’è solo uno sguardo possibile. Potremo tornare a sperare, la storia dell’umanità potrà ricominciare a camminare, quando la Storia sarà rovesciata. Quando sarà letta dai poveri e dai diseredati, quando sulle tavole del ricco epulone sederà il povero Lazzaro. Quando il destino non lo decideranno cravattari e affaristi senza scrupoli, burattini di lobby e rapaci interessi di pochi. Ma i poveri, gli ultimi, gli emarginati, i deboli e i sofferenti.

Ogni volta che attraversano la nostra quotidianità ci ricordano che esiste un’altra esistenza. Che è possibile ascoltare col cuore, gettare la nostra vita per qualcosa di più della carriera e dell’arrivismo, per meschini calcoli e vuote certezze che ci arricchiscono solo all’apparenza. Che si può vivere col cuore, ascoltare col cuore. E ogni volta che asciugheremo una lacrima, ogni volta che ci caricheremo di una croce, che ci renderemo conto che il dolore e la sofferenza degli altri non sono dolore e sofferenza a metà, saremo tornati umani. E avremo donato futuro e speranza a questa nostra società che non spera più. E dove il baratro si sta divorando tutto più di un buco nero.

 

alessio

 

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